08
GEN
2013
Area Urologica

[Numero 1 – Articolo 2. Aprile 2009] Risultati di mortalità dal Randomized Prostate-Cancer Screening Trial


Titolo originale: Mortality Results from a Randomized Prostate-Cancer Screening Trial
Autori: Gerald L. Andriole, E. David Crawford, Robert L. Grubb, Saundra S. Buys, David Chia, Timothy R. Church, Mona N. Fouad, Edward P. Gelmann, Paul A. Kvale, Douglas J. Reding, Joel L. Weissfeld, Lance A. Yokochi, Barbara O'Brien, Jonathan D. Clapp, Joshua M. Rathmell, Thomas L. Riley, Richard B. Hayes, Barnett S. Kramer, Grant Izmirlian, Anthony B. Miller, Paul F. Pinsky, Philip C. Prorok, John K. Gohagan, Christine D. Berg
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: NEJM 2009;360:1310-1319
Recensione a cura di: Salvatore Campo
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Introduzione
I benefici dello screening del carcinoma prostatico (CaP) con l’antigene prostatico specifico (PSA), con l’esplorazione rettale (ER) o con altri metodi non sono noti. Nonostante ciò, l’uso del PSA dal 1986 si è diffuso notevolmente, come pure lo screening del CaP con il PSA, negli Stati Uniti e negli altri Paesi. L’American Urological Association e l’American Cancer Society raccomandano il PSA e l’ER nei maschi a partire dai 50 anni o in età più giovane in caso maschio ad alto rischio. Il National Comprehensive Cancer Network raccomanda un algoritmo di screening basato sul rischio, tenendo conto della storia familiare, della razza e dell’età. L’U.S. Preventive Services Task Force recentemente ha sostenuto che non vi sono evidenze per giustificare lo screening negli uomini prima dei 75 anni e non ha raccomandato lo screening nei maschi sopra 75 anni. Negli ultimi anni, sono stati portati avanti due trial randomizzati e controllati sullo screening del CaP: il “Prostate, Lung, Colorectal, and Ovarian (PLCO) Cancer Screening”, negli Stati Uniti, e l’”European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer (ERSPC)”, in Europa. Nella presente pubblicazione è stata esaminata la componente prostatica del PLCO per valutare la mortalità del CaP in relazione al test PSA e all’ER.
Metodi
Soggetti
Dal 1993 al 2001, sono stati arruolati maschi (37.000) e femmine (37.000) con età compresa tra 55 e 74 anni in 10 centri statunitensi. I criteri di esclusione erano un’anamnesi positiva per PLCO, trattamento attuale per neoplasia e, a cominciare dal 1995, essere stati sottoposti a più di un test del PSA negli ultimi tre anni.
Metodi di screening
Ai soggetti assegnati al gruppo screening era proposto il dosaggio annuale del PSA per sei anni e l’ER annuale per quattro anni. Il valore di PSA sopra 4 ng/ml e una prostata valutata sospetta all’ER sono stati considerati probanti per CaP e la successiva valutazione diagnostica e terapeutica veniva valutata assieme ai pazienti. Con un questionario somministrato al baseline, sono stati identificati due gruppi in base al dosaggio del PSA a cui si erano sottoposti nei tre anni precedenti lo studio. Nel gruppo controllo, la valutazione dei dosaggi del PSA effettuati veniva effettuato con una ricerca random.

End-point primari e secondari
L’end-point primario era lo studio della mortalità causa-specifica; quelli secondari la valutazione dell’incidenza neoplastica, dello staging e della sopravvivenza

Analisi statistica
L’analisi primaria prevedeva una valutazione “intention-to-screen” per confrontare la mortalità nel gruppo screening ed in quello controllo. L’event rates era definito come il rapporto tra il numero di eventi (diagnosi di tumori o mortalità) in un dato periodo di tempo per le persone-anno a rischio per l’evento.

Risultati
Le caratteristiche di partenza dei pazienti sono simili e riassunte nella tabella 1


Nel gruppo screening, la percentuale di compliance è stata dell’85% per il PSA e dell’86% per la ER. Nel gruppo controllo, la percentuale di esecuzione del PSA variava dal 40% nel primo anno al 52% nel sesto anno, mentre per l’ER dal 41 al 46%. Nella figura 1, i grafici evidenziano la distribuzione dei casi-CaP e della mortalità nel gruppo screening ed in quello controllo. A sette anni, due anni dopo la cessazione dello screening, l’incidenza del CaP per 10.000 persone-anno era di 116 (2.820 tumori) nel gruppo screening e 95 (2.322 tumori) nel gruppo controllo (rate ratio, 1.22; 95% CI, da 1,16 a 1.29). Figura 1. Distribuzione dei casi-CaP e della mortalità nel gruppo screening ed in quello controllo.

Figura 1

Nella tabella 2 sono riassunte le caratteristiche dei pazienti con CaP. La larga maggioranza dei CaP, al momento della diagnosi, erano in stadio II, quasi tutti adenocarcinomi e più del 50% con Gleason score da 5 a 6. Il numero dei soggetti con tumore in stadio avanzato (III o IV) era simile nei due gruppi (122 nel gruppo screening e 135 nel gruppo controllo), sebbene il numero dei soggetti con Gleason score da 8 a 10 fossero in numero superiore nel gruppo controllo (341 soggetti), rispetto a quelli nel gruppo screening (289 soggetti). Il tipo di trattamento ricevuto dai pazienti con CaP era simile nei due gruppi.


Nella tabella 3 sono riassunti i dati di mortalità. La mortalità per CaP a sette anni era di 50 morti nel gruppo screening e 44 nel gruppo controllo (rate ratio, 1.13; 95% CI, 0.75 to 1.70). Nel corso dei dieci anni, con un follow-up completo per il 67% dei soggetti, in numero dei CaP diagnosticati era di 92 nel gruppo screening e 82 nel gruppo controllo (rate ratio, 1.11; 95% CI, 0.83 to 1.50). E’ evidente una modesta differenza nella distribuzione dei CaP per gradi nei due gruppi.


A sette anni, il numero totale delle morti (escludendo quelle dovute a tumori prostatici, polmonari o del colon-retto) erano 2544 nel gruppo screening e 2596 nel gruppo controllo (rate ratio, 0.98; 95% CI, 0.92 to 1.03); a dieci anni 3953 e 4058, rispettivamente (rate ratio, 0.97; 95% CI, 0.93 to 1.01) Tabella 4). A 10 anni, il numero di tali morti erano 3953 e 4058, rispettivamente (rate ratio, 0,97; 95% CI, 0.93 a 1.01). La distribuzione delle cause di morte era simile nei due gruppi.

Discussione
A 7 anni, lo screening era associato ad un aumento relativo di diagnosi di CaP del 22%. Dopo un follow-up di 7 e 10 anni, la percentuale di morte per CaP era molto bassa e non differiva significativamente tra i due gruppi (rate ratio: 1,13), anche se con intervalli di confidenza ampi. Tra Nella valutazione a 10 anni, tra gli uomini con CaP, 312 nel gruppo screening e 225 nel gruppo controllo morirono per cause diverse dal CaP. L’assenza di vantaggi sulla mortalità del gruppo screening può essere dovuta a diverse componenti: 1. l’ER e il PSA annuale con cut-off di 4 ng/ml può non essere idoneo; un cut-off inferiore avrebbe potuto diagnosticare più neoplasie in stadio precoce ma a costo di una maggiore sovradiagnosi. 2. la percentuale di soggetti sottoposti a PSA nel gruppo controllo era abbastanza alta (38%) tanto da minimizzare le differenze nella mortalità tra i due gruppi. 3. il rapporto cumulativo di morte per CaP a 10 anni, nei due gruppi, era del 25% più basso nei soggetti che si erano sottoposti a due o più test con il PSA prima della valutazione al baseline, rispetto a quelli in cui il test non era stato eseguito, in quanto lo screening precedente all’inizio dello studio avrebbe potuto escludere alcuni casi di CaP. 4. è possibile che l’ottimizzazione della terapia del CaP diagnosticato sia nel gruppo screening che in quello controllo abbia minimizzato i vantaggi dello screening sulla mortalità. 5. la durata del follow-up di dieci anni è verosimilmente troppo breve per evidenziare i reali benefici dello screening. I risultati sono a favore della posizione dell’U.S. Preventive Services Task Force, soprattutto contro lo screening degli uomini over-75 anni. E’ prevista la continuazione del follow-up sino a 13 anni.

Implicazioni per la medicina generale
I risultati di questo trial e di quello del ERSPC sono attesi da anni per la possibilità di poter fornire indicazioni utili a fare maggiore chiarezza sullo screening del CaP con il PSA, una problematica che da anni coinvolge il cittadino e il medico. Da circa 10 anni e dopo alcuni anni dall’introduzione del test PSA nella clinica, il suo uso come strumento di diagnosi precoce ha determinato un’impennata dell’incidenza e della prevalenza del CaP, mentre una mortalità tumore-correlata pressoché stabile ha fatto porre interrogativi sulla reale utilità della diagnosi precoce con il PSA. Questa problematica ha accompagnato il MMG nelle scelte da operare nella sua attività quotidiana.

Limiti dello studio
Il disegno dello studio presenta molte variabili non oggettive o soggette ad allontanamenti dai valori reali (uso di un questionario per valutare, al baseline, i precedenti dosaggi del PSA nel gruppo screening; l’inadeguata rilevazione dei dati nel gruppo controllo; risultati del test PSA e dell’ER sottoposti alla valutazione paziente-medico per il prosieguo diagnostico e terapeutico, in assenza di dati sulle scelte operate nei due gruppi; ecc.) che possono aver influenzato i risultati. e che non consentono un giudizio equilibrato.
Considerazioni del Revisore
Nel lavoro scientifico esaminato, lo screening, a 7 anni, è associato ad un aumento relativo di diagnosi di CaP del 22%. Nonostante un maggior numero di tumori diagnosticati nel gruppo screening, la mortalità tumore-specifica e quella generale presentano caratteristiche pressappoco simili nel gruppo screening e nel gruppo controllo. Attenendoci ai risultati, questi ci dicono che lo screening non modifica l’end-point primario, in quanto l’intervento non porta ad un aumento della sopravvivenza. In più, un maggior numero di neoplasie diagnosticate comporta un overtreatment, con implicazioni negative per il benessere dei pazienti. Verosimilmente, per valutarne i benefici della diagnosi precoce per un tumore con una storia naturale caratterizzata da ordinaria evoluzione lenta, un follow-up di 10 anni può essere breve.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 05-gen-09
Articolo originariamente inserito il: 21-apr-09
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