08
GEN
2013
Area Cardiovascolare

[Numero 2 - Articolo 5. Maggio 2006] ACE inibitori in pazienti con malattia coronarica e assenza di scompenso cardiaco o di disfunzione sistolica ventricolare sinistra. Una revisione di trial randomizzati controllati a lungo termine.


Titolo originale: Angiotensin-Converting Enzyme Inhibitors in Patients With Coronary Artery Disease and Absence of Heart Failure or Left Ventricular Systolic Dysfunction. An overview of Long-term Randomized Controlled Trials
Autori: Nicolas Danchin, Michel Cucherat , Christian Thuillez, Eric Durand, Zena Kadri, P.G. Steg
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Arch Intern Med. 2006; 166:787-796
Recensione a cura di: Damiano Parretti
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Sintesi dello Studio

Razionale:
Gli ACE inibitori sono farmaci di efficacia dimostrata nei soggetti con scompenso cardiaco o cardiopatia coronarica e concomitante disfunzione ventricolare sinistra; nei pazienti con cardiopatia coronarica senza scompenso cardiaco o disfunzione ventricolare sinistra, invece, i dati riferiti alla loro efficacia sono controversi. Per questo motivo è stata realizzata una meta-analisi rivolta a valutare l’efficacia della terapia con ACE inibitori in questa ultima categoria di pazienti valutando la mortalità totale, la mortalità cardiovascolare, l’insorgenza di IMA e stroke, e altri end points di secondo livello, quali la rivascolarizzazione miocardica, l’ospedalizzazione per angina o scompenso cardiaco, e lo sviluppo di diabete mellito.

 

Metodi: sono stati esaminati RCT con un follow up di almeno di 2 anni focalizzati su pazienti portatori di cardiopatia coronarica senza segni o sintomi di scompenso cardiaco o senza disfunzione ventricolare sinistra documentata. Tutti questi trials avevano l’obiettivo di determinare se gli ACE inibitori possono interferire con l’insorgenza e l’evoluzione della malattia aterosclerotica. Sono stati identificati 5 trials che avevano arruolato solo pazienti con cardiopatia coronarica documentata, un trial che aveva arruolato pazienti con cardiopatia coronarica (80%) o pazienti con diabete mellito e almeno un altro fattore di rischio CV, e un ultimo trial che aveva arruolato pazienti con cardiopatia coronarica (68%), claudicatio intermittens o pregressi TIA. I 7 trials selezionati includevano 33960 pazienti osservati in follow up per un periodo medio di 4,4 anni.

 

Risultati: nel gruppo di pazienti si è riscontrata una riduzione statisticamente rilevante della mortalità totale, della mortalità CV, dell’infarto miocardico e dello stroke, così come è risultata ridotta l’incidenza di altri end points: arresto cardiaco, rivascolarizzazione coronarica, ospedalizzazione per angina e scompenso cardiaco, e insorgenza di diabete mellito.

 

 

Rilevanza per la pratica quotidiana
La patologia coronarica è una delle principali cause di morte e di invalidità, che ogni anni provoca migliaia di eventi fatali e non fatali in Italia. La gestione di questa patologia è in larga parte affidata al medico di MG. I dati a nostra disposizione mostrano come sia possibile migliorare la prognosi dei pazienti affetti da patologia coronarica, ottimizzando le misure non farmacologiche e farmacologiche.

 

Dimensioni del problema: E’ noto che le malattie cardiovascolari nei paesi occidentali rappresentano la prima causa di morte, e che la coronaropatia è la malattia cardiovascolare più frequente, con una prevalenza del 5-8% nei soggetti adulti. Sappiamo anche che l’incidenza dei decessi aumenta con l’età ed è più elevata negli uomini fino a 55 anni, mentre successivamente si assiste ad un incremento del tasso di mortalità nelle donne che dall’età di 70-75 presentano una probabilità di eventi fatali superiore a quella degli uomini di pari età. Per ciò che riguarda gli eventi non fatali, la grave disabilità che ne risulta e le notevoli spese assistenziali e previdenziali, pongono la malattia coronarica in una posizione di notevole importanza che richiede un notevole impegno e competenza da parte dei medici, e una adeguata allocazione di risorse da parte di istituzioni ed enti preposti.

 

Il ruolo del MMG: Il MMG riveste un ruolo centrale nella diagnosi di malattia coronarica e nella sua gestione che può essere riassunto nei seguenti compiti specifici e non demandabili:

 

 

  1. stratificazione del rischio
  2. interventi sui FR modificabili con counselling atto a modificare gli stili di vita e con adeguato utilizzo di farmaci
  3. impostazione della terapia delle complicanze e dei danni d’organo, da solo o in integrazione con lo specialista.

 

Applicabilità dei risultati in Medicina Generale
Il MMG ha un ruolo importante nella prevenzione secondaria della patologia coronarica, per cui i risultati di questo studio possono essere un utile complemento alle conoscenze specifiche.
I pazienti esaminati negli studi hanno caratteristiche analoghe a quelle dei nostri pazienti, per cui i risultati sono generalizzabili alla nostra pratica.
I risultati sostengono la raccomandazione, già presente in varie LG, riutilizzare gli ACE-inibitori nella prevenzione secondaria post infarto.
Il MMG è in grado di implementare questa raccomandazione nei soggetti con infarto (utilizzando preferenzialmente ACE inibitori) ipertesi e non ipertesi ed ha le competenze per la gestione corretta di questi farmaci (monitoraggio PA, K, funzione renale, ecc.)

 

 

 

Conclusioni del revisore
Lo studio deve considerarsi valido e i suoi risultati possono essere applicati alla pratica clinica. Contiene un indicazione terapeutica precisa in una popolazione di pazienti ben individuabile. Nell’attività clinica quotidiana, si presuppone ovviamente di rivedere i pazienti infartuati (cosa fattibile per l’esiguo numero nella popolazione di assistiti di ogni MMG), e di valutare l’uso di ACE inibitori in questi soggetti. In caso di problemi riguardanti dosaggi, sicurezza e monitoraggio è possibile consultare l’apposito documento nella pagina dei supporti professionali del sito www.simg.it/areacv

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 20-ago-07
Articolo originariamente inserito il: 29-mag-06
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