08
GEN
2013
Area Cardiovascolare

[Numero 26 - Articolo 2] Confronto tra pioglitazone e glimepiride sulla progressione dell’aterosclerosi in pazienti con diabete di tipo 2


Titolo originale: Comparison of pioglitazone vs glimepride on progression of coronary atherosclerosis in patients with type 2 diabetes
Autori: Steven E. Nissen, MD; Stephen J. Nicholls, MBBS, PhD; Kathy Wolski, MPH; Richard Nesto, MD; Stuart Kupfer, MD; Alfonso Perez, MD; Horacio Jure, MD; Robert De Larochellière, MD; Cezar S. Staniloae, MD; Kreton Mavromatis, MD; Jacqueline Saw, MD; Bo Hu, PhD; A. Michael Lincoff, MD; E. Murat Tuzcu, MD
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: JAMA 2008; 299: 1561-73
Recensione a cura di: Italo Paolini
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Sintesi
lo studio PERISCOPE (Pioglitazone Effect On Regression Of Intravascular Sonographic Coronary Obstruction Prospective Evaluation ), presentato nell’articolo, mirava alla valutazione comparativa tra due antidiabetici orali, glimepiride e pioglitazone, rispetto ad un parametro (end-point surrogato) che fosse indicativo dell’azione dei due farmaci sulla macroangiopatia diabetica (ostruzione carotidea o coronarica). Il parametro scelto per questa valutazione è stato il PAV (Percent Atheroma Volume) ottenuto mediante una valutazione ultrasonografica intravasale, all’inizio e dopo 18 mesi, delle placche presenti nelle a.coronarie dei soggetti partecipanti. Vi è stata, nei due gruppi di popolazione randomizzati, una riduzione del PAV dello 0,16% con pioglitazone rispetto ad un aumento dello 0,73% con glimepride con una differenza statisticamente significativa (p=0,002).
Premesse
Uno dei principali obiettivi dei farmaci antidiabetici è la riduzione dei livelli glicemici e, tramite questa, la riduzione delle complicanze micro e macroangiopatiche. In particolare non esistono studi in grado di documetare l’effetto favorevole del controllo glicemico sulle complicanze macrovascolari della malattia. Altro elemento di scarsa chiarezza sono le evidenze disponibili circa la scelta dell’uno o dell’altro farmaco ipoglicemizzante. Da queste carenze di conoscenza lo studio si propone

  1. Di confrontare tra loro la GLIMEPIRIDE, appartenente ad una classe di farmaci , le sulfaniluree, con azione di stimolo alla secrezione insulinica (secretagoghi) ed ampiamente usate come ipoglicemizzanti orali, con il PIOGLITAZONE, appartenente, insieme al rosiglitazone, alla più recente classe dei tiazolinedioni (TZDs), con un’azione farmacologica rivolta ad un aumento della sensibilità all’insulina nei tessuti periferici (insulinosensibilizzanti). Il pioglitazione ha mostrato sinora, rispetto all’altro farmaco della classe una maggiore azione sulla riduzione dei livelli di trigliceridi ematici e di aumento del livelli delle lipoproteine ad alta densità (HDL)
  2. Di valutare l’effetto di questi due farmaci sulla aterosclerosi coronarica adottando una metodica di imaging radiologico come la IVUS (Intravascular Ultrasonography ) gia adottata in altri studi e considerata affidabile e ripetibile.
Contesto ed organizzazione dello studio
Lo studio PERISCOPE è un trial randomizzato e controllato, in doppio cieco, multicentrico (nel periodo Agosto 2003-Marzo 2006 sono stati coinvolti 97 ospedali universitari e comunitari del Nord e Sud America), disegnato dal Cleveland Clinic Coordinating Center for Clinical Research in collaborazione con lo sponsor.

La figura 1 illustra il disegno del trial e la distribuzione dei pazientiI partecipanti dovevano avere un età compresa tra 35 e 85 ed un valore di emoglobina glicata compresa tre 6 e 9 (se assumevano farmaci antidiabetici orali) e tra 6,5 e 10 (se non ricevevano alcun farmaco antidiabetico). Tra le caratteristiche dei pazienti vi era la necessità di un esame angiografico delle coronarie con documentazione di almento una stenosi coronarica superiore al 20% ed un “vaso target”, all’esame ultrasonografico intravascolare , con una setnosi inferiore al 50% e di una lunghezza non inferiore a 40 mm. Tra i criteri di esclusione dalla partecipazione al trial vi erano anche:

  • Diabete tipo 1
  • Assunzione di 3 o più farmaci antidiabetici
  • Assunzione di un farmaco della classe TZD nelle 12 settimane precedenti lo studio
  • Un valore di creatinina > di 2 mg/dl • Un livello di trigliceridi ematici > di 500 mg./dl.
  • Pressione arteriosa non controllata (>160/100)
  • Malattie epatiche acute
  • Una stenosi dell’a.coronaria principale sinistra > del 50%.
I pazienti potevano continuare, durante lo studio, tutte le terapie antidiabetiche, compresa l’insulina, ad eccezione di glitazoni, sulfaniluree o altri insulino-secretagoghi. Come si può vedere dalla figura 1, dei 1636 pazienti valutati per lo studio sono stati selezionati, per la randomizzazione nei 2 gruppi, 547 pazienti.

Di questi, 273 pazienti hanno ricevuto glimepride da 1 a 4 mg e 270, pioglitazone da 15 a 45 mg, con la possibilità di arrivare fino alla dose massima tollerata. Come detto la valutazione principale di efficacia è stata effettuata mediante la variazione percentuale del volume dell’ateroma (PAV) rispetto ai valori iniziali. Vi erano anche parametri secondari ( volume totale normalizzato dell’ateroma e valore mediano dello spessore massimo dell’ateroma). L’analisi statistica della covarianza dei parametri esaminati era basata su un modello lineare che includeva come covariate le caratteristiche di base dei soggetti ed i tipi di trattamento. La tabella 1 riporta le caratteristiche demografiche e delle terapie assunte al momento della randomizzazione. I due gruppi risultano abbastanza simili, ma con alcune differenze significative:

  1. I pazienti nel gruppo “glimepiride” presentavano una maggiore correlazione con l’ipertensione arteriosa (pur essendo i valori pressori analoghi nei 2 gruppi di randomizzazione)
  2. I pazienti randomizzati a ricevere pioglitazone presentavano un maggior numero di ex-fumatori rispetto al più alto numero di fumatori nel gruppo che assumeva glimepiride.

Tabella 1

Risultati
Rispetto ai 573 pazienti arruolati, solo il 66% (n.360) ha portato a termine lo studio con la prevista valutazione IVUS basale e di follow-up. 181 pazienti (sul totale di 273) erano nel gruppo “glimepride” e 179 pazienti (sul totale di 270) erano nel gruppo “pioglitazone”. Il dosaggio medio giornaliero di glimepiride era di 2,9 mg, quello del pioglitazone, di 37,4 mg. Un’alta percentuale di pazienti riceveva farmaci concomitanti:

  • più del 80% dei pazienti un farmaco agente sull’asse renina-angiotensina
  • più del 75% un beta-bloccante
  • il 90% circa assumeva asa
  • il 90% circa un farmaco ipolipemizzante

I risultati possono essere così riassunti:

  • una riduzione del PAV dello 0,16% con pioglitazone (CI 95% da -0,57 a 0,25; p=0,002)
  • un aumento dello 0,73% con glimepride (CI 95% da 0,33 a 1,12).
  • L’emoglobina glicata (da un valore iniziale di 7,4% in entrambi i gruppi) si è ridotta di un valore percentuale di 0,55% nel gruppo con pioglitazone e di 0,36% nel gruppo con glimepride (p=0,03)
  • + 5,7 mg/dl di aumento delle HDL (16%) nel gruppo PIOGLITAZONE (95% ;CI 4,4-7,0 mg/dl), rispetto ad un +0,9 mg/dl di aumento (4,1%) nel gruppo GLIMEPIRIDE (95% CI da -0,3 a 2,1 mg/dl)
  • 15,3% di riduzione dei livelli medi di trigliceridi, nel gruppo PIOGLITAZONE rispetto allo 0,6% nel gruppo GLIMEPIRIDE.
  • I livelli medi di glicemia a digiuno hanno subito una riduzione con pioglitazone ed un aumento con glimepride (p<0,001).
  • Maggiore incidenza di ipoglicemia e di edema con GLIMEPIRIDE
  • maggiore frequenza di fratture, aumento di peso (3,6 Kg Vs 1,6 Kg di aumento medio nei due gruppi) e dei livelli di BNP (Brain Natriuretic Peptide) nel gruppo di pazienti che assumeva PIOGLITAZONE.


La tabella 2 riporta in dettaglio le valutazioni nei due gruppi:

Conclusioni ed importanza per il mmg
In questo studio, pioglitazone ha dimostrato, in pazienti con diabete tipo 2, di ridurre significativamente la progressione della placca aterosclerotica coronarica rispetto a glimepiride. La metodica utilizzata , l’IVUS (IntraVascular UltraSound) , è stata impiegata per la prima volta per valutare l’efficacia di un trattamento ipoglicemizzante orale . I risultati ottenuti confermano quelli dello studio CHICAGO ( Mazzone et al., JAMA, 6 dicembre 2006 – vol. 296, n 21) in cui pioglitazone ha dimostrato di ridurre la progressione della CIMT (Carotid artery Intima-Media Thickness), valutando lo spessore dell’intima-media carotidea attraverso ecografia bidimensionale. Secondo gli autori l’effetto positivo sulle lesioni aterosclerotico è attribuibile, prevalentemente agli effetti di aumento del HDL colesterolo, riduzione dei trigliceridi e della PCR ed il controllo della pressione arteriosa, piuttosto che ai modesti effetti sulla glicemia e sul valore medio dell’emoglobina glicata. A sostenere quest’interpretazione l’evidenza che la riduzione dell’emoglobina glicata ed il miglioramento del controllo glicemico non ha condotto, in studi come l’UKPDS e l’ACCORD, a riduzione di incidenza delle complicanze macrovascolari (invariate nell’UKPDS e addirittura aumentate nel braccio di controllo intensivo dell’ACCORD). Rimane però da dimostrare l’efficacia del farmaco su end-out clinici forti (mortalita’ cardiovascolare, IMA ed ictus ad es.). La frequenza di MACE (Major Adverse Cardiovascular Events ) è stata infatti analoga nei due gruppi di trattamento sebbene lo studio non fosse stato disegnato per rilevare differenze di morbidità e mortalità. L’analisi dello studio PERISCOPE ha selezionato pazienti con lesioni aterosclerotiche coronariche di entità non grave (con stenosi inferiore al 50%) e rimangono senza risposta alcune domande rilevanti: qual è la reversibilità realizzabile nelle situazioni di aterosclerosi più avanzata? La variazione volumetrica dell’ateroma corrisponde ad una diversa storia naturale relativa agli esiti clinici? Cosa accadrebbe nel confronto con un altro farmaco insulino-sensibilizzante come la metformina? Altro punto di criticità dello studio, evidenziato dagli stessi autori, oltre che la mancanza di valutazioni su differenze di morbidità e mortalità, è la rilevante percentuale di pazienti usciti dal follow-up (35%).
Lo studio risulta importante per il MMG e chiarisce alcuni aspetti rilevanti nelle scelte terapeutiche del paziente con diabete tipo 2.

Pur con le limitazioni legate alla assenza di evidenze su riduzione di morbidità e mortalità si evidenzia l’effetto favorevole del pioglitazone sul profilo di rischio cardiovascolare del paziente diabetico con effetti anche indipendenti dal risultato sul controllo glicemico.
Superata la limitazione legata alla necessità del piano terapeutico specialistico è fondamentale, per il MMG, migliorare le conoscenze sulle evidenze disponibili la classe dei TZDs e su indicazioni e controindicazioni relative al loro uso.
In questo senso la dimostrazione degli effetti positivi legati ad azioni “non glicemiche” è sicuramente un elemento che può favorire l’impiego di questo farmaco, con la dovuta accortezza nel monitoraggio clinico di segni e sintomi di scompenso cardiaco (controllo del peso e valutazione di un aumento degli edemi declivi) e nella valutazione preventiva del rischio di scompenso cardiaco (frazione di eiezione).
Altro elemento critico è la maggior frequenza di fratture con conseguente prudenza nei soggetti a rischio di osteoporosi o con osteoporosi conclamata. La conoscenza di aspetti positivi e negativi è un elemento indispensabile per realizzare concretamente un’interazione attiva nei confronti del livello specialistico diabetologico e consentire una corretta valutazione congiunta di pro e contro delle scelte terapeutiche fino alla formulazione di un piano terapeutico realmente condiviso tra MMG e specialista. Non esiste condivisione reale senza un equilibrio nelle conoscenze scientifiche, ma è difficile realizzare quest’equilibrio con farmaci gravati, fin quasi alla scadenza di brevetto, di necessità di piano terapeutico specialistico, quasi a certificare una sostanziale asimmetria scientifica. Poiche’ lo stesso percorso è stato scelto per i più recenti farmaci antidiabetici appartenenti alla classe delle cosiddette INCRETINE (Exenatide- sitagliptin) con necessità di piano terapeutico è utile sottolineare la non razionalità di questa scelta che di fatto determina una subalternità culturale di professionisti chiamati a trattare e gestire i grandi numeri dei pazienti diabetici.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 20-mag-08
Articolo originariamente inserito il: 20-mag-08
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