Critical Appraisal Valutazione critica della metanalisi di Lindholm & coll relativamente ai risultati rilevati per l’outcome | ![]() |
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Stesura: 12 Dicembre 2006
A cura di: Alessandro Battaggia e Saffi Ettore Giustini, Area Cardiovascolare SIMG Titolo: Valutazione critica della metanalisi di Lindholm & coll relativamente ai risultati rilevati per l’outcome “stroke” nei pazienti in terapia betabloccante ![]() |
Riassunto
Premesse
Le Linee Guida NICE 2006 e la metanalisi di Lindholm& coll del 2005 sconsigliano l’utilizzo dei betabloccanti come terapia farmacologica ‘first step’ nei pazienti affetti da ipertensione arteriosa essenziale. Questa raccomandazione - formulata per la prima volta dal gruppo di Lindholm & coll - è giustificata dal minor effetto protettivo sull’incidenza di stroke notato nei pazienti trattati con betabloccanti rispetto ai pazienti trattati con altri farmaci. Data l’importanza di questo messaggio -che stravolge le raccomandazioni formulate in precedenza da molte linee guida sul management dell’ipertensione- abbiamo riesaminato i risultati di Lindholm per indagare più a fondo sulle cause della eterogeneità riscontrata entro il pool revisionato da Lindholm nei confronti betabloccanti/altre molecole attive. Materiali e metodi Abbiamo indagato sull’esistenza di publication bias attraverso analisi Funnel plot. Abbiamo considerato potenziali cause di eterogeneità: la qualità metodologica dei trial inclusi nel pool; l’età dei pazienti arruolati; la loro comorbidità; il tipo di betabloccante utilizzato; la durata del follow-up; il livello di compliance; l’efficacia antiipertensiva. La stratificazione per fasce di età delle casistiche è stata eseguita attraverso una approssimazione matematico-statistica (studio della distribuzione z del cut off di età 55 a) . Abbiamo utilizzato per lo studio della eterogeneità tecniche di analisi per sottogruppi e tecniche di sensitivity analysis. Abbiamo valutato la qualità metodologica delle singole ricerche attraverso lo score di Jadad . Nei calcoli metanalitici abbiamo utilizzato tecniche basate sul ‘fixed effect model’in assenza di eterogeneità e sul ‘random effect model’in presenza di eterogeneità. La eterogeneità è stata definita formalmente da valori di P al Q test <0.10.Risultati Nella revisione di Lindholm & coll non abbiamo potuto dimostrare esistenza di Publication Bias. Abbiamo rilevato una incidenza di stroke significativamente maggiore nel braccio trattato con betabloccanti nei seguenti sottogruppi: pazienti anziani, pazienti trattati con atenololo, pazienti trattati per periodi più lunghi, pazienti caratterizzati da maggior compliance; trial in cui i betabloccanti hanno dimostato maggior efficacia antiipertensiva. l’esclusione dai calcoli metanalitici dei trial caratterizzati da peggior qualità metodologica ha aumentato nella maggior parte dei casi la omogeneità dei risultati. Il confronto betabloccanti/altre molecole attive non ha prodotto risultati diversi tra i due bracci nei seguenti sottogruppi: pazienti giovani; pazienti trattati con betabloccanti diversi dall’atenololo; pazienti trattati per periodi brevi; pazienti caratterizzati da minor compliance; trial dove i betabloccanti hanno dimostrato minor efficacia antiipertensiva.Conclusioni l’utilizzo di atenololo nei pazienti affetti da ipertensione essenziale è risultato associato ad una maggior incidenza di stroke rispetto all’utilizzo di altri farmaci attivi. Non esistono prove a sostegno dell’esistenza di un ‘effetto classe’ per l’utilizzo di betabloccanti diversi dall’atenololo. Esiste una debole evidenza a sostegno della mancanza di una maggior incidenza di stroke nei pazienti più giovani sottoposti a terapia betabloccante. |
La metanalisi di Lindholm & coll.
Le conclusioni riportate da Lindholm & coll nell’abstract della loro metanalisi è che nei pazienti ipertesi trattati con betabloccanti al posto di altri farmaci, esiste un incremento del rischio di stroke, per cui questa classe di farmaci non dovrebbe più rimanere di prima scelta nel trattamento dell’ipertensione arteriosa essenziale nè rappresentare il braccio di controllo nell’organizzazione di futuri RCT su trattamenti attivi contro l’ipertensione. I risultati relativi all’incidenza di stroke sono però molto eterogenei tra trial e trial (Figura 1A del lavoro originale, Q test P = 0.02). La eterogeneità definita formalmente da valori di P al Q test < 0.10. Le analisi per sottogruppi eseguite dagli autori (illustrate nelle figure 1B, 1C, 1D del lavoro originale), dove il pool originale di trial è stato stratificato per tipologia di trattamento, rappresentano l’unico approfondimento delle cause di eterogeneità (Tabella 1) eseguito nella loro revisione. più in dettaglio, gli autori hanno sottoposto a pooling separati i trial caratterizzati dai confronti “atenololo da solo vs altri trattamenti” (figura 1D del lavoro originale, Q test P = 0.70 per l’outcome stroke), i trial caratterizzati dai confronti “betabloccanti + diuretici vs altri trattamenti” (figura 1C del lavoro originale, Q test P = 0.12 per l’outcome stroke) e i trial caratterizzati dai confronti “betabloccanti non atenololo vs altri trattamenti” (Figura 1B del lavoro originale, Q test P = 0.01 per l’outcome stroke). l’eterogeneità per i risultati relativi allo stroke persiste quindi per i confronti “betabloccanti non atenololo vs altri farmaci” e non è più rilevabile per i confronti “betabloccanti + diuretici vs altri farmaci” e per i confronti “atenololo vs altri farmaci”. Gli autori concludono affermando che i betabloccanti non dovrebbero essere più utilizzati come first step nella terapia dell’ipertensione essenziale e che questa classe di farmaci non dovrebbe più essere utilizzata come ‘comparator’ nella organizzazione di futuri trial su nuove terapie antiipertensive.
Premesse
La scarsità di ricerche in cui il braccio d’ntervento rappresentato da “betabloccanti non atenololo da soli” non ci consente di formulare giudizi conclusivi per i confronti “betabloccanti non atenololo vs altri trattamenti”: vuoi per la scarsa potenza statistica della metanalisi di questo sottogruppo - che ha considerato gli unici due trial esistenti per i confronti “betabloccanti non atenololo vs altri trattamenti” - (espone al rischio di considerare “non significativo” un risultato al contrario “reale” = errore beta), vuoi per il livello eccessivo di eterogeneità riscontrato (Figura 1B del lavoro originale). A giudizio di chi scrive non appare quindi corretta la generalizzazione di Lindholm & coll, che estendono le conclusioni rilevate per l’atenololo (= aumentata incidenza di stroke in pazienti sottoposti a terapia betabloccante) a tutta la classe di queste molecole. Infatti, i due trial che hanno confrontato direttamente “farmaci diversi dall’atenololo verso altri trattamenti antiipertensivi” (figura 1b del lavoro originale) contribuiscono al pooling complessivo solo con 77 eventi sui 3244 registrati in tutto il pool (figura 1A del lavoro originale) . Il risultato significativo a sfavore del betabloccante sull’incidenza di stroke rilevato per l’atenololo usato in monoterapia (figura 1D del lavoro originale) non è stato confermato nei confronti “betabloccanti +diuretici verso altri trattamenti antiipertensivi” (figura 1C del lavoro originale) dove, però stato rilevato un trend per l’outcome “stroke” a svantaggio del braccio “betabloccanti + diuretici”. Il suggerimento formulato dagli autori, vale a dire evitare i betabloccanti come terapia di prima linea nell’ipertensione essenziale rappresenta un totale rovesciamento delle raccomandazioni formulate in precedenza dalla letteratura internazionale. l’importanza dell’argomento ci ha indotto pertanto ad un’analisi critica più approfondita delle conclusioni formulate da Lindholm & coll.
Obiettivi del nostro Critical Appraisal
Abbiamo innanzitutto valutato se la revisione di Lindholm & coll. è stata esaustiva (assenza di publication bias). A tal fine abbiamo utilizzato la tecnica del funnel plot [Egger M, Davey Smith G, Altman, DG Systematic Reviews in Health Care - Meta-analysis in context BMJ Books 2001 ISBN 0-7279-1488-X]. Abbiamo quindi analizzato le cause dell’eterogeneità dei risultati riscontrati entro il pool di trial inclusi nella metanalisi relativamente all’outcome “stroke” e ai confronti “betabloccanti verso trattamenti attivi”. A tal fine abbiamo rifatto i calcoli metanalitici di Lindholm includendo elementi di analisi dell’eterogeneità non affrontati dagli autori (in particolare abbiamo utilizzato altre metanalisi di sottogruppiù integrandole con tecniche di “sensitivity analysis”. l’affermazione che il nostro critical appraisal si propone di confermare o di smentire : i betabloccanti utilizzati nella terapia dell’ipertensione essenziale o almeno singole molecole appartenenti a questa classe - proteggono in misura minore il paziente dall’incidenza di stroke rispetto ad altri farmaci utilizzati allo stesso scopo?. Se ciò corrisponde al vero e se può essere spiegato da una caratteristica propria di questa classe di farmaci (o almeno propria di singole molecole appartenenti a questa classe) è logico pensare che tale minor efficacia possa rendersi evidente soprattutto nei pazienti che assumono betabloccanti per tempi più lunghi e/o che siano più complianti a queste terapie. Altri fattori concomitanti (quali caratteristiche fisiologiche o patologiche dei pazienti arruolati o diversa qualità metodologica dei trial recensiti dalla revisione di Lindholm) potrebbero rivestire ruoli non meno importanti nel determinare eterogeneità riscontrata nel pool esaminato dagli autori.
Risultati del nostro Critical Appraisal
Si analizzano i risultati del critical appraisal nei punti 1,2,3,4,5 descritti di seguito.
Punto 1 - Risultati relativi alla domanda esiste publication bias?
l’analisi al “Funnel Plot” dei confronti betabloccanti / trattamenti attivi utilizzando i risultati di efficacia che si riferiscono allo “stroke” sembra escludere l’esistenza di publication bias. (grafico 1)
Punto 2 - Risultati relativi alla domanda la diversa qualità dei trial inclusi nella metanalisi è causa di eterogeneità ?
La qualità metodologica degli studi sottoposti a revisione non è stata valutata da Lindholm & coll., anche se questa analisi dovrebbe costituire parte integrante e qualificante di qualsiasi revisione. Abbiamo eseguito questa valutazione utilizzandola per indagare le cause di eterogeneità. Abbiamo calcolato per ogni trial lo score di Jadad (massimo punteggio di qualità = 5) [Jadad AR et al Control Clin Trials. 1996 Feb;17(1):1-12.] e lo abbiamo utilizzato per verificare in modelli di “sensitivity analysis” se l’eterogeneità dei risultati relativi all’outcome “stroke” potesse essere in taluni casi spiegata da diversità nella qualità di conduzione delle singole ricerche. In pratica i calcoli metanalitici sono stati fatti due volte includendo e successivamente escludendo i trial di bassissima qualità (cioè con score di Jadad = 1) al fine di confrontare i risultati di questa esclusione (Tabella 2).
Punto 3 - Risultati relativi alla domanda la diversa età dei pazienti reclutati è causa di eterogeneità?
Le età dei soggetti arruolati sono distribuite in modo molto eterogeneo nei trial esaminati dalla metanalisi. ciò potrebbe almeno teoricamente spiegare parte della eterogeneità riscontrata nel pool (figura 1a). I formati con cui sono stati riportati i dati negli articoli originali non permettono purtroppo una valida stratificazione dei pazienti in diverse fasce di età. Per analizzare il contributo dell’età alla eterogeneità dei risultati di Lindholm abbiamo utilizzato pertanto un metodo surrogato basato sull’analisi della distribuzione z di una curva normale strandardizzata degli scostamenti del cut off di età “55 anni” dai valori medi dichiarati dal trial [http://www.evidenzaqualitametodo.it/files/METANALISI_LINDHOLM_PER_IL_SITO.pdf
(accesso: 3/12/06)]. I risultati della nostra analisi rappresentano il frutto di una stratificazione operata in base ad un’pprossimazione matematico-statistica e non in base a dati pubblicati, che sono molto eterogenei nel formato tra un trial e l’altro; tuttavia, coerentemente con i risultati di Khan (che peraltro è di scadente qualità metodologica) [Khan N et al CMAJ - June 6, 2006 - 174(12) | 1737Review DOI:10.1503/cmaj.060110], confermerebbero per i pazienti più “giovani” una mancanza di significatività statistica del rischio relativo di stroke. (Metanalisi 1 sottogruppo “giovani”; Metanalisi 2 sottogruppo “anziani”. l’eterogeneità rilevata nella Metanalisi 1 scompare escludendo i trial di bassa qualità metodologica (MCR, HAPPY, UKPDS): RR(fixed) = 1.02(0.55-1.88) Q test P = 0.11.
Punto 4 - Risultati relativi alla domanda sull’uso di diversi tipi di betabloccante causa di eterogeneità?
Abbiamo sottoposto a metanalisi separate: i trial con betabloccanti “vecchi”, i trial con insufficiente distinzione di molecola, i trial con betabloccanti vecchi + i trial con betabloccanti non specificati, i trial con atenololo associato o meno ad altri farmaci nello stesso braccio, i trial con atenololo da solo (Tabella 3). A differenza degli autori - che avevano incluso l’ASCOT-BPLA nella sottoclasse atenololo da solo- abbiamo classificato questo trial nella sottoclasse “atenololo + altri farmaci non BB” in quanto in realtà analizza un confronto “betabloccante + diuretico” verso “calcioantagonista diidropiridinico +ACEi” con il 40% circa dei pazienti che assumono l’associazione.
Le conclusioni che possiamo trarre sono:
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i trial che hanno confrontato l’atenololo da solo con altri trattamenti attivi hanno dimostrato un aumento del 24% del rischio di Stroke, con omogeneità tra i risultati tra un trial e l’altro e con significatività statistica (P=0.0003) (Metanalisi 3 “Atenololo da solo” vs altri farmaci)
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i trial che hanno confrontato l’atenololo, da solo o associato ad altri farmaci attivi nello stesso braccio con altri trattamenti attivi hanno dimostrato un rischio di stroke maggiore del 21% con omogeneità tra i risultati tra un trial e l’altro e con significatività statistica (P<0.0001) (Metanalisi 4 “Atenololo da solo o in associazione” vs altri farmaci).
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I trial che hanno considerato betabloccanti diversi dall’atenololo oppure betabloccanti senza sufficiente specificazione di molecola hanno fornito risultati piuttosto eterogenei. con un risultato complessivo caratterizzato da un importante trend a sfavore dei betabloccanti (incremento del 14% del rischio di stroke, ma in assenza di significatività statistica (P = 0.30) (Metanalisi 5 “Betabloccanti vecchi + betabloccanti vari” vs altri farmaci). Per tutto il sottogruppo la possibilità, di un “effetto classe” può essere peraltro suggerita dal risultato di una “sensitivity analysis”: togliendo dal pooling i trial caratterizzati da bassa qualità compare infatti significatività statistica per un incremento di incidenza di stroke nel braccio assegnato ai betabloccanti, mentre nel frattempo l’eterogeneità scompare. Questa osservazione va però considerata con la dovuta cautela in quanto il “sacrificio” dall’analisi dei trial HAPPY e MRC (vale a dire quelli caratterizzati da bassa qualità metodologica: score di Jadad =1) comporta il “sacrificio” di 15269 pazienti complessivi (vale a dire il 46% dei pazienti considerati da tutto il sottogruppo).
Punto 5 a - Risultati relativi alla domanda una diversa efficacia dei trattamenti causa di eterogeneità?
In base a considerazioni di carattere fisiopatologico un aumento della efficacia antiipertensiva dovrebbe associarsi ad un miglior effetto preventivo sull’incidenza di outcome cardiovascolari maggiori, stroke compreso. La metanalisi di Lindholm nei confronti vs placebo ha confermato infatti che i betabloccanti esercitano un effetto preventivo nei riguardi dello stroke rispetto al non intervento (nb: qui il placebo considerato in maniera non del tutto appropriata una proxy di non intervento). perchè tale vantaggio viene perso, almeno per quel che riguarda l’atenololo, nei confronti betabloccanti vs altri farmaci attivi? Abbiamo cercato di interpretare la metanalisi anche alla luce dell’efficacia dei trattamenti antiipertensivi sull’outcome surrogato differenza dei valori di pressione arteriosa tra un braccio e l’altro. In definitiva possono essere tratte queste conclusioni: laddove i betabloccanti si sono dimostrati più efficaci rispetto al farmaco di confronto nel ridurre i valori di pressione l’incidenza di stroke è risultata significativamente maggiore. Per esempio (Metanalisi 6) abbiamo riscontrato che nel pool di trial in cui il risultato sui valori della Pressione Diastolica è a sfavore dei betabloccanti non esiste significatività tra i due bracci nell’incidenza dello stroke, anche se esiste un trend (incremento del rischio di stroke per i pazienti assegnati ai betabloccanti = 15% P = 0.22, con eterogeneità tra un trial e l’altro che non scompare anche togliendo MRC, il trial di peggiore qualità metodologica) . Al contrario, nel pool di trial dove il risultato sui valori della Pressione Diastolica è a favore dei betabloccanti (Metanalisi 7) l’incremento del rischio di stroke per i pazienti assegnati ai betabloccanti è pari al 21% e il risultato è significativo (P = 0.0002). Occorre però riconoscere che questi dati - in apparente contrasto con elementari concetti di fisiopatologia e con i risultati stessi del confronto betabloccanti vs placebo affrontati dalla metanalisi - sono stati ottenuti da una stratificazione dei trial potenzialmente imprecisa . Infatti il formato con cui le singole ricerche riportavano i risultati di efficacia sui valori di pressione arteriosa era eterogeneo e spesso i dati erano incompleti (es: per alcuni trial manca la deviazione standard dei valori medi pressori riscontrati alla fine del follow-up). Tutto ciò consente solo di stratificare il pool in sottogruppi di efficacia antiipertensiva definiti solo dalle differenze algebriche dei valori medi di pressione riportati ogni singolo trial alla fine del follow-up (Tabella del lavoro originale), e non rende possibile al revisore un’analisi formale dell’influenza esercitata sull’eterogeneità dalla quale solida variabile indipendente.
Punto 5 b - Risultati relativi alla domanda una diversa durata del follow-up causa di eterogeneità?
I trial considerati dalla metanalisi nei confronto testa a testa sono caratterizzati da periodi di follow-up variabili da 2.7 a 9 anni. I valori di follow-up al 30 e rispettivamente al 90 percentile di questo range sono rispettivamente 3.86 e 5.79 anni. Un solo trial (UKPDS) aveva una durata considerevolmente maggiore degli altri (9 anni).
Abbiamo considerato breve un follow-up di durata inferiore al 30 percentile del range; (Metanalisi 8) lungo un follow-up di durata maggiore (Metanalisi 9).
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In definitiva possono essere tratte queste conclusioni: laddove il follow-up è risultato più lungo, l’incidenza di stroke è risultata maggiore nel braccio assegnato ai betabloccanti. l’eterogeneità riscontrata nella metanalisi 9 scompariva sottraendo dai calcoli i trial con qualità metodologica più bassa (MRC, MRC-old, HAPPY, UKPDS): RR(fixed) = 1.23 (1.14-1.34) Q test P = 0.23.
Punto 6 - Risultati relativi alla domanda una diversa compliance ai betabloccanti è causa di eterogeneità?
In ciascuno dei trial mixed dove i betabloccanti erano confrontati con altri antiipertensivi in associazione a diuretici (CONVINCE, NORDIL, STOP) l’atenololo era stato somministrato a percentuali di partecipanti variabili da trial a trial (rispettivamente al 48%, al 68% e al 72,5% dei soggetti arruolati essendo questi valori rappresentati dalle medie delle percentuali rilevate in ciascun trial all’inizio e rispettivamente alle fine della sperimentazione). È degno di nota il fatto che, nonostante in tutti e tre i trial i risultati siano non significativi, la direzione dell’effetto in CONVINCE, dove la percentuale di pazienti che avevano assunto betabloccanti è minore, sia opposta (= stima puntuale a favore dei betabloccanti per l’incidenza di stroke) rispetto a quanto rilevato per gli altri due trial (dove la stima puntuale è a sfavore dei betabloccanti). In base a queste considerazioni abbiamo utilizzato come proxy di compliance la percentuale di pazienti che alla fine del trial risultava ancora aderente al trattamento assegnato dalla randomizzazione) e abbiamo utilizzato il parametro compliance come potenziale causa di eterogeneità. Abbiamo scelto il “cut off” 70% per definire i pazienti arruolato a bassa compliance (minore 70% della casistica) (Metanalisi 10) o rispettivamente ad alta compliance (maggiore 70% della casistica) (Metanalisi 11). l’eterogeneità dei risultati riscontrata nella metanalisi 10 scompariva sottraendo dal pooling i trial con minor qualità metodologica (MRC, MRC-old, UKPDS): RR(fixed)=1.05(0.93-1.19) Q test P = 0.45.
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In definitiva si evince che laddove la compliance è maggiore l’incidenza di stroke è maggiore.
Conclusioni del nostro Critical Appraisal
Complessivamente la metanalisi di Lindholm & coll di appare di qualità metodologica media/mediocre (punteggio 4 della scala di Oxman [Oxman ADet al J Clin Epidemiol 1991;44:1271]) (vedi dettagli in: [http://www.evidenzaqualitametodo.it/files/METANALISI_BETABLOCCANTI_GIOVANI_ANZIANI_PER_IL_SITO.pdf ( accesso: 3/12/06)]. Un approfondimento di alcuni aspetti metodologici consente di confermare i dubbi avanzati dagli autori sulla efficacia dell’atenololo rispetto ad altri antiipertensivi nel ridurre nei pazienti ipertesi l’incidenza di importanti outcome cardiovascolari, nella fattispecie di stroke. È importante notare che quanto rilevato dalla nostra revisione, si muove nel contesto di una direzione assolutamente logica. Lo scopo era verificare se corrispondesse al vero quanto osservato da Lindholm & coll, ossia un minor effetto protettivo di questa classe di molecole nei confronti di altri farmaci utilizzati nella ipertensione essenziale; se ciò è vero, è ragionevole supporre che l’incidenza di stroke durante un trattamento long- term con betabloccanti di pazienti ipertesi sia maggiore a. nei pazienti trattati per più lungo tempo (cosa che la nostra analisi ha dimostrato), b. nei pazienti caratterizzati da maggiore compliance (cosa che la nostra analisi ha dimostrato). Appare singolare il riscontro di un minor effetto protettivo sull’incidenza di stroke per i pazienti che avevano ottenuto, rispetto al braccio di controllo, una maggior riduzione dei valori pressori. Non è possibile pensare che una riduzione dei valori pressori sia causa di maggior incidenza di stroke, perchè ciò oltre che a scontrarsi con considerazioni di carattere fisiopatologico e con i risultati di trent’anni di ricerche sull’efficacia dei farmaci antiipertensivi, si scontra anche con il risultato dei confronti betabloccanti verso placebo esaminati dalla stessa metanalisi di Lindholm a favore ovviamente del braccio assegnato al farmaco attivo. Non è possibile escludere peraltro che uno stesso fattore etiopatogenetico possa essere responsabile sia dell’effetto pressorio sia della ridotta protezione nei riguardi dello stroke dimostrata per queste molecole. Non siamo riusciti a stabilire, data l’esiguità delle casistiche esistenti, se farmaci diversi dai betabloccanti possano esercitare lo stesso effetto dell’atenololo nei confronti dell’outcome stroke; ciò è stato messo in dubbio anche da Lindholm, che propendeva però per la possibilità di un effetto classe. Le analisi da noi eseguite su trial stratificati per gruppi di età sembrano suggerire che nei pazienti più giovani trattati con betabloccanti l’incidenza di stroke non aumenti. ciò è in accordo con i risultati della metanalisi di Khan [Khan N et al CMAJ - June 6, 2006 - 174(12) | 1737Review DOI:10.1503/cmaj.060110] che però è metodologicamente molto povera. [http://www.evidenzaqualitametodo.it/files/METANALISI_BETABLOCCANTI_GIOVANI_ANZIANI_PER_IL_SITO.pdf ( accesso: 3/12/06
È da sottolineare tra l’altro che la stratificazione dei pazienti in sottogruppi di età da noi utilizzata non è stata eseguita con i dati estratti dai singoli trial, insufficienti a tale scopo, ma piuttosto attraverso un’approssimazione matematico-statistica.
- Allo stato attuale delle conoscenze appare ragionevole escludere l’atenololo dall’elenco dei farmaci da utilizzare come prima scelta nei pazienti affetti da ipertensione essenziale, come recepito anche dal recente aggiornamento delle linee guida NICE sull’ipertensione arteriosa [http://www.nice.org.uk/CG034 (accesso 04/12/06].
Resta in ogni modo da riconsiderare il ruolo nell’ipertensione di betabloccanti diversi dall’atenololo. I betabloccanti al momento restano senz’altro farmaci di prima scelta in patologie come cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco e particolari aritmie, come riconosciuto dallo stesso Lindholm in un commento alla sua revisione [Lindholm LR et al Journal of Hypertension 2006 24:2143].