Area Dolore – Cure Palliative [Numero 2 - Articolo 2. Maggio 2006] Gli analgesici oppiacei nelle Cure Primarie: Sfide e Progressi nella Gestione del Dolore non oncologico | ![]() |
Mettere in evidenza gli attuali atteggiamenti dei medici di medicina generale verso limpiego degli oppiacei nel trattamento del dolore non oncologico, alla luce dei progressi di tecnologia farmaceutica e dellincremento delle conoscenze sulla terapia del dolore; inoltre mettere a fuoco le sfide che ne derivano per i Medici di famiglia, con lobiettivo di fornire loro una guida allimpiego clinico degli oppiacei nel dolore non legato a malattia neoplastica.
Premessa
Fra le diagnosi di dolore è in aumento la proporzione delle sindromi dolorose da cause non tumorali, per le quali le terapie antalgiche che non prevedono farmaci oppiacei possono rivelarsi insufficienti. Il passaggio dalluso indiscriminato di oppiacei di un secolo fa alle eccessive misure restrittive in epoche successive ha privato troppe persone di unadeguata cura del dolore. In anni recenti, i progressi nella ricerca sul dolore, la diffusione delle informazioni e la crescente consapevolezza del problema, sia da parte dei medici che delle agenzie preposte alla regolamentazione, hanno determinato un aumento dellimpiego di oppiacei forti, anche da parte di medici non specialisti, e pertanto anche allesigenza di linee-guida per la gestione del dolore nella pratica clinica quotidiana. Accettato dapprima per il trattamento del dolore oncologico, situazione nella quale i timori di abuso e dipendenza erano limitati, limpiego degli oppiacei forti si è esteso poi al dolore nocicettivo grave (definito come risposta fisiologica allinfiammazione neurale determinata da un danno tissutale per effetto di stimoli nocivi), e in particolare nellosteoartrite, nelle patologie della colonna lombare e nel decorso post-chirurgico. Un altro fattore favorente la prescrizione degli oppiacei forti è il buon rapporto costi/benefici che determina un risparmio sia diretto in termini di spesa farmaceutica sia indiretto in termini di riduzione degli interventi sanitari di secondo livello dovuti ad un controllo sub-ottimale del dolore.
Fattori che influenzano il successo o il fallimento terapeutico
I timori dei pazienti e dei medici e le strategie per minimizzare il rischio di abuso.
La riluttanza dei pazienti ad assumere oppiacei per timore di dipendenza può essere superata da una corretta informazione da parte del medico, che riconosca lesistenza di questo rischio ma che ne definisca la bassa entità per la maggior parte dei pazienti : in uno studio con più di 100 pazienti che assumevano oppiacei forti per una media di 14 mesi, la percentuale di dipendenza era pari al 2,8%. Limpiego di preparazioni a rilascio protratto non si è dimostrato efficace nel prevenire labuso. Per contrastare le riserve dei medici, sono stati sviluppati piani di gestione del rischio finalizzati ad identificare le persone potenzialmente a rischio per abuso (anche mediante la formulazione di specifici questionari) e le situazioni di rischio, e a fornire linee-guida pratiche per la prevenzione dellabuso, che comprendono leducazione sanitaria, accordi sui dosaggi, lanalgesia multimodale, lo screening urinario, il monitoraggio delle prescrizioni in farmacia. Laccurata selezione dei candidati alla terapia contribuisce a ridurre il rischio di abuso: si tratta generalmente di pazienti che hanno tentato senza successo altre terapie senza oppiacei e che non abbiano unanamnesi di abuso di sostanze, e la selezione può essere fatta in maniera più efficace dal medico di famiglia che ha un rapporto longitudinale nel tempo con i pazienti.
La valutazione accurata del dolore.
Nel setting della medicina generale può essere difficile valutare, misurare e interpretare il dolore, e sono stati sviluppati numerosi strumenti di supporto alla valutazione. Le scale unidimensionali (scale numeriche, verbali, per immagini) misurano solo lintensità del dolore, ma sono immediate e di facile impiego, mentre gli strumenti multidimensionali misurano diversi aspetti, quali lintensità, la frequenza, limpatto sulla qualità della vita e possono offrire pertanto una visione dinsieme dalla sindrome dolorosa del paziente.
Gli oppiacei nella pratica clinica
L’inizio della terapia con oppiacei, il dosaggio e le vie di somministrazione.
Al momento di introdurre la terapia, il medico dovrebbe scegliere dosaggio e frequenza di somministrazione in base allintensità del dolore, alla presenza di comorbilità e terapie concomitanti ed eventuale precedente assunzione di oppiacei e nel rispetto delle indicazioni del produttore. Sono da preferire inizialmente sostanze short-acting, caratterizzate da rapidi incrementi e decrementi dei livelli plasmatici (per es. morfina a rilascio immediato, idrocodone, idromorfone, ossicodone, ossimorfone e fentanyl transmucoso) perché sono più facili da titolare. Una volta raggiunta una dose stabile, è opportuno passare allimpiego di una formulazione a più lunga durata dazione dell oppiaceo, che garantirà maggiore praticità, compliance e uniformità di effetti. Sebbene gli effetti collaterali quali nausea e sonnolenza siano segnalati in ugual misura nei due tipi di formulazioni, lutilizzo domiciliare di formulazioni long-acting espongono ad una minor probabilità di errori di dosaggio e pertanto di effetti indesiderati. I preparati short-acting possono fungere come trattamenti di salvataggio (rescue), da utilizzare quindi al bisogno, in pazienti già in terapia con long-acting. Quei pazienti per i quali la terapia convenzionale con oppiacei si dimostra inefficace o scarsamente tollerata sono candidati alla terapia oppiacea neurassiale (intratecale o epidurale). Una volta iniziata la terapia, questa dovrebbe essere titolata per una dose stabile che garantisca unanalgesia efficace per lintero periodo compreso fra due somministrazioni col minimo fabbisogno di trattamento al bisogno (rescue). Lesperienza insegna che un numero significativo di pazienti necessita di somministrazioni più ravvicinate di oppiacei long-acting rispetto a quelle indicate dalla aziende farmaceutiche, e questo può essere legato al tipo di dolore, alluso di adiuvanti, alla presenza di comorbilità, ad interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche con altre terapie e a fattori psicosociali.
La gestione della poli-farmacoterapia.
La maggior parte degli oppiacei viene metabolizzata mediante il sistema del CitocromoP450, principalmente attraverso le vie del CYP3A4 e/o CYP2D6; numerosi farmaci di comune impiego vengono metabolizzati dagli stessi sistemi enzimatici: le interazioni finora note fra oppiacei ed altri farmaci non sono ritenute in grado di pregiudicare la sicurezza del paziente, ma vi sono prove che possano impedire il raggiungimento di unanalgesia adeguata. La codeina è un profarmaco che per acquisire proprietà analgesiche deve venire trasformato in morfina a livello del CYP2D6. Il notevole polimorfismo di questo enzima su base genetica fa sì che i metabolizzatori deboli che assumono codeina insieme ad altri farmaci metabolizzati dallo stesso enzima (per es. carvedilolo, propanololo, propafenone, amitriptilina, paroxetina, fluoxetina, venlafaxina, risperidone, tamoxifen) possano non ottenere lanalgesia. A causa di ciò nei pazienti politrattati può risultare vantaggioso limpiego di morfina, che viene metabolizzata principalmente per glicuronidazione, o di ossimorfone che non viene metabolizzato in maniera significativa da parte del sistema CYP450.
L’interpretazione della variabilità individuale di risposta.
Un’altra riserva nei confronti della terapia con oppiacei per il dolore non oncologico è dovuta alla scarsa conoscenza degli esatti meccanismi dazione degli oppiacei. Lidentificazione di diversi sottotipi di recettori oppioidi ha favorito la comprensione degli effetti nocicettivi, anti-nocicettivi e non-nocicettivi degli oppiacei. Vari sottotipi di recettori hanno ruoli diversi nel mediare gli effetti degli oppiacei: si ritiene che il recettore mu medi lanalgesia, il recettore kappa la disforia e la sedazione, e il recettore delta la disforia. Le differenze individuali che si osservano nelle risposte antalgiche e negli effetti avversi possono essere spiegate da differenze individuali su base genetica dei profili recettoriali, dei circuiti nervosi nocicettivi e delle vie metaboliche. Allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile predire quale sia loppiaceo ottimale per uno specifico paziente e qualora non si ottenga lanalgesia con effetti avversi accettabili è opportuno considerare un oppiaceo alternativo.
La rotazione degli oppiacei.
La rotazione degli oppiacei si è dimostrata efficace nel mantenere lanalgesia e contenere gli effetti avversi in pazienti trattati a lungo termine, anche nella terapia del dolore non oncologico, e questo può essere in parte dovuto alla mediazione di differenti sottotipi recettoriali. La rotazione effettuata in pazienti con adeguato controllo del dolore ma inaccettabili effetti avversi dovrebbe avvenire con limpiego del nuovo farmaco a dosaggi iniziali ridotti al 50-75% della dose equianalgesica raggiunta del farmaco precedente. Nei pazienti con insufficiente controllo del dolore, la dose iniziale sarà solitamente pari al 75-100% della dose equianalgesica del farmaco precedente. Le dosi possono essere determinante mediante lutilizzo di apposite tabelle di equianalgesia, tenendo però conto dellampia variabilità di risposta fra un paziente ed un altro, soprattutto in caso di tolleranza e di terapie molto protratte, e del fatto che le tabelle si riferiscono generalmente agli effetti di singole dosi. In caso di rotazione, occorre pertanto intensificare la verifica del grado di controllo del dolore e degli effetti collaterali ed apportare gli aggiustamenti posologici probabilmente necessari. Poiché molti pazienti necessitano di passare ad un altro farmaco almeno una e anche fino a 3-4 volte fino ad ottenere unanalgesia adeguata con effetti avversi accettabili, è essenziale che siano disponibili molteplici farmaci e si sviluppino nuove opzioni terapeutiche.
Nuovi farmaci e formulazioni.
Una prospettiva auspicabile è lo sviluppo di nuove formulazioni atte a ridurre la tolleranza, il rischio di abuso, la riduzione dellespressione recettoriale (downregulation), gli effetti antianalgesici degli oppiacei ad alto dosaggio (metadone, destrometorfano, naltrexone). Studi su nuove possibili applicazioni per gli oppiacei hanno dimostrato la loro efficacia anche nel dolore neuropatico. Mentre si attende dalla ricerca lo sviluppo di una nuova generazione di analgesici, sono state create nuove formulazioni di oppiacei noti, nuove formulazioni che possono portare vantaggi nella gestione del dolore, come per esempio il fentanyl a rilascio transdermico protratto, adatto per il controllo di stati dolorosi cronici e stabili, oppure il fentanyl a rilascio transdermico elettroforetico controllato dal paziente per la gestione del dolore acuto, oppure il fentanyl citrato ad assorbimento transmucoso orale per il trattamento di dolore episodico intenso (rescue), formulazioni di morfina a rilascio modificato che raggiungono rapidamente il plateau plasmatico e mantengono i livelli di farmaco per 24 ore, lossimorfone a rilascio prolungato per somministrazione orale b.i.d. etc.
Conclusioni dell’autore
Il riconoscimento del dolore come vera e propria condizione patologica da gestire e curare, e non più solo come sintomo, ha determinato profondi cambiamenti nellapproccio terapeutico al dolore, non solo fra i professionisti della salute, ma anche a livello istituzionale. Benché la disponibilità di una gamma più ampia di opzioni farmaceutiche e di tecniche terapeutiche abbiano progressivamente migliorato lefficacia e la tollerabilità del trattamento con oppiacei, il cambiamento nella pratica clinica e nellatteggiamento sociale è ancora lento, e potrà essere favorito da ulteriori sviluppi nella ricerca e dalla formazione dei medici e leducazione dei pazienti.
Commento
Questo articolo, che offre unampia panoramica della letteratura più attuale sulla gestione clinica del dolore non oncologico, corredata da unabbondante raccolta bibliografica, con particolare riguardo ai trial clinici di efficacia terapeutica, ha il pregio di essere indirizzata specificamente ai Medici di Famiglia.
Lintento non è solo è quello di fornire loro un aggiornamento sulle più recenti acquisizioni in materia di terapia del dolore non oncologico con oppiacei e sulle prospettive di ricerca future, ma anche di esaminare nel dettaglio le principali cause di resistenza a questo approccio e gli aspetti che possono determinare il successo o il fallimento della terapia nella pratica clinica ambulatoriale.
Fornendo indicazioni precise, dettagliate e evidence-based sulle procedure di selezione dei pazienti, le modalità di impiego dei farmaci, il monitoraggio dellanalgesia e degli effetti avversi, le interazioni farmacologiche, la variabilità individuale della risposta alla terapia e le sue possibili cause, questa rassegna si propone soprattutto come guida pratica allapproccio al dolore cronico non oncologico in Medicina Generale.