Area Dolore – Cure Palliative [Numero 32 - Articolo 2. Dicembre 2008] Le cure palliative al di là del cancro | ![]() |
E indispensabile, affermano gli Autori, imparare la lezione appresa dal cancro per applicarla al crescente numero di persone che oggi muoiono, spesso in maniera lenta e dolorosa, per altre malattie. Una maggiore comprensione sotto il profilo teorico delle traiettorie del declino in una gamma di patologie croniche e levoluzione di tecnologie a supporto dellassistenza domiciliare, unitamente alle qualità senza tempo del buon medico, che sono la disposizione allascolto, lempatia e la capacità di infondere speranza, fanno sì che oggi disponiamo dei mezzi necessari per fare una reale differenza nella vita di una moltitudine di pazienti e dei loro cari. Cure di fine vita adeguate sono il nocciolo del concetto di società civilizzata e non cè scusante per non dare priorità a questo ambito.
Nel 2005, il cancro era responsabile a livello mondiale di una percentuale relativamente piccola di morti (13%), mentre altre malattie croniche causavano il 47% dei decessi. Per lanno 2030, ci si aspetta un aumento annuale dei decessi dagli attuali 58 milioni a 74 milioni, e della maggior arte di questo incremento saranno responsabili malattie croniche associate a insufficienze dorgano e fragilità somatica e cognitiva. A fronte di questi rapidi cambiamenti demografici, a tuttoggi le cure palliative vengono offerte di norma solo a pazienti con cancro. Per esempio, nei paesi economicamente sviluppati gli hospice garantiscono il 90% delle cure erogate a pazienti oncologici. Inoltre, i bisogni dei pazienti che muoiono di tumore hanno generalmente bisogno di cure per settimane o mesi, mentre coloro che muoiono di insufficienze dorgano o di vecchiaia spesso hanno bisogni non corrisposti che si protraggono per molti mesi o per anni e i grandi ostacoli che impediscono loro di usufruire di cure adeguate sono causa di frustrazione non solo per i pazienti, ma anche per i loro caregiver, sia in ambito familiare che professionale. La spinta ad estendere le cure palliative oltre il cancro è stata finora ostacolata da una concomitanza di fattori: lincertezza prognostica, le difficoltà di finanziamento, la mancanza di palliativisti esperti di malattie non oncologiche, e la disponibilità di prove di efficacia relativamente deboli a sostegno dellappropriatezza dei modelli di cura. Anche se i dati empirici sono ancora scarsi, oggi è stato raggiunto un buon grado di comprensione teorica su quando e come intervenire in un certo numero di malattie. Lincertezza prognostica può effettivamente rendere difficile pensare in prospettiva e programmare le cure. La maggior parte dei pazienti con insufficienza cardiaca muoiono quando avrebbero ancora unaspettativa di vita di sei mesi, e allo stesso modo è praticamente impossibile formulare una prognosi accurata per i pazienti con BPCO. Proprio questa incertezza, spesso frustrante per i clinici, può rappresentare la base per avviare un dibattito sulle cure di fine vita. Il recente lavoro di ricerca è utile nellidentificare quegli eventi clinici e quegli stadi di malattia che suggeriscono lavvio di cure palliative. I pazienti con malattie croniche hanno tre modalità di decorso caratteristiche: un decorso da cancro, con una progressione costante e una fase terminale netta; un decorso da insufficienza dorgano con un declino graduale punteggiato da episodi di deterioramento acuto e in ultimo una morte apparentemente inattesa; un decorso di declino protratto e graduale, tipico della fragilità organica o cognitiva.

La figura rappresenta i tre modelli di declino alla fine della vita per tre diverse condizioni : cancro, insufficienza organica, fragilità fisica e cognitiva.
Gli hospice offrono eccellenti ed accessibili cure per i pazienti con cancro, ma non sono configurati per andare incontro ai bisogni dei pazienti che non sono malati di tumore. Quali dunque gli interventi possibili? Un tipico frangente critico in una traiettoria del tipo insufficienza dorgano, come potrebbe essere lospedalizzazione per insufficienza cardiaca acuta o per riacutizzazione di BPCO, dovrebbe dar luogo ad una valutazione globale e alla pianificazione delle cure per il successivo stadio della malattia. Attualmente si stanno formulando modelli clinici di cura che vengono anche valutati per ladattabilità agli altri due modelli di decorso. Gruppi di medici di famiglia scozzesi, per esempio, stanno documentando un piano di assistenza per ciascun paziente ricoverato in ospedale per BPCO. I medici sono quindi messi sullavviso di cambiare marcia dal classico management della malattia cronica ad un approccio palliativo più personalizzato anche mentre si proseguono le terapie attive. Questi modelli di decorso aiutano dunque a valutare quali iniziative intraprendere per migliorare la qualità della vita evitando trattamenti inutili. Una visione complessiva più strategica di questi modelli potrebbe inoltre sostenere un approccio più equo alle cure palliative da parte dei servizi sanitari pubblici. Garantire cure palliative per tutti sottolinea la necessità di un approccio di cura anticipatorio e personalizzato per ogni paziente con una malattia grave. Supporti tecnici quali dispositivi per monitoraggio e videoconferenze possono sostenere questo proposito, ma di gran lunga più importante sono le competenze cliniche e relazionali del medico- ascolto attivo, rispetto dellautonomia e cure empatiche- che non hanno bisogno di tecnologie evolute. Queste competenze, affermano gli Autori, possono essere implementate ovunque nel mondo a condizione che i servizi sanitari rispettino lesigenza di medici e pazienti di condividere del tempo, idealmente nel contesto di una relazione che consenta la continuità personale delle cure. Favorire una buona morte dovrebbe essere, concludono, riconosciuta come una competenza clinica centrale, fondamentale quanto diagnosi e terapia. La morte dovrebbe essere trattata con appropriatezza, integrando abilità tecniche con un orientamento umanistico ed etico. E inoltre necessaria una ricerca intesa a comprendere quale sia il miglio modo per individuare, valutare e pianificare le cure di tutti quei pazienti malati al punto di poter morire ed è necessaria una formazione che tenga vivi umanità e senso di vocazione del medico. Questa è una sfida gigantesca per modelli di assistenza sanitaria orientati al mercato, ma farà la differenza per i più bisognevoli.
Per vivere bene il tempo che rimane loro, i pazienti con malattie croniche mortali, afferma lAutrice, hanno bisogno di confidare nel fatto che il sistema assicuri loro diagnosi e cure mediche deccellenza, pianificazione, continuità e globalità delle cure, decisioni incentrate sul paziente e sostegno ai caregiver. Gli hospice e i servizi di cure palliative hanno migliorato queste dimensioni di qualità dellassistenza per le persone che muoiono di cancro. Applicare questi principi anche ad altre condizioni potrebbe grandemente migliorare lultima parte della vita di molti, ma è unimpresa che comporta grandi sfide. Le cure di fine vita per gli anziani avranno lunga durata: attualmente uno stato di disabilità tale da rendere necessario un aiuto quotidiano dura in media oltre due anni prima della morte. I pazienti con patologie croniche non maligne sono in media più anziani e più fragili di quelli con cancro (e altrettanto vale generalmente anche per i loro familiari). I trasferimenti fra ospedali, istituti di cura e abitazione spesso ingenerano confusione mentale, depressione, cadute, errori terapeutici, piaghe da decubito, oltre ai comuni problemi di sofferenza e senso di perdita legati al ricovero. Elementi spesso poco familiari agli hospice- quali programmi si assicurazione sociale per i meno abbienti, attrezzature per le cure a lungo termine, mezzi di trasporto per disabili- dovranno necessariamente entrare a far parte delle cure. Garantire servizi affidabili per ogni persona nellultima fase della vita richiederà un miglioramento sistematico della qualità e politiche sanitarie innovative incentrate sui tre modelli di decorso. Saranno necessari obiettivi chiari, team adeguati e procedure di monitoraggio. Il miglioramento locale della qualità ha già riportato successi nel correggere aspetti carenti delle cure ordinarie, quali prevenzione e trattamento del dolore (per esempio, mediante accessi domiciliari programmati), pianificazione degli interventi di cura (per esempio, decisioni in anticipo sulla rianimazione), prevenzione e cura delle ulcere da decubito. I progetti di miglioramento della qualità possono ridurre leccesso di cure a fine vita, migliorare le capacità prognostiche e le competenze di counselling mediante un feed-back automatico ai medici e implementare laffidabilità condivisa e il coordinamento delle terapie farmacologiche tra differenti contesti di cura. Leccellenza sostenibile deve essere supportata da politiche sociali. I medici che prestano le loro cure in assetti affidabili devono avere di che vivere, sottolinea lAutrice. Possenti interessi economici e forze sociali oggi invece spingono verso uneccessiva delega delle cure ai pazienti e ai loro familiari, con scarse prospettive di successo, ed è compito anche dei cittadini esigere politiche sanitarie più adeguate ed unallocazione delle risorse che premi la continuità e la globalità delle cure primarie e garantisca pensioni adeguate per i familiari che svolgono funzione di caregiver. Tali riforme saranno più efficienti se saranno indirizzate a orientare leleggibilità dei pazienti e i modelli assistenziali ai tre modelli dominanti dellultima fase sella vita: se le cure palliative domiciliari e gli hospice restassero disponibili solo per coloro che sono destinati a morire in un modo prevedibile e in un breve arco di tempo, la maggior parte delle persone non ne potrebbero beneficiare, perché il momento del decesso nei pazienti non oncologici è incerto fino a poco prima della fine. Un breve periodo di assistenza in hospice, che incontra i bisogni della maggior parte dei malati di cancro, è una risposta inadeguata per le esigenze di malati con insufficienza cardiaca o polmonare, che si gioverebbero invece di un periodo molto più lungo di supporto per lautogestione, associato a una pronta risposta domiciliare in momenti di crisi. Per contro, per i bisogni dei pazienti con demenza o fragilità la risposta più adeguata sarebbe il sostegno ai caregiver e ai familiari. Sistemi di erogazione delle cure disegnati sulle esigenze che di norma hanno questi gruppi di pazienti metterebbero i medici nelle condizioni di attuare piani di cura personalizzati secondo le preferenze individuali dei pazienti e dei loro familiari. La combinazione di innovazioni specifiche derivate da metodiche di miglioramento della qualità dellassistenza, lincoraggiamento- sia in termini di rimunerazione, sia di politiche normative- e servizi disegnati sui differenti gruppi di pazienti costituirebbero un possente indirizzo di riforma. Ogni team di sanitari che affronta le cure di fine vita può adattare il proprio sistema ai bisogni dei pazienti, per esempio aiutando i malati e loro familiari a fai una visone realistica della condizione del paziente, evitando di generare false speranze con improbabili progetti di cura, ma piuttosto negoziando obiettivi, strategie e tempi dellassistenza. Linvecchiamento della popolazione aumenterà grandemente il numero di persone anziane malate e morenti, mentre la tendenza dei nuclei familiari a diventare più piccoli e le minori garanzie economiche per il pensionamento ridurranno il numero dei familiari disponibili per assisterle. Sarà compito sai degli pubblici amministratori sia dei medici dare supporto ai caregiver per evitare una crisi imminente. I team sanitari preposti allassistenza dei pazienti nellultimo periodo di vita vita devono dimostrarsi altamente competenti nella diagnosi e nel trattamento. I medici devono essere per esempio in grado di promettere, conclude lAutrice, di prevenire dolore e dispnea in prossimità della morte. Se le cure palliative specialistiche sono cosa assodata in molti paesi, le competenze nelle cure palliative fra quei professionisti che curano la maggior parte delle persone- team di cure domiciliari, infermieri per lassistenza a lungo termine, medici di medicina primaria e specialisti restano ancora molto indietro.
Rilevanza per la Medicina di famiglia e commento del revisore
Lampliamento del concetto di cure di fine vita, non più rivolte solo a malati di cancro con un decorso finale relativamente breve e prevedibile, ma a pazienti con aspettative di vita meno prevedibili e bisogni di assistenza più variegati, comporta inevitabilmente linvestimento della medicina primaria. I medici di famiglia, che più di ogni altra figura sanitaria hanno in carico i loro pazienti per tutto larco della vita, saranno responsabili di pianificare, ed in larga misura erogare, le cure in funzione delle diverse malattie croniche che porteranno alla morte e dei diversi percorsi di fine vita. Il necessario superamento del concetto di disease management a favore di una cultura dellaccompagnamento comporterà inevitabilmente per i medici di famiglia un non solo un accresciuto onere professionale ma anche considerevoli sforzi formativi ed organizzativi. Sarebbe auspicabile che la chiamata ad un simile mutamento di approccio venisse accolta al pari dellappello a politiche sanitarie adeguate a sostenere questo impegno.