08
GEN
2013
Area Cardiovascolare

[Numero 32 - Articolo 4. Dicembre 2008] Adiposità generale e addominale e rischio di morte in Europa


Titolo originale: General and Abdominal Adiposity and Risk of Death in Europe
Autori: T. Pischon, H. Boeing, K. Hoffmann
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: : N Engl J Med 2008;359:2105-20
Recensione a cura di: Bruno Glaviano
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Sintesi
È importante valutare la distribuzione del grasso corporeo anche nei soggetti normopeso; i valori limite di circonferenza addominale (102 cm nell’uomo e 88 nella donna) appaiono poco utili, se usati per predire il rischio di morte, in quanto la relazione tra questo parametro ed il rischio è lineare. Una circonferenza addominale superiore di 5cm aumenta il rischio di morte del 17% negli uomini e del 13% nelle donne; mentre un incremento del rapporto vita-fianchi di 0,1 aumenta il rischio del 34% negli uomini, e del 24% nelle donne. L’associazione della circonferenza addominale e del rapporto vita-fianchi con il rischio di morte è tendenzialmente più forte nei soggetti con BMI inferiore a 25, rispetto a quelli con BMI superiore. E’ importante misurare la circonferenza addominale o il rapporto vita-fianchi in aggiunta al BMI, soprattutto nei soggetti con BMI basso Lo studio
L’obesità addominale è associata al rischio di numerose malattie croniche più strettamente rispetto a quella gluteo-femorale, e studi su larga scala hanno suggerito che la circonferenza della vita, o il rapporto vita-fianchi, possono essere migliori predittori di rischio di malattia, rispetto all’indice di massa corporea (BMI), un indicatore generico di adiposità. Le linee guida attuali (A) sull’obesità indicano la misurazione della circonferenza addominale nei soggetti con BMI compreso tra 25 e 34,9, proponendo come valori limite 102 cm nell’uomo e 88 nella donna, e valori limite di rapporto vita-fianchi di 1 nell’uomo e 0,85 nella donna, per definire l’obesità addominale e individuare i soggetti a rischio. Meno informazioni sono disponibili sull’associazione di questi valori con il rischio di morte. La maggior parte degli studi ha mostrato che l’adiposità addominale è un importante predittore di rischio di morte, ma pochi sono stati condotti in Europa. Inoltre, studi su larga scala condotti negli USA e in Corea non consideravano la circonferenza addominale o il rapporto vita-fianchi, o si basavano su valori riferiti e non misurati direttamente. Gli autori di questo lavoro hanno quindi utilizzato i dati dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), uno studio di coorte su larga scala. Questo studio comprende 519.978 soggetti dei due sessi, di età compresa tra 25 e 70 anni all’arruolamento (tra il 1992 e il 2000), reclutati prevalentemente nella popolazione generale in 23 centri di 10 nazioni europee: Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Norvegia, Regno Unito, Spagna e Svezia. La valutazione finale comprende 359.387 soggetti, dopo avere escluso tutti quelli con dati insufficienti allo scopo (ad esempio, mancanza di peso e altezza misurati direttamente), i soggetti che hanno abbandonato lo studio, e quelli che già in partenza erano affetti da cancro, malattie cardiache o ictus.
I soggetti sono stati seguiti monitorando la stato di salute e le cause di morte, attraverso i registri dei tumori e le denunce di morte, o con controllo attivo (lettere o telefonate ai partecipanti, oppure a medici, ospedali o istituzioni pubbliche). L’associazione tra le variabili antropometriche e il rischio di morte è stata analizzata con un modello di regressione che utilizza l’età come variabile temporale, dividendo la coorte in categorie di BMI che rispecchiano anche le attuali definizioni di sottopeso (minore di 18,5), peso normale tra 18,5 e 25, sovrappeso da 25 a 30, e obesità maggiore di 30. I gruppi sono stati anche divisi in quintili, per sesso e in rapporto ai valori di circonferenza addominale e rapporto vita- fianchi, valutando la tendenza dei rischi relativi sulla mediana di ogni quintile. Tutti i modelli sono stati stratificati per età al reclutamento e centro di arruolamento. I dati sono stati ulteriormente aggiustati per abitudine al fumo, scolarità, consumo di alcol, attività fisica e età.

I risultati
Nel periodo di osservazione, durato in media 9,7 anni, sono morti 14.723 dei 359.387 soggetti arruolati: 5.429 per neoplasie, 3.443 per cause circolatorie, 637 per malattie respiratorie, 2.209 per altre cause e 3.005 per cause non specificate. L’età media all’arruolamento era di 51,5 anni, il 65,4% dei partecipanti erano di sesso femminile. I soggetti con valori di BMI superiori erano più anziani, meno spesso erano fumatori attivi, e avevano scolarità inferiore. Il consumo di alcol era direttamente correlato al BMI nei maschi, inversamente nelle donne. È stata osservata un’associazione significativa non lineare tra BMI e rischio di morte, con il rischio minore corrispondente a 25,3 nei maschi e 24,3 nelle femmine, e rischi maggiori sia nelle categorie inferiori, che in quelle superiori. Queste associazioni sono più forti, di poco ma significativamente, negli uomini. Anche la circonferenza addominale e il rapporto vita-fianchi, quando non aggiustati per il BMI, erano associati significativamente al rischio di morte, con una distribuzione simile a quella del solo BMI.

 

Dopo ulteriore aggiustamento per il BMI, la circonferenza addominale e il rapporto vita-fianchi mostrano invece una forte associazione positiva con il rischio di morte. Per un determinato valore di BMI, una circonferenza addominale superiore di 5cm aumenta il rischio di morte del 17% negli uomini e del 13% nelle donne; mentre un incremento del rapporto vita-fianchi di 0,1 aumenta il rischio del 34% negli uomini, e del 24% nelle donne (differenza significativa).



La circonferenza dei fianchi non era significativamente associata al rischio di morte dopo aggiustamento per il BMI. L’associazione della circonferenza addominale e del rapporto vita-fianchi con il rischio di morte era tendenzialmente più forte nei soggetti con BMI inferiore, rispetto a quelli con BMI superiore. Il rischio relativo maggiore di morte era riscontrato nei soggetti posizionati nel terzo inferiore di BMI e nel quintile superiore di circonferenza addominale o di rapporto vita-fianchi. Nei soggetti di peso normale il rischio relativo nel quintile di circonferenza addominale superiore, rispetto a quello inferiore, era del 106% nei maschi e del 79% nelle donne, e rispettivamente del 79% e 53% considerando il rapporto vita-fianchi.

 

Analisi di sottogruppi
Il rischio relativo di morte associato a valori superiori di BMI era maggiore nei soggetti che non avevano mai fumato, mentre per i valori inferiori di BMI era superiore nei fumatori e negli ex-fumatori. Tra i soggetti che non avevano mai fumato, il rischio di morte era inferiore per un BMI di 24,5 nei maschi e 23,9 nelle femmine. L’associazione tra la circonferenza addominale o il rapporto vita-fianchi e il rischio di morte era tendenzialmente più forte nei fumatori rispetto a chi non aveva mai fumato.
L’associazione tra BMI elevato e aumentato rischio di morte era più forte nei soggetti più giovani. I rischi relativi associati ai valori superiori di BMI erano maggiori per le cause di morte circolatorie, seguite dalle altre cause e dai tumori, mentre i rischi relativi associati ai valori superiori di circonferenza addominale o rapporto vita-fianchi erano più forti per le cause respiratorie di morte. È stata osservata una eterogeneità significativa tra i diversi centri, nei soggetti di sesso maschile, per l’associazione di BMI e circonferenza addominale con il rischio di morte. Questa era dovuta sopratutto ai dati provenienti dalla Grecia, nei quali le associazioni erano più deboli rispetto alla coorte nel suo complesso. Escludendo questi dati, il test per l’eterogeneità non era più significativo, ma la stima generale di rischio relativo non cambiava sostanzialmente. Anche aggiungendo i dati dei partecipanti che erano stati esclusi perché le misure antropometriche erano riferite, i rischi relativi complessivi non cambiavano apprezzabilmente.

Implicazioni per la medicina generale
Gli studi precedenti si sono basati sopratutto sul BMI (indice di massa corporea, calcolato come peso in chilogrammi diviso per il quadrato dell’altezza in metri) per valutare l’associazione tra obesità e rischio di morte, ma pochi hanno indagato quale fosse il contributo della distribuzione dell’adiposità. I risultati dello studio suggeriscono che sia l’obesità generale, che quella addominale, sono associati al rischio di morte. Sostengono quindi l’importanza di misurare la circonferenza addominale o il rapporto vita-fianchi in aggiunta al BMI, sopratutto nei soggetti con BMI basso, per valutare questo rischio. È importante valutare la distribuzione del grasso corporeo anche nei soggetti normopeso, mentre i valori limite di circonferenza addominale (102 cm nell’uomo e 88 nella donna) per definire l’obesità addominale sono posti in discussione, almeno se usati per predire il rischio di morte.

Limiti dello studio
Anche se i soggetti con anamnesi positiva per cancro, malattie cardiache o ictus erano stati esclusi, nell’analisi potrebbero essere stati inclusi soggetti con altre patologie gravi, che potrebbero avere confuso le associazioni osservate, ma gli autori considerano che i soggetti arruolati con gravi malattie dovrebbero essere pochi, perché difficilmente accetterebbero di partecipare a uno studio a lungo termine. L’associazione dell’obesità con il rischio di morte potrebbe variare in un periodo di osservazione più lungo, ma in ogni caso probabilmente sarebbe più forte. L’eterogeneità osservata tra i centri non è chiara e potrebbe dipendere da differenze nelle misure antropometriche, da differenze biologiche tra le diverse popolazioni, o da semplice casualità, ma come già detto, non ha alterato sostanzialmente le stime dell’intera coorte di studio. L’uso della mortalità generale e di ampie categorie per le cause di morte potrebbe limitare l’interpretazione delle cause delle associazioni, ma lo studio è stato disegnato per vedere se la riduzione della prevalenza di obesità può influenzare la mortalità della popolazione. L’accuratezza delle diagnosi di morte dai certificati di morte è elevata per le cause tumorali e circolatorie, ma potrebbe essere inferiore per le malattie respiratorie, quindi eventuali analisi rispetto alle diverse cause di morte dovrebbero essere interpretate con cautela. Infine, gli autori dichiarano che anche se hanno aggiustato le loro analisi per diverse variabili, la natura osservazionale dello studio non consente di escludere con certezza fattori di confondimento residui.

Considerazioni del revisore
Lo studio è condotto su un ampio campione di popolazione europea, e dovrebbe quindi essere rappresentativo della popolazione generale dei nostri assistiti. Questo può anche spiegare le discordanze con le ultime linee guida sull’obesità, che risalgono al 1998 e derivano da studi condotti su popolazioni diverse, e con metodi diversi. In particolare, l’importanza della misurazione dell’indice di massa corporea o BMI è limitata alla classificazione dell’obesità, mentre per valutare il rischio globale di morte è necessario associare la misura della circonferenza addominale. Anche a proposito di quest’ultima, i valori limite di 102cm nei maschi e 88cm nelle donne non hanno più valore, dal momento che l’incremento del rischio è lineare e lo studio non ha individuato valori limite clinicamente utili, o cut-off. Infine, la misurazione della circonferenza addominale è necessaria in tutti i soggetti, non solo in quelli con BMI elevato (oltre 25). I risultati osservati non sono variati sostanzialmente anche dopo che sono stati aggiunti i valori antropometrici riferiti, oltre a quelli misurati direttamente come previsto dal protocollo dello studio; questo è dovuto probabilmente all’ampio numero di soggetti esaminati, e alla buona qualità in generale dei dati utilizzati, ma non deve sicuramente incoraggiare una raccolta approssimativa dei dati. Qualche dubbio resta comunque sulla “curva a J” osservata con i dati non aggiustati, in quanto non è immediatamente comprensibile come il rischio di morte sia uguale in un soggetto normopeso, con BMI di 22, e in uno obeso, e che il rischio sia minore nei soggetti al limite del sovrappeso. Sicuramente un ruolo spetta al fumo, in quanto gli autori riferiscono che i fumatori sottopeso hanno un rischio elevato rispetto ai non fumatori, ma d’altra parte soggetti con patologie gravi (cancro, malattie cardiache o ictus) quindi potenzialmente sottopeso, erano stati esclusi dall’arruolamento. La percentuale di soggetti fumatori non è riportata nel lavoro. Le relazioni tra peso e rischio di morte sono varie e complesse, gli autori ad esempio citano: la tendenza all’obesità centrale dei fumatori; la presenza di malattie croniche non diagnosticate negli anziani, collegate quindi a basso BMI e alto rischio di morte; l’obesità come rischio di morte superiore nei maschio giovani rispetto agli anziani, ma non nelle donne; la secrezione di potenti mediatori dello sviluppo di malattie croniche da parte dei depositi viscerali di grasso, che potrebbe spiegare il rischio inferiore nelle donne; il possibile aumento di rischio nei soggetti con basso BMI causato da perdita della massa muscolare; l’aumento di rischio di morte per malattie respiratorie osservato nei soggetti con BMI basso, in contrasto quindi con l’ipotesi del meccanismo infiammatorio cronico causato dal grasso viscerale. A fronte di questi complessi meccanismi, tutt’ora da indagare, resta la semplicità delle misure richieste, che ogni medico deve eseguire, anche per valutare il rischio globale del paziente. Tra l’altro lo studio indica come valore più significativo quello della circonferenza addominale, più semplice da rilevare rispetto al rapporto vita-fianchi, e già previsto nelle cartelle cliniche informatizzate avanzate come Mille Win.

 

(A) Executive Summary of the Clinical Guidelines
on the Identification, Evaluation, and
Treatment of Overweight and Obesity in Adults
. ARCH INTERN MED/ VOL 158, SEP 28, 1998
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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 04-set-09
Articolo originariamente inserito il: 18-dic-08
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