Area Dolore – Cure Palliative [Numero 14 - Articolo 3. Maggio 2007] Aspetti critici e vie di approccio alla ricerca sulla “buona morte”: Studio qualitativo su interviste di approfondimento e focus group | ![]() |
Introduzione
Questo lavoro parte dalla domanda posta in un editoriale del BMJ: Che cosa è una buona morte?. La mancanza di evidenze scientifiche per rispondere a questo quesito ha mosso gli Autori del presente articolo ad esaminare i temi cruciali della ricerca sulle cure di fine vite e le specifiche difficoltà incontrate dai ricercatori in questo ambito così importante e delicato.
Metodi
Gli Autori hanno effettuato una revisione sistematica di articoli su metodi di ricerca pubblicati tra il 1980 e il 2004 che ricercassero lopinione di persone colpite da cancro su argomenti concernenti le cure di fine-vita. Questo ha consentito loro di individuare 34 ricercatori appartenenti a differenti discipline che nel corso degli anni si sono occupati di questo settore della ricerca sotto prospettive diverse. 32 di questi hanno partecipato allindagine rispondendo ad unintervista finalizzata a stabilire quali fossero a loro giudizio i metodi migliori per condurre la ricerca e per ottenere il parere di malati e familiari al fine di migliorare i servizi. Alcuni degli intervistati erano ricercatori di levatura internazionale, ai quali si chiedeva una riflessione sui propri metodi di ricerca e in qualità di supervisori di numerosi progetti, altri erano ricercatori giovani, implicati più direttamente in ricerche sul campo e molti avevano esperienza di ricerca anche in ambiti diversi dalle cure di fine-vita. A integrazione del punto di vista dei ricercatori, per ottenere informazione sul punto di vista dei pazienti e di chi si prende cura di loro, gli Autori hanno tenuto anche quattro focus-group finalizzati a raccogliere una gamma di pareri degli utenti. Di questi, uno era svolto con pazienti affetti da cancro in stadio avanzato reclutati da personale di day hospice; questi si riunivano in due occasioni, la prima per discutere i modi di condurre la ricerca, e la seconda per validare linterpretazione della loro discussione data dai ricercatori. Un secondo gruppo veniva tenuto con pazienti che avevano uno specifico interesse verso la ricerca, reclutati dal database di un network oncologico. Il terzo gruppo veniva condotto con quattro caregiver reclutati attraverso un servizio di cure palliative territoriale. Tutte le interviste e le discussioni dei focus group venivano registrate, trascritte integralmente con annotazioni a commento e inserite nel programma NVivo versione 2. Entrambi i set di dati venivano integrati, analizzati, codificati e analizzati in maniera tematica mediante limpiego di un approccio interpretativo ed uno schema di codifica derivati sia dai quesiti di ricerca sia dai temi che andavano emergendo durante la generazione dei dati e la loro analisi iniziale. Un antropologo (FH) conduceva lanalisi, con lapporto di due membri del team di ricerca che avevano un retroterra culturale di ricerca e nursing e esperienze approfondite nellarea della ricerca di fine-vita (MK e AW). I temi che andavano emergendo venivano discussi regolarmente in plenaria al fine di applicare una prospettiva multidisciplinare che comprendesse pazienti, medicina palliativa e medicina primaria.
Risultati
La maggior parte dei ricercatori che avevano esperienza di ricerca sia in ambito delle cure di fine-vita si a in altri campi concordavano nel ritenere che la ricerca sul fine-vita non dovesse essere ritenuta un caso a sé poiché le esigenze di sensibilità, cautela e rispetto del benessere fisico ed emotivo dei pazienti in questo ambito non differiscono da quelle poste da altri campi della ricerca clinica. Le interviste ai ricercatori e le discussioni dei focus group mettevano in evidenza come specifici punti salienti della ricerca sulle cure di fine-vita i seguenti temi.
- il disegno degli studi
- il reclutamento dei partecipanti
- la condotta etica
- la messa alla prova emotiva di partecipanti, ricercatori ed elaboratori
-
- Il disegno degli studi
Una prima questione è quella della definizione del periodo di fine vita, che ad un estremo, secondo alcuni, è rappresentato dalle ultime 48 ore di vita, allopposto secondo altri può essere rappresentato dagli ultimi sei mesi o oltre. A questa incertezza si aggiunge quella della prognosi individuale di ciascun paziente e della possibile inconsapevolezza del paziente di essere malato terminale o in cura palliativa. Queste incertezze possono indurre i ricercatori a raccogliere pareri per interposta persona e post mortem da caregiver e curanti. Altra questione è quella delle scelte metodologiche. I ricercatori riferivano di impiegare una gamma di metodi consolidati derivati dalle scienze sociali, ciascuno con punti di forza e debolezze. La maggior parte dei ricercatori riteneva che, data la varietà degli argomenti affrontati e dei gruppi implicati, fosse necessario impiegare una varietà di metodi ed approcci. Alcuni ricercatori suggerivano limportanza di metodi innovativi quali la ricerca basata sulle arti, e in particolare la drammatizzazione, la poesia e limpiego di copioni, ma la maggior parte non si discostavano dalle metodiche convenzionali, e qualcuno segnalava la mancanza di finanziamenti come impedimento a sperimentare metodi alternativi. Veniva ipotizzato che alcuni metodi si potessero traslare dalla ricerca in campi affini, quali la disabilità cronica e labuso in famiglia. La maggior parte dei partecipanti ai focus group esprimevano la loro preferenza per metodi qualitativi: lasciar esprimere liberamente le persone consente loro di far emergere e contestualizzare temi per loro rilevanti.
- Il reclutamento dei pazienti
Tutti i ricercatori riconoscevano la necessità di agire in maniera cauta e sensibile e la maggior parte di essi erano soliti ricercare il supporto dei sanitari nel reclutamento dei pazienti. Tuttavia, alcuni segnalavano che alcuni professionisti fungono da guardiani che, tentando con troppo zelo di tutelare i loro pazienti, di fatto bloccano le ricerche o vi introducono un bias di selezione. Suggerivano che questa difficoltà potrebbe essere superata, mediante una formulazione accurata delle lettere di invito ai pazienti e stabilendo un buon rapporto di collaborazione con i sanitari. Venivano messe ripetutamente in luce difficoltà di inclusione nelle ricerche di appartenenti a sottogruppi sociali o minoranze etniche, sia a causa di barriere linguistiche, sia per lo scarso accesso delle minoranze povere alle cure palliative. Molti ricercatori sottolineavano la necessità di includere queste persone se le ricerche hanno lo scopo di sviluppare servizi di cura anche culturalmente adeguati. Strategia per il coinvolgimento delle minoranze potrebbero consistere nel prevedere modalità di ritorno per la partecipazione alle ricerche, sotto forma di incontri di informazione su specifici temi, oppure eventi sociali o artistici, nellottenere il consenso di leader di comunità e tener conto della prospettiva delle minoranze nel disegno dello studio, nellimpiego dei materiali di ricerca, nella scelta dei metodi di divulgazione dei risultati. Altra delicata questione è se persone alla fine della propria esistenza abbiano desiderio di partecipare alla ricerca. I partecipanti ai focus group di utenti confermavano la generale opinione dei ricercatori che molte persone con malattia avanzata hanno tuttavia desiderio di partecipare agli studi, sia in vista di una ricaduta diretta sui propri percorsi di assistenza, sia per un miglioramento delle cure a chi verrà dopo, ma anche per una sorta di ringraziamento per le cure ricevute in prima persona o dai propri cari. Inoltre, alcuni partecipanti ai focus group rimarcavano con enfasi come lessere intervistati dai ricercatori desse loro la percezione che essere ascoltati con attenzione fosse di per sé una cosa benefica. Altri esprimevano invece frustrazione per le cose che non cambiano.
-
La condotta etica
Il tema della morte deve essere affrontato con cautela e rispetto della volontà del paziente. Poiché alcuni pazienti non sono consapevoli della loro prognosi, oppure non vogliono guardarla in faccia, i ricercatori raccomandano di comportarsi secondo lassunto che tutti i pazienti non sappiano che stanno per morire salvo esplicita affermazione contraria. Molti ricercatori sottolineavano che questo deve essere sempre tenuto chiaro in mente allatto della compilazione dei questionari e dei fogli informativi e dello svolgimento delle interviste. Fare ricerca su argomenti di fine-vita necessariamente implica impegnarsi con persone (sia familiari che ammalati) che possono essere in condizioni psichiche e fisiche molto precarie, e per questo i ricercatori mettevano in risalto la necessità di distinguere fra consenso informato e consenso valido. E buona pratica assicurarsi che i partecipanti ad uno studio siano pienamente informati circa il loro ruolo nello studio (cosa da soppesare a fronte dellesigenza di non obbligare il paziente a confrontarsi con informazioni che possano sconvolgerlo). Ma i ricercatori sottolineavano anche limportanza, soprattutto negli studi longitudinali, di accertarsi che il consenso preliminarmente ottenuto venga periodicamente riconfermato. Al paziente dovrebbero essere garantite diverse opportunità di ritirarsi dallo studio, dalla presentazione alla ricerca al momento della partecipazione alle interviste o ai focus group, e persino durante lo svolgimento di essi. -
Le prove emotive
Alcuni ricercatori, molti dei quali avevano lavorato anche a ricerche in ambito non oncologico, ritenevano che lo stress emotivo imposto loro da dalle ricerche su fine-vita non fosse maggiore di quello derivante dallo studiare situazioni di disabilità cronica o abuso familiare. Alcuni ricercatori anziani ritenevano importante ingaggiare esperti in questi studi, reputando determinanti per la riuscita degli studi le competenze e le qualità personali dei ricercatori. I supervisori di ricerca sollevavano preoccupazione per il pesante carico emotivo imposto da queste indagini ai ricercatori giovani e sottolineavano la necessità di offrire loro sedute formali di counselling e occasioni informali di debriefing e supporto tra pari. Daltra parte la maggioranza dei ricercatori parlava di soddisfazione derivata dallimpegno in queste indagini grazie allopportunità di fare esperienza di relazioni interpersonali solide e della capacità umana di offrire amore e sostegno: questo dava luogo nei ricercatori a riflessioni sulla propria esistenza, alla considerazione più positiva della propria vita ed in alcuni casi al confronto con il proprio essere mortali. Diversi ricercatori mettevano in guardia nei confronti del potenziale danno arrecato agli intervistati se non si tiene sufficientemente conto del loro stato emotivo e sottolineavano limportanza di concludere le interviste in una maniera tale da lasciare lintervistato in uno stato emotivo sicuro e di garantire loro laccesso ad un supporto psicologico esterno ove necessario.
Discussione
Questo studio indica che almeno una parte dei pazienti con malattie avanzate sono disponibili a partecipare alla ricerca. I ricercatori esperti in questo ambito ritengono che la ricerca sulla fine della vita non è sostanzialmente differente dalla ricerca in altri ambiti medici e non eccessivamente difficile da condurre. Nondimeno vi è una grande carenza di ricerche sullopinione dei pazienti e di chi se ne prende cura sul tema della buona morte. Vi si oppongono ostacoli di tipo pratico e metodologico: incertezza sulla definizione di fine-vita, inconsapevolezza dei pazienti sulla prognosi, guardiani iperprotettivi che intralciano il reclutamento. Benché possano essere utili e necessari, metodi che utilizzano limmaginazione e approcci globali vengono raramente impiegati, il che rispecchia la difficoltà di ottenere finanziamenti in questo senso. Molte barriere insidiose potrebbero risiedere nei tabù sociali intorno alla morte e al morire che intervengono in queste ricerche..Punti di forza dello studio
I ricercatori inclusi nel campione erano numerosi, autorevoli e ed appartenenti a differenti discipline e il loro punto di vista messo a confronto con quello degli utenti dei servizi di cura. Limpiego di metodi qualitativi (intervista strutturata e focus group) ha consentito di esplorare a fondo le esigenze della ricerca in materia di fine-vita, ma i risultati ottenuti da questo lavoro hanno anche una loro valenza quantitativa.Limiti dello studio
Predominano nel campione di ricercatori intervistati coloro che hanno avuto nei loro studi un approccio qualitativo, anche se sono rappresentati pure ricercatori che hanno condotto indagini di tipo quantitativo. La maggior parte dei ricercatori reclutati sono del Regno Unito, e questo a parere degli Autori potrebbe rispecchiare una maggiore attenzione degli studiosi britannici verso questa area della ricerca, anche se, affermano, sono in aumento gli studi anche in altri paesi. Gli autori sottolineano inoltre che fra i lavori revisionati predominano quelli condotti nel ambito oncologico piuttosto che in altre condizioni gravi non tumorali e che la maggior parte degli studi è condotta in pazienti con stadi meno avanzati di malattia. I focus group erano condotti con un numero relativamente esiguo di pazienti con neoplasie avanzate e loro caregiver, e anche se il loro punto di vista messo a confronto con quello dei ricercatori è stato un contributo prezioso, occorre essere cauti del fare generalizzazioni sulle opinioni dei malati.Rilevanza per la Medicina Generale
Questo studio ha il grande pregio di aver esaminato tutta la letteratura pubblicata in un ampio lasso di tempo sul tema della ricerca sulla buona morte e di aver messo in luce il bisogno di maggiore attenzione a questarea della ricerca espresso sia dagli esperti stessi, sia da parte dei pazienti e di chi se ne prende cura. E un argomento che investe in maniera forte anche i medici di famiglia, e questo per tre ordini di ragioni:- I medici di famiglia sono coloro che di norma seguono i propri pazienti durante lintero arco della loro esistenza e inoltre sempre più spesso sono chiamati a far parte dei gruppi di cura che hanno il compito di accompagnare i pazienti verso la fine. Loutcome di ricerche sulle cure di fine-vita può avere ricadute concrete sul loro lavoro con le famiglie e sul territorio.
- Le metodologie di ricerca di tipo qualitativo impiegate in questo lavoro sono proprio quelle che meglio si addicono alla ricerca in medicina di famiglia.
- Lattenzione alla relazione con il paziente, con particolare riguardo allascolto, al rispetto e allottenimento e la verifica del consenso alla quale richiamano con forza i risultati dello studio, è una prerogativa fondamentale del ruolo del medici di famiglia.
Commento del revisore
Tutte queste considerazioni puntano verso un ruolo significativo del medico di famiglia nel disegnare, strutturare ed attuare progetti di ricerca sulle cure di fine-vita. Sarebbe bene che i medici di famiglia prendessero consapevolezza di questa loro importante funzione si proponessero come attori di queste ricerche. - Il disegno degli studi