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FEB
2013
Area Cardiovascolare

[Numero 64. Marzo 2013] Il rischio di fratture dell’anca dopo l’inizio della terapia antipertensiva negli anziani.


Titolo originale: The Risk of Hip Fracture After Initiating Antihypertensive Drugs in the Elderly.
Autori: Debra A. Butt, MD, MSc, CCFP, FCFP; Muhammad Mamdani, PharmD, MPH; Peter C. Austin, PhD; Karen Tu, MD, MSc, CCFP, FCFP; Tara Gomes, MHSc; Richard H. Glazier, MD, MPH, CCFP, FCFP.
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Arch Intern Med. 2012;172(22):1739-1744. Published online November 19, 2012. doi:10.1001/2013.jamainternmed.469
Recensione a cura di: Bruno Glaviano

Lo studio
Più del 50% di tutti gli adulti sopra i 50 anni sono ipertesi, e la probabilità di sviluppare ipertensione nell’arco di una vita media è del 90%; inoltre, il 72% degli ipertesi di nuova diagnosi con più di 60 anni sono in trattamento antipertensivo. L’ipertensione, i farmaci antipertensivi e i danni da caduta formano una triade complessa, che può aumentare i rischi da caduta negli anziani; l’ipertensione non controllata con ipotensione ortostatica è un fattore di rischio di cadute. Iniziare il trattamento antipertensivo negli anziani ipertesi potrebbe causare ipotensione ortostatica con sintomi associati quali capogiri, debolezza o sincope. Questo effetto è acuto, avviene entro un limite di tempo relativamente breve, e può causare cadute, alcune di queste possono causare fratture dell’anca che nell’anziano possono portare a disabilità, perdita di indipendenza e anche morte. La maggior parte degli studi sull’associazione tra l’assunzione di farmaci antipertensivi e il rischio di fratture si sono concentrati su periodi di esposizione prolungati (almeno diversi mesi), nei quali il meccanismo alla base è ritenuto essere correlato al metabolismo osseo. Le ricerche indicano tra i maggiori responsabili i diuretici tiazidici, gli ACE inibitori e i sartani. Al momento, ci sono invece poche informazioni sull’aumento immediato di rischio di frattura, all’inizio della terapia. lo scopo di questo lavoro è di esaminare l’associazione tra l’inizio della terapia antipertensiva e il rischio immediato di frattura dell’anca, in un’ampia popolazione di anziani residenti nella comunità.
Lo studio ha utilizzato i dati dell’archivio delle prescrizioni farmaceutiche dell’Ontario, per identificare tutti i residenti di 66 o più anni, con una prima prescrizione di diuretici tiazidici, ACE inibitori, sartani, calcio-antagonisti o betabloccanti. Con i dati disponibili, era possibile identificare i soggetti ipertesi, escludendo quelli cui erano stati prescritti farmaci antipertensivi per altre patologie. Sono stati quindi identificati per i quattro anni precedenti i soggetti affetti da diabete, cardiopatia ischemica, scompenso, cardiomiopatia o tachiartimie (prescrizioni di betabloccanti o calcio-antagonisti); malattie renali, TIA o ictus, ipertiroidismo (betabloccanti); cefalea (betabloccanti o calcio-antagonisti); arteriopatie periferiche, nefrolitiasi (diuretici); edemi periferici (diuretici); fenomeno di Raynaud (calcio-antagonisti); spasmo esofageo (calcio-antagonisti); tremore essenziale (betabloccanti), escludendoli se erano già in terapia prima della diagnosi di ipertensione. Era inoltre richiesto un periodo di un anno senza farmaci, per assicurare che fossero comprese tutte le nuove diagnosi di ipertensione; infine erano esclusi i pazienti residenti in strutture di assistenza a lungo termine.
I casi erano definiti come prima occorrenza di frattura dell’anca, dal 1 aprile 2000 al 31 marzo 2009, collegandoli ai pazienti identificati come sopra, per definire i casi esposti. Veniva poi selezionato un periodo, definito ad alto rischio, nei primi 45 giorni dall’inizio della terapia antipertensiva, per osservare gli effetti dell’ipotensione ortostatica. Su questo intervallo erano basati anche i controlli, di 45 giorni per tre periodi consecutivi prima dell’inizio della terapia (pre-esposizione), e per altri tre periodi consecutivi di 45 giorni, dopo l’esposizione (basso rischio). (Questi intervalli dipendevano anche dai tempi medi di dimissione, e di registrazione delle prescrizioni nel database consultato). Il periodo totale di osservazione per ogni paziente era di 450 giorni.

Risultati
Nel periodo di 10 anni, 301.591 pazienti anziani che avevano iniziato la terapia ipertensiva hanno avuto 1.463 fratture dell’anca. L’età era compresa tra 66 e 100 anni, con una media di 81 anni, e le donne costituivano l’80,7% dei pazienti. I farmaci utilizzati erano gli ACE inibitori (30,1%), i betabloccanti (25,5%), i diuretici tiazidici (23%), i calcio-antagonisti (17%), e i sartani 4,4%). Solo il 6% dei casi esposti avevano già avuto fratture dell’anca. Gli anziani che avevano iniziato una terapia con farmaci antipertensivi per la cura dell’ipertensione avevano un rischio di frattura dell’anca aumentato del 43% nei primi 45 giorni di cura. La stima dell’aumento di tasso di rischio era simile per le diverse classi di farmaci, ma solo per gli ACE inibitori (53%) e i betabloccanti (58%) è stata dimostrata una significatività statistica. Un’ulteriore suddivisione del periodo ad alto rischio, da 0 a 14 giorni, e da 15 a 44 giorni, indica che nel primo periodo l’aumento di rischio era del 54%, per la maggior parte dei farmaci eccetto i diuretici tiazidici, ed era statisticamente significativo per gli ACE inibitori (58%) e per i betabloccanti (108%). Inoltre, la stima dell’aumento di tasso di rischio non variava, introducendo una suddivisione in gruppi di età di 5 anni, indicando che l’età non era un fattore di confondimento importante, in questo studio. I principali riscontri di questo studio sono coerenti con un’analisi di sensibilità, che ha eliminato i soggetti con contemporanea assunzione di altri farmaci potenzialmente responsabili di cadute, come gli psicotropi, durante il periodo di osservazione.

Implicazioni per la medicina generale
I risultati dello studio indicano che l’inizio di una terapia con farmaci antipertensivi può essere un fattore di rischio per fratture dell’anca nei pazienti anziani residenti nella comunità. Il rischio è maggiore subito dopo l’inizio della terapia, è indipendente dalle fasce di età, e non è associato a particolari classi di farmaci, ma è causato principalmente dall’ipotensione ortostatica.
Nell’applicazione delle linee guida per il trattamento dell’ipertensione con procedure standardizzate per gestire la malattia, i medici devono essere consapevoli dell’effetto delle terapie farmacologiche sul rischio di frattura, poiché può avere conseguenze sulla popolazione anziana, e sul sistema sanitario.

Limiti dello studio
L’analisi delle prescrizioni incidenti può non riflettere tutti i pazienti anziani di nuova diagnosi. Potrebbe essere possibile che questi fossero in terapia già prima dei 65 anni, quindi non identificati dai criteri dello studio, oppure che non assumessero la terapia prescritta. I medici potrebbero avere fornito campioni di farmaci durante le visite di controllo, prima di prescriverli, e anche questo sarebbe sfuggito al database dello studio.
L’uso di database amministrativi per identificare i pazienti anziani di nuova prescrizione è uno standard accettato, ma non validato.
Questo studio ha fornito informazioni sull’effetto di classe degli antipertensivi, ma non su sottoclassi specifiche di farmaci, o sulle dosi utilizzate.
Ci possono essere altri fattori confondenti tempo-dipendenti, ad esempio l’inizio di un farmaco antipertensivo può essere associato a un altro fattore di rischio indipendente di frattura dell’anca, come l’aumento di esercizio. Queste variazioni delle abitudini di vita sarebbe difficili da misurare. Nonostante questa limitazione, le stime degli effetti dell’associazione tra farmaci antipertensivi e fratture dell’anca durante l’inizio della terapia, sono simili anche eliminando altri farmaci che potrebbero causare cadute

Commento
Anche se gli effetti delle diverse classi di farmaci sono simili, solo per gli ACE-inibitori e i betabloccanti è stata raggiunta la significatività statistica. Gli ACE-inibitori possono causare ipotensione da prima dose, a seguito di vasodilatazione venosa, che provoca un marcato ristagno venoso con diminuzione della gittata cardiaca e ipotensione, ma l’associazione con il rischio di caduta non è stato osservato in altri studi. Questo si è invece verificato con i betabloccanti, anche se sono meno efficaci negli anziani (per la diminuzione dei recettori beta-adrenergici), ma possono causare bradicardia, riduzione della gittata cardiaca, vasocostrizione periferica, depressione e confusione. Lo studio non ha avuto sufficiente potenza per trovare una differenza statistica per i diuretici, per i quali si sarebbe pure atteso un aumento di rischio, per la diminuzione di volume plasmatico e del fluido extracellulare che causano.
Dal momento che la terapia antipertensiva è efficace nel prevenire le malattie coronariche e cerebrovascolari negli anziani, l’effetto sfavorevole sulle cadute, e successive fratture, merita ulteriori indagini. Gli autori non sono in grado di stabilire il numero dei pazienti da trattare per causare un evento avverso (NNH number needed to harm). In ogni caso, studi epidemiologici sugli anziani mostrano che i danni gravi causati dalle cadute, come le fratture, hanno effetti funzionali, cognitivi e fisici simili all’infarto e all’ictus, e che l’incidenza degli eventi cardiovascolari non fatali negli anziani ipertesi, e di fratture negli anziani a rischio di cadute, è in entrambi i casi del 16%.
In ogni caso si tratta di un lavoro importante per la medicina generale, in quanto svolto su un’ampia popolazione residente, escludendo i soggetti ricoverati o residenti in strutture di assistenza a lungo termine, osservati per un periodo prolungato, 10 anni, considerando anche l’uso dei farmaci antipertensivi per patologie diverse dall’ipertensione. Infine, la stima del rischio è molto accurata, tenendo conto anche del periodo pre-esposizione, e richiedendo un adeguato periodo di astensione dalle cure.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 27 marzo 2013
Articolo originariamente inserito il: 15 febbraio 2013
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