08
GEN
2013
Area Cardiovascolare

[Numero 15 . Articolo 2. Giugno 2007] Ruolo del monitoraggio periodico del paziente e della continuità assistenziale nel miglioramento dell’aderenza alla terapia cronica con statine


Titolo originale: Physician Follow-up and Provider Continuity Are Associated With Long-term Medication Adherence A Study of the Dynamics of Statin Use
Autori: M. Alan Brookhart, PhD; Amanda R. Patrick, MS; Sebastian Schneeweiss, MD; Jerry Avorn, MD; Colin Dormuth, ScD; William Shrank, MD, MS; Boris L. G. van Wijk, PharmD; Suzanne M. Cadarette, PhD; Claire F. Canning, MA; Daniel H. Solomon, MD, MPH
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: ARCH INTERN MED/VOL 167, APR 23, 2007
Recensione a cura di: Italo Paolini
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La Sintesi
La continuità nell’assunzione di terapie croniche, quale quella con statine, è importante per ottenere i benefici attesi dalla terapia ed il problema della scarsa compliance da parte del paziente alla assunzione cronica è reale. Questo articolo dimostra quanto sia rilevante il ruolo di un follow-up da parte del medico curante nel migliorare l’aderenza nel tempo al regime terapeutico con statine. Diversi studi precedenti, relativi all’uso cronico di farmaci, sono stati disegnati per identificare la popolazione di pazienti che interrompe la terapia ed il rischio connesso alla mancata assunzione. I dati ottenuti non permettevano l’identificazione dei fattori in grado di modificare la scarsa compliance alla terapia cronica e di quantificare il peso dell’intervento del medico curante o di altri fattori. Lo studio in questione ha identificato ed esaminato una coorte di 253.951 soggetti che, dal gennaio 1997 al 30 giugno 2004, hanno iniziato una terapia con inibitori del HMGCoA reduttasi. I pazienti sono stati identificati utilizzando i dati presenti nel database del sistema sanitario pubblico della Columbia britannica, provincia canadese. I farmacisti, all’atto della dispensazione del farmaco, introducono nel database gli estremi del paziente, il nome del farmaco, il dosaggio, la quantità. In aggiunta il Ministero della salute effettua il collegamento dei dati inseriti con attività del medico curante e servizi ospedalieri.

 

La fig.1 mostra lo schema del disegno “crossover” dello studio. Rx indica la prescrizione di statine

 

 

Sono stati esclusi dall’analisi 14.017 pazienti che avevano iniziato la terapia con cerivastatina, ritirata dal commercio nel 2001.
Gli eventi monitorati nell’analisi sono stati:

 

 

  • la visita con il medico che ha iniziato la terapia con statina
  • una visita da un altro medico
  • l’effettuazione di test per la determinazione della colesterolemia
  • un’ospedalizzazione per infarto miocardico o altra causa cardiovascolare
  • ospedalizzazioni per causa non cardiovascolare

 

L’analisi dei ricoveri si è basata sull’uso della classizicazione ICD IX CM.
L’interruzione della terapia è stata fissata nella interruzione per 90 giorni della continuità di assunzione.

 

Risultati
La popolazione dello studio, 253.951 pazienti, aveva un’età media di 59,6 anni (più o meno 12,2 anni), era costituita prevalentemente da uomini e aveva, in media, almeno una comorbidità. La tabella 1 evidenzia le caratteristiche del camoione di popolazione esaminato:

 

 

I pazienti identificati in base all’interruzione della terapia con statina sono stati 129.167. Il 48% di questi ha ripreso il trattamento entro un anno ed il 60% entro 2 anni. Sebbene sia presente un trend verso l’assunzione, alla ripresa del farmaco, di atorvastatina, il 65% dei pazienti torna ad assumere la stessa molecola ,che assumeva prima della sospensione, l’80% con lo stesso dosaggio, il 15% usando una dose più alta ed il 5% con una dose inferiore di farmaco. Gli eventi maggiormente correlati con la ripresa della terapia sono stati:

 

 

  • infarto del miocardio intercorrente (Odds Ratio 12,2)
  • una visita con il medico di medicina generale che aveva iniziato la terapia con statina (OR 6,1)
  • una visita effettuata da un altro MMG (OR 2,9)
  • un test per la determinazione del colesterolo ematico (OR 1,5)
  • un’ospedalizzazione per altra causa cardiovascolare (OR 3,6)

 

Le ospedalizzazioni per cause non cardiovascolari sono associate con un leggero incremento della ripresa di terapia con statine (OR 1,7).

 

Conclusioni
La dimostrazione che, in una popolazione di pazienti che assume per la prima volta farmaci come le statine, la maggioranza ha almeno un perido prolungato di sospensione terapeutica è sicuramente rilevante, ma il dato è già ben evidenziato in letteratura. Sicuramente rilevante ed originale è invece l’osservazione e la quantificazione dell’importanza che assume, nel decidere la ripresa di terapia, la visita di controllo del medico curante ed in particolare dello stesso medico curante che aveva iniziato la terapia sospesa. Circa il 50% dei pazienti riprende la assunzione di statine entro 15 giorni dalla visita dal suo MMG. L’effettuazione di un test per la determinazione della colesterolemia combinato con la visita di follow-up del medico di medicina generale sembrano avere un effetto sinergico e questo è probabilmente dovuto all’uso del test da parte del MMG per dare più enfasi alla necessità di riprendere, da parte del paziente, la terapia interrotta. I motivi per i quali i pazienti sospendono la terapia appaiono molteplici, ma sicuramente giocano un ruolo importante :

 

 

  • la sottovalutazione della situazione di rischio cardiovascolare
  • la sottovalutazione e la mancata comprensione dei benefici apportati dalla terapia
  • la reazione al timore di possibili effetti collaterali
  • la sospensione per la presenza di qualche movimento enzimatico, possibile al di là della rara evenienza di effetti collaterali gravi (epatotossicità rilevante, rabdomiolisi, astenia intensa e mialgie).

 

A partire da questi dati con la consapevolezza del fondamentale ruolo giocato dal contatto col medico curante, sarà necessario approfondire come ottimizzare il follow-up e la frequenza di ripetizione degli esami di laboratorio.

 

Rilevanza per la pratica della Medicina Generale e Commenti del revisore
L’uso di farmaci in terapie croniche per scopi di prevenzione primaria e secondaria, quali le statine (ma il discorso è analogo per tutte le terapie croniche), significa sottoporre, per tempi lunghi, una popolazione di pazienti all’assunzione del farmaco, per ricavarne un beneficio in termini di salute da quantificare come numero di eventi evitati, riduzione di mortalità, riduzione di ospedalizzazione, a seconda degli outcome o output di volta in volta fissati. Il numero dei casi da trattare, per un certo periodo, di solito decennale, per evitare un evento è un parametro fondamentale e di cui tenere conto per fissare, non solo da parte del MMG, il rapporto costo-benefico dell’intervento e per informare adeguatamente il paziente nel momento in cui si propone la terapia. Questo rapporto, tra i costi ed i benefici viene però profondamente alterato nel caso, frequente, di interruzioni più o meno temporanee e cambiamenti nel regime terapeutico. Il sistema sanitario dovrebbe comprendere appieno il valore della adeguata compliance alle terapie croniche (una volta valutata la correttezza delle indicazioni ed il ragionevole rapporto rischio-beneficio) e organizzare il sistema cercando di “tutelare” la cronicità della terapia. Si assiste invece, con una certa frequenza, a cambiamenti terapeutici non adeguatamente motivati all’interno della stessa classe di farmaci; all’adozione di meccanismi limitanti che costringendo il paziente a prescrizioni troppo frequenti riducono di fatto la compliance; alla pressione verso i MMG per una “acritica” riduzione di spesa che può, consciamente o inconsciamente, condurre ad una attenuazione dell’impegno per una prolungata e regolare assunzione di farmaci da parte dei pazienti. Dallo studio emerge chiaramente come il MMG possa svolgere un ruolo insostituibile quando messo nelle condizioni di esercitare correttamente il proprio ruolo professionale.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 20-ago-07
Articolo originariamente inserito il: 19-giu-07
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