Medicina di genere [MEDICINA DI GENERE] Differenze di genere nella prevenzione cardiovascolare | ![]() |
Differenze di genere nella prevenzione cardiovascolare
Nell’ultimo ventennio diversi studi si sono occupati delle differenze di genere per quanto riguarda le manifestazioni cliniche e la prognosi della malattia cardiovascolare. I risultati di questi studi hanno dimostrato alcune importanti diversità correlate al genere. In effetti, mentre sono stati ampiamente studiati gli effetti che sesso, invecchiamento e comportamento culturale hanno sulla salute dell’uomo e della donna, manca, a tutt’oggi, un’ana-loga attenzione sull’impatto che le differenze di genere hanno sulla fisiopatologia e, quindi, sul tratt-mento delle più comuni malattie sociali, tra cui le malattie cardio-vascolari.
Per tali motivi, l’aspetto preoc-cupante che deve, a nostro parere, indurre a meditazione non solo la classe cardiologica ma anche il Medico di Medicina Generale (MMG), è il crescente numero di segnalazioni in letteratura riguardanti la generale sottostima della cardiopatia ische-mica (CI) nella donna. Infatti, nei confronti di tale malattia l’atten-zione è costantemente effettuata in uno stadio troppo avanzato, oppure il trattamento risulta meno aggres-sivo rispetto a quello riservato al paziente uomo.
Secondo stime recenti, la CI uccide più di 500.000 donne americane nell’arco di un anno, pari al 41,3% delle morti complessive del sesso femminile, una percentuale che supera lemorti di cancro (Fig. 1).
In Italia (Fig. 2), le donne che ogni anno muoiono a causa di malattie cardio-vascolari sono circa 120.000. Nonos-tante questa evidenza, si tende ancora a considerare tale condizione specifica del sesso maschile. Per molti anni, infatti, lo studio della malattia coronarica e dei suoi fattori di rischio ha interessato prevalentemente gli uomini, data la maggiore frequenza della malattia in età media, la comparsa in età più giovane rispetto alla donna e l’elevata letalità. Fino alla menopausa, la frequenza della malattia e i livelli dei fattori di rischio sono più bassi rispetto agli uomini; con l’avanzare dell’età le differenze si riducono e i valori risultano simili o diventano più elevati rispetto a quelli riscontrati negli uomini. La sostanziale sottostima del problema ha suggerito l’osservazione paradossale che “forse il più importante fattore di rischio di cardiopatia ischemica nelle donne è la percezione sbagliata che la cardio-patia ischemica non sia una malattia delle donne”. Infatti, uno studio condotto dall’American Heart Asso-ciation, pubblicato sul numero di febbraio 2005 di Circulation 1 ha mostrato che solo il 13% delle donne percepisce le malattie cardiovascolari come il più importante problema di salute da trattare e solo un terzo pensa che esse rappresentino la principale causa di morte. Questo studio conferma, peraltro, un dato già emerso da precedenti analisi, e cioè che le donne continuano a ricevere le informazioni sulle malattie cardiovascolari dai mass-media, mentre solo il 24% delle intervistate le riceve dai medici. È a questo punto che, a mio giudizio, dovrebbero intervenire i MMG. È loro compito informare le donne dell’importanza di questa patologia e della prevenzione cardiovascolare.
La presa di coscienza della diversa realtà dell’universo femminile comincia quando Bernardine Healy, nel 1991, scrisse un famoso editoriale sul prestigioso New England Journal of Medicine dal titolo “The Jentl Syndrome” 2, commentando due studi che riportavano come le donne affette da coronaropatia fossero curate meno e ricevessero interventi meno risolutivi e aggressivi rispetto agli uomini. L’articolo era chiaramente di tipo provocatorio da parte della prima donna a capo del più prestigioso Ministero della Salute del mondo, l’US National Institute of Health, ed ebbe enorme risonanza sulla stampa scientifica come pure sui media. Il nostro punto di vista è che l’età è sicuramente un fattore condizionante, ma non rappresenta la radice del problema, e che la sindrome di Jentl sia spiegabile col fatto che la malattia aterosclerotica è diversa nei due sessi. La donna infatti ha proprie peculiarità di tipo biologico-ormonale, diverse caratteristiche anatomiche dei vasi, una massa magra e una massa grassa diverse, con conseguenze che condizionano lo sviluppo della malattia e la risposta ai farmaci
Alcuni dati epidemiologici riferibili ai principali fattori di rischio cardiovascolare
Abitudini e comportamenti diversi possono portare a differenze importanti nella distribuzione dei fattori di rischio. A seguire le principali differenze genere-correlate.
Pressione arteriosa
Il 33% degli uomini e il 31% delle donne sono ipertesi (pressione arteriosa uguale o superiore a 160/95 mmHg), oppure sotto trattamento farmacologico specifico. Il 19% degli uomini e il 14% delle donne sono in una situazione limite, in cui il valore della pressione sistolica è compreso tra 140 e 159 mmHg e quello Percentuale di morti in Italia, 2000 Morti (%) 0 25 50 75 100 Malattie gastrointestinali Traumi Malattie respiratorie Cancro Malattie cardiocerebrovascolari Malattia cerebrovascolare Malattia cardiovascolare Figura 2 Cause di morte nelle donne in Italia (da dati ISTAT, mod.; elaborazione ISTISAN 95/34). Medicina di genere della diastolica tra 90 e 95 mmHg. Per quanto riguarda la percentuale di persone ipertese, il 50% degli uomini e il 34% delle donne non vengono trattati farmacologicamente per tenere sotto controllo la pressione arteriosa.
Colesterolemia
Il 21% degli uomini e il 25% delle donne hanno colesterolemia totale uguale o superiore a 240 mg/dl oppure sono sotto trattamento farmacologico specifico. Il 36% degli uomini e il 33% delle donne sono in una condizione di rischio (colesterolemia compresa tra 200 e 239 mg/dl). Per quanto riguarda la percentuale di persone ipercolesterolemiche, l’81% degli uomini e l’84% delle donne non vengono trattati farmacologicamente per tenere sotto controllo il colesterolo.
Sedentariet�
Il 34% degli uomini e il 46% delle donne non svolgono alcuna attività fisica durante il tempo libero.
Fumo
Il 30% degli uomini fuma in media 17 sigarette al giorno, contro il 21% delle donne che ne fuma 13 (percentuale in continuo, preoccupante aumento).
Obesit�
Il 18% degli uomini e il 22% delle donne sono obesi.
Glicemia
Il 9% degli uomini e il 6% delle donne sono diabetici con glicemia superiore a 126 mg/dl. Il 9% degli uomini e il 5% delle donne sono in una condizione di rischio, in quanto il valore della glicemia è compreso tra 110 e 125 mg/dl. Per quanto riguarda la percentuale di persone diabetiche, il 62% degli uomini e il 56% delle donne non vengono trattati farmacologicamente.
Esistono, a nostro avviso, alcuni problemi principali che bisogna passare in rassegna per comprendere meglio il problema: l’eziopatogenesi della CI nella donna, la valutazione del dolore toracico, che pone il sospetto di coronaropatia, la penetranza diagnostica del test non invasivo che si intende usare per avallare ovvero respingere il sospetto diagnostico stesso, e infine la prevenzione cardiovascolare “al femminile”.
Ipotesi eziologiche e studi sui fattori di rischio
Studi anatomo-patologici dimostrano come, nell’uomo, le placche sulle pareti arterioseinizino a comparire intorno all’età di 30 anni, aumentino in maniera proporzionale al livello sierico di coles-terolo, alla pressione arteriosa, all’obe-sità e al numero di sigarette fumate, e raggiungano la “criticità” in un periodo che può andare dai 40 ai 70 anni (storia naturale della CI nell’uomo). Nelle donne, invece, il periodo fertile (ricco in estrogeni) posticipa la data di comparsa delle placche, indotte poi dagli stessi fattori di rischio, ma la criticità viene raggiunta all’età di 65-80 anni (15-20 anni dopo rispetto all’uomo) (Fig. 3).
Volendo esaminare eventuali differenze di genere nel peso e nella distribuzione dei fattori di rischio, per arrivare a programmi di prevenzione mirata, si può asserire che quasi tutti i “classici” fattori di rischio sono simili nei due sessi. Esistono tuttavia alcune sottili differenze che riguardano ipertensione, diabete, attività fisica, colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità) e trigliceridi, la percezione di malattia e le condizioni psico-sociali. Ci sono, ovviamente, sicure differenze per quanto riguarda l’evento menopausa e il suo antidoto unico e peculiare, la terapia estrogenica sostitutiva. Riguardo ai classici fattori di rischio si può osservare che per tutti, tranne l’ipertensione, si discute su dati osservazionali. Per esempio, se analizziamo la popolazione modenese studiata nell’ambito del progetto nazionale SIMONA 3 (Studio sulla Prevalenza dell’Ipertensione in MenopausaItaliana), condotto alcuni anni fa ed effettuato in collaborazione con i MMG, vediamo che nella popolazione tra i 45 e i 60 anni della nostra provincia la prevalenza di ipertensione è del 38,2%, e questo è un dato preoccupante che avvicina la popolazione di un’area italiana considerata ad alto livello sanitario a quella americana; la cosa che colpisce è che tra le donne ipertese, prendendo come cut-off i limiti tracciati dal VII Joint Committee e il nuovo aggiornamento (2007) sulle linee guida per la diagnosi e il trattamento dell’ipertensione arteriosa 4, solo il 34% viene trattato in maniera ottimale. È pertanto possibile arguire che ad aumentare notevolmente l’incidenza delle malattie cardiovascolari della provincia di Modena sia anche un inadeguato controllo della pressione arteriosa.
Per tali motivi, nell’ambito di una corretta prevenzione primaria (obiettivo auspicabile da parte dei MMG), è estremamente importante raccomandare alle donne, soprattutto in post-menopausa, un controllo seriato della pressione arteriosa e, in caso di riscontro di elevati valori pressori, controlli ripetuti, modifica dello stile di vita e un intervento farmacologico mirato, anche se su questo non esistono orientamenti omogenei perché non ci sono molti studi che abbiano coinvolto le donne.
Il fumo è la causa principale prevenibile di morte per le donne: più del 50% di infarti miocardici erano associabili all’uso di tabacco nella casistica di Kawachi et al. 5, e la grandezza dell’eccesso di rischio, da 2 a 4 volte più elevato, è simile negli uomini e nelle donne, con una chiara relazione dose-risposta, perché anche le “piccole” fumatrici (da 1 a 4 sigarette al giorno) hanno un rischio superiore al doppio di sviluppare malattia coronarica rispetto alle donne che non fumano.
Un altro fattore importante, che in realtà si presenta come una raccolta o un cluster dei più importanti fattori di rischio, è la sindrome metabolica. Protagonista principale di questa sindrome è l’insulino-resistenza, una condizione caratterizzata dalla contemporanea presenza, nello stesso soggetto, di alcuni disordini metabolici, che nei vari studi epidemiologici risulta associata a un aumento di circa tre volte del rischio di sviluppare eventi cardiovascolari e di circa sei volte di sviluppare diabete. La definizione di sindrome metabolica che viene maggiormente utilizzata, anche per il suo più semplice impiego clinico, è quella del National Education Program (NCEP-ATP III) 6.
L’incremento dell’incidenza della sindrome metabolica che si è verificato in questi anni è avvenuto prevalentemente a carico del sesso femminile, e sembra legato principalmente all’aumentata prevalenza dell’obesità tra le donne. Inoltre, una volta presente, la sindrome metabolica conferisce un rischio di eventi cardiovascolari che è doppio nelle donne rispetto agli uomini.
Fondamentale, in questo ambito, il ruolo del MMG, che in affiancamento con il cardiologo può intervenire con programmi di diagnosi, trattamento e prevenzione di questa patologia e quindi della malattia cardiovascolare.
Linee guida sulla prevenzione al femminile
Febbraio 2004 fu eletto “mese del cuore”, ed è sorprendente che Circulation, la più prestigiosa rivista di cardiologia del mondo, in occasione della pubblicazione della nuove linee guida sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nella donna abbia dedicato due numeri consecutivi ad articoli riguardanti i diversi aspetti della patologia cardiaca 7. Inoltre, il 6 febbraio, giorno dedicato al cuore della donna, tutte le cardiologhe americane si sono vestite in rosso in tutti gli Stati Uniti e in Canada. Lori Mosca, chair del gruppo di studio che ha redatto le nuove linee guida, ha messo in risalto, commentandole, che il concetto di malattia cardiovascolare come condizione “have or have not” è stato sostituito dall’idea che la malattia cardiovascolare si sviluppa “over time and every woman is somewhere on the continuum” [“nel tempo, e ogni donna si trova in una certa fase di tale continuità”]. Nel 2007 8 è stato pubblicato l’aggiornamento delle linee guida sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nella donna. I punti principali riguardanti le raccomandazioni sugli interventi di prevenzione basati sul cambiamento dello stile di vita sono riportati nella Tabella I.
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Tabella I. Interventi sullo stile di vita.
Il messaggio importante lan-ciato in occasione della pre-sentazione delle linee guida è che le malattie cardiovascolari possono essere evitate sia nelle donne sia negli uomini. Ciò fa riflettere sull’importanza del rapporto tra i cittadini e la sanità nell’ottica di intra-prendere le più efficaci azioni di informazione ai fini della pre-venzione e della cura. In questo modo la consapevolezza della valutazione del rischio cardiovascolare nella donna, come nell’uomo, potrà automa-ticamente essere associato a importanti azioni preventive. Tutto per cercare di evitare, in futuro, il crescente trend di aumentata mortalità per cause cardiovascolari tra le donne di tutto il mondo 9 (Fig. 4).
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Mosca L, Mochari H, Christian A, Berra K, Taubert K, Mills T, et al. National study of women’s awareness, preventive action and barriers to cardiovascular health. Circulation 2006;113:525-34. 1997 2000 2003 2005 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% Malattia cardiaca/ Attacco cardiaco Tumore Cancro al seno Altro Non so/ no risposta Figura 4 Trend delle principali cause di morte nelle donne (%). Vengono riportate le indagini del 1997 (n = 1000), del 2000 (n = 1004), del 2003 (n = 1024) e del 2005 (n = 1008) (da Mosca et al., mod.) 8.