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GEN
2013
Casi Clinici

[RISCHIO CV] Paziente dislipidemico border line-rischio medio (2010)


1° step
B.E., maschio di 58 anni, libero professionista, coniugato, vive in un paese alla periferia della città, è portatore di ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico con ACE-inibitore dal 2000; è scarsamente aderente ai consigli sugli stili di vita ed al follow-up.
Dall’anamnesi familiare risulta che il padre è deceduto all’età di 53 anni per un infarto acuto del miocardio.
Si è presentato al proprio medico di medicina generale per una sintomatologia dolorosa alla spalla destra. Dopo una valutazione del problema alla spalla, il medico coglieva l’occasione per una rivalutazione del rischio cardiovascolare globale.
  • Peso kg 89,
  • altezza 172 cm,
  • indice di massa corporea (BMI) 30,10,
  • circonferenza addominale 104,
  • pressione arteriosa (PA) 142/84,
  • attività fisica assente,
  • non fuma dal 1997

Il controllo ematochimico richiesto metteva in evidenza i seguenti valori: colesterolo totale 240 mg/dl, trigliceridi 269 mg/dl, colesterolo HDL 29 mg/dl, colesterolo LDL 157, glicemia basale 117 mg/dl.
Il medico, utilizzando l’algoritmo del rischio del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità per la valutazione del rischio cardiovascolare globale, presente nel software Millewin, stimava un rischio del 15,1% per un evento cardiovascolare a 10 anni, e proponeva al paziente un “patto” consistente nel mettere in pratica i seguenti interventi non farmacologici: programma di modifica degli stili di vita, in particolare attuazione di attività fisica aerobica per 45 minuti al giorno per 5 giorni la settimana e riduzione dell’apporto calorico con l’alimentazione tramite uno schema di dieta settimanale, controllo regolare presso lo studio del proprio medico ogni tre mesi per valutare i parametri antropometrici e clinici. Per l’attività fisica il medico consigliava di utilizzare un percorso verde naturale, frequentato da molti suoi amici, organizzati in un gruppo di trekking.

Obiettivi

  • Scelta di un trattamento farmacologico o non farmacologico, con valutazione del rischio cardiovascolare secondo l’algoritmo o le carte del Progetto Cuore

  • Possibile intervento farmacologico per il trattamento della dislipidemia in paziente a medio rischio, secondo l’algoritmo del Progetto Cuore, ma con fattori di rischio aggiuntivi
  • Adozione di obiettivi terapeutici aggressivi in pazienti con sindrome metabolica, ad alto rischio di sviluppare un diabete mellito tipo 2

Domanda
Perché si è optato per un intervento non farmacologico?

Risposta
Considerati i parametri presenti nell’algoritmo di rischio, che evidenziavano il sesso maschile, età di 58 anni, colesterolo totale 240 mg/dl, colesterolo HDL 29 mg/dl, PA sistolica di 142 mmHg, in paziente non fumatore, non diabetico, con terapia farmacologica antipertensiva in atto, il rischio cardiovascolare (CV) assoluto risultava essere del 15,1%, che è considerato rischio “moderato”.
Nel caso si fosse utilizzata, al posto dell’algoritmo, la carta del rischio del Progetto Cuore, che come noto non considera il colesterolo HDL e la presenza o meno di terapia farmacologica antipertensiva, il rischio calcolato sarebbe risultato ancora più basso, in quanto il calcolo avrebbe dato un valore di 5-10%, considerato rischio “basso” (Fig. 1).

In questo caso l’aggiunta di due variabili ha permesso una stratificazione più precisa: il valore di PAS di 142 mmHg in corso di terapia esprime un rischio maggiore rispetto allo stesso valore pressorio in assenza di terapia, così come un ulteriore incremento di rischio è dovuto al valore colesterolo HDL di 29 mmHg, particolarmente basso. Questo raffronto ci fa considerare preferibile utilizzare l’algoritmo, che conta 7 variabili, piuttosto che la carta che ne considera solo 5. Il paziente tuttavia presentava altri fattori di rischio: circonferenza addominale 104 cm con un BMI di 30,10, trigliceridi 269 mg/ dl, glicemia basale 117 mg/dl (non sufficiente per considerare il paziente come diabetico, ma da considerare in ogni caso patologica), e comunque sarebbe stata consigliabile una curva da carico di glucosio proprio per escludere una patologia diabetica già manifesta.
Questi dati, globalmente considerati, fanno considerare il signor B.E. portatore di una sindrome metabolica, considerando ad esempio i criteri diagnostici dell’ATP III (Tab. I).
L’attuazione di una adeguata attività fisica e un regime alimentare adeguato avrebbero potuto migliorare i parametri antropometrici e clinici del paziente 1, e ridurne notevol-mente l’insulinoresistenza.
In conclusione, la decisione di mettere in atto all’inizio una terapia non farmacologica, comunque, è stata conforme alle indicazioni del Progetto Cuore.

2° step
B.E. tornava in ambulatorio dal proprio medico di medicina generale dopo tre mesi circa.
Alla visita di controllo veniva registrato un peso di kg 84,5 con una riduzione del BMI da 30,10 a 28,60, un valore di pressione arteriosa di 144/84 mmHg; riferiva una discreta aderenza al programma di attività fisica, almeno 3/4 volte la settimana di cammino veloce per una durata di 40 minuti.
Gli esami ematochimici prescritti evidenziavano i seguenti valori: colesterolo totale 210 mg/dl, trigliceridi 250 mg/dl, colesterolo HDL 40 mg/dl, colesterolo LDL 120 mg/dl, glicemia basale 103 mg/dl.
Il nuovo calcolo effettuato con l’algoritmo del rischio dimostrava un livello 11,5%.
Considerando buoni i risultati ottenuti, il medico riproponeva a B.E. un nuovo controllo a 3/4 mesi, ma il paziente in realtà non proseguiva nel percorso suggerito dal medico di adozione di stili di vita e controlli periodici.
Si ripresentava al proprio medico solo dopo tre anni, per una richiesta di certificazione per il porto d’armi. Il medico, rivedendo finalmente il paziente, proponeva una rivalutazione clinica: i parametri antropometrici riscontrati evidenziavano un peso di kg 94, un BMI di 31,80, una circonferenza addominale di 105 cm; la pressione arteriosa era 160/90 mmHg; richiedeva anche analisi ematochimiche di controllo, che mostravano: colesterolo totale 265 mg/dl, trigliceridi 226 mg/dl, colesterolo HDL 40 mg/dl, colesterolo LDL 180 mg/dl e glicemia a digiuno di 115 mg/dl.
Un ulteriore calcolo del rischio cardiovascolare globale effettuato sempre con algoritmo mostrava un valore di 18,80%.
Veniva inoltre richiesta una valutazione cardiologica ed un Eco- Doppler dei tronchi epiaortici, con risultato di normalità.
Considerati questi dati, il medico proponeva a B.E. una modifica della terapia farmacologica dell’ipertensione arteriosa con l’aggiunta di un diuretico all’ACE-inibitore, e l’assunzione di una statina (simvastatina da 20 mg al dì) al di fuori della rimborsabilità con la nota 13, che il paziente accetta.

Domande

  • È condivisibile la riproposizione degli interventi non farmacologici dopo il primo controllo?

  • È condivisibile la scelta della terapia con statine in un paziente con un rischio medio secondo il calcolo con le carte cuore, che aveva dimostrato di non aderire al programma di cambiamento degli stili di vita?

Risposta

  • Al primo controllo effettuato il paziente si presentava dopo aver aderito al programma dietetico e di attività motoria; i dati antropometrici e clinici erano migliorati, con una evidente riduzione della insulino-resistenza. La decisione del medico di proseguire esclusivamente con misure non farmacologiche era quindi pertinente, anche se presupponeva il mantenimento dell’aderenza al programma concordato e la regolare effettuazione dei controlli clinici periodici mirati al monitoraggio del rischio globale e al conseguimento di ulteriori miglioramenti clinici. Successivamente però interrompeva il programma concordato e non si ripresentava più ai controlli per 3 anni.

  • Alla successiva rivalutazione clinica il signor B.E. mostrava un peggioramento di tutti i parametri con un incremento dell’insulino- resistenza. Il riscontro di colesterolo totale 265 mg/dl, colesterolo HDL 40 mg/dl e LDL 180 mg/dl in un paziente non aderente alle misure non farmacologiche e con sindrome metabolica, induceva giustamente il medico a prescrivere una statina, anche se in rischio calcolato era considerato ancora “moderato”.
    La non rimborsabilità in nota 13 del farmaco non giustificava in questo caso la non prescrizione, in quanto il rischio stimato con l’algoritmo era sottostimato considerata la presenza di sindrome metabolica, e la familiarità per eventi cardiovascolari, per cui in realtà il rischio CV globale era da considerarsi elevato 2.

3° step
Il paziente tornava dal proprio medico dopo sei mesi dall’inserimento in terapia della simvastatina.
Venivano registrati i seguenti dati: peso kg 91, BMI 30,80, pressione arteriosa 138/82 mmHg, colesterolo totale 225 mg/dl, colesterolo HDL 38 mg/dl, colesterolo LDL 148, trigliceridi 193 mg/ dl, glicemia a digiuno 110 mg/dl, calcolo del rischio con l’algoritmo del Progetto Cuore pari a 11,9%.

Domanda
Gli obiettivi terapeutici raggiunti erano soddisfacenti?

Risposta
Purtroppo gli obiettivi raggiunti non erano soddisfacenti. Trattandosi di un paziente a rischio CV elevato, al di là della sottostima dell’algoritmo del rischio, i target da considerare sono: PA ≤ 130/80 mmHg, e colesterolo LDL < 130 mg/dl, ma secondo noi potrebbe essere indicato un valore target di colesterolo LDL < 100 mg/dl, visto l’alto rischio che il paziente in realtà manifesta anche per la familiarità per eventi cardiovascolari.
In un caso di questo tipo, occorre rivalutare ancora gli stili di vita, verificare l’aderenza terapeutica alla terapia farmacologica assegnata, ed eventualmente modificare e/o incrementare la terapia farmacologica antipertensiva e ipocolesterolemizzante.
Un altro dato non soddisfacente era rappresentato dalla persistenza di iperglicemia a digiuno (110 mg/dl). Esistono evidenze secondo cui un paziente con alterata glicemia a digiuno presenta un rischio di sviluppare una malattia macroangiopatica simile a diabete di tipo 2; inoltre nel diabetico conclamato le lesioni aterosclerotiche sono già iniziate da circa 10 anni prima della diagnosi 3-7.
In una condizione come questa, è opportuno riproporre l’adesione alle misure dietetiche e ad un programma di attività aerobica regolare, e considerare l’utilizzo di farmaci rivolti alla riduzione della insulino-resistenza (metformina).

Commento
Questo caso clinico realmente verificatosi ripropone il tema dei vantaggi e limiti d’ uso delle carte del rischio CV.
Il loro razionale di utilizzo è legato all’assunto che in prevenzione primaria gli interventi devono essere modulati in base alla probabilità di un soggetto di sviluppare nel tempo un evento CV, che identifichiamo come rischio cardiovascolare globale. Questo, come sappiamo, viene calcolato mediante l’uso di algoritmi che incrociano la presenza nel soggetto di fattori di rischio predittivi con età e sesso, o mediante loro risoluzioni grafiche (carte del rischio).
Abbiamo visto anche nell’analisi di questo caso clinico come piccole differenze nei parametri di stima considerati possano dare proiezioni di rischio diverse; la sola presenza in più del valore di colesterolo HDL e della terapia antipertensiva in atto ha spostato il livello di rischio del soggetto protagonista del caso clinico. Tuttavia, anche utilizzando l’algoritmo presente nei software, i parametri di stima esclusi sono comunque molti, non considerando alcuni determinanti clinici della sindrome metabolica e la familiarità per malattie cardiovascolari. Torniamo quindi ad un vecchio interrogativo: l’utilizzo di poche variabili è un limite o un vantaggio?
Se una parte si determina una minore precisione nell’attribuzione della fascia di rischio, uno strumento molto semplice si caratterizza per una maggiore semplicità di calcolo, un minimo tempo necessario per la stratificazione, e quindi per una maggiore applicabilità in ampie fasce di popolazione.
Ecco quindi che le carte o gli algoritmi rispondono a questa esigenza: in medicina generale occorre stratificare il rischio CV a tutta la popolazione senza eventi CV, di età compresa tra 20 e 70 anni, e questi strumenti, di facile e rapido utilizzo, sono fruibili da tutti, permettendo oltretutto un uso sia cartaceo che informatico.
Occorre solo tener presente che in particolari condizioni si può verificare una sottostima del rischio: ricordiamo a questo proposito i pazienti portatori di sindrome metabolica e di dislipidemia familiare, o coloro che presentano una familiarità per malattie CV (maschio di età < 55 anni e femmina di età < 65 anni).
La conclusione che ne può trarre è che le carte e gli algoritmi ci consentono “solo” una prima scrematura dei soggetti a cui dobbiamo proporre interventi mirati alla riduzione di incidenza di eventi, ma è all’intera popolazione dei nostri assistiti che deve rivolta attenzione.
Suddividendo infatti la popolazione osservata da Progetto Cuore in sottopopolazioni che esprimevano altrettanti decili progressivi di rischio (Figg. 2, 3), si osserva che, mentre il tasso di incidenza di eventi cresce al crescere del rischio stimato, il numero totale di eventi risulta maggiore nelle sottopopolazioni a rischio stimato più basso (per una loro maggiore numerosità).

L’atteggiamento giusto può essere quindi quello di utilizzare in prima battuta l’algoritmo/carta del rischio per tutti i soggetti in prevenzione CV primaria, allo scopo di estrarre un gruppo ad alto rischio; per coloro che risultano a rischio lieve-moderato verificare se sono presenti altri fattori di rischio che possono conferire un rischio CV globale maggiore di quello risultante all’inizio; ciò in medicine generale è facilitato dall’uso di una cartella clinica informatizzata e correttamente implementata.
Non trascurare in ogni caso nessun soggetto, per portare ad ognuno indicazioni adeguate sui corretti stili di vita da intraprendere.

Bibliografia

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  7. Grundy S, Cleeman JI, Daniels SR, et al. Diagnosis and management of the metabolic syndrome: AHA/NHLBI Scientific Statement. Diagnosis and management of the metabolic syndrome. Circulation 205;112;2735-52. Click to buy NOW! PDF-XChange Viewer www.docu-track.com Click to buy NOW! PDF-XChange Viewer www.docu-track.com

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