Area Cardiovascolare [Numero 45 - Articolo 1. Maggio 2010] Metanalisi: terapia dello scompenso cardiaco guidata dai valori di peptide natriuretico tipo B (BNP). | ![]() |
Titolo originale: B-Type Natriuretic Peptide–Guided Heart Failure Therapy. A Meta-analysis.
Autori: Pramote Porapakkham, Pornwalee Porapakkham, Hendrik Zimmet, Baki Billah, Henry Krum
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Arch Intern Med. 2010;170(6):507-514.
Recensione a cura di: Bruno Glaviano
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Lo studio
Lo scompenso cardiaco è un delle cause principali di morte e di ricoveri, anche ripetuti, in tutto il mondo. Nonostante i progressi della terapia, che comprende l’uso di farmaci, dispositivi impiantabili e trapianto, la morbilità e la mortalità restano elevate. Un contributo a questo insuccesso potrebbe derivare dall’uso inadeguato dei farmaci per lo scompenso, tra cui gli ACE-inibitori, i sartani, i betabloccanti e lo spironolattone, tutti dimostratisi efficaci e raccomandati dalle linee guida internazionali. Il peptide natriuretico tipo B (BNP) è un neurormone, secreto principalmente dai ventricoli cardiaci, in risposta al carico di volume intracardiaco, controregolando gli effetti dell’angiotensina II, della norepinefrina e dell’endotelina, con effetti vasodilatatori e diuretici. Il precursore del BNP è il pro-BNP, accumulato nei miociti in granuli secretori, che viene scisso da una proteasi in BNP (con emivita di 15-20 minuti) e pro-BNP N-terminale (NT-pro-BNP), che ha emivita superiore, di 60-120 minuti. Le concentrazioni plasmatiche di entrambi i derivati sono utili nella diagnosi dello scompenso acuto, inoltre possono essere impiegati come indicatori prognostici predittivi della mortalità degli eventi clinici nei pazienti con scompenso cronico: i livelli inferiori sono predittivi di ridotta probabilità di eventi cardiovascolari maggiori in futuro. Le concentrazioni plasmatiche di BNP possono essere ridotte notevolmente, nello scompenso acuto, con dosaggi aggressivi di ACE-inibitori, sartani e antialdosteronici, e dopo terapia a lungo termine con betabloccanti (a volte dopo temporaneo innalzamento nel breve termine). La titolazione degli ACE-inibitori e dei betabloccanti dopo terapia intensiva, con ulteriore riduzione dei livelli di BNP, può riflettere un rimodellamento ventricolare inverso, quindi la riduzione dei valori di BNP, con farmaci per la terapia dello scompenso di provata efficacia, può rappresentare un obbiettivo terapeutico: la terapia guidata da BNP. Questa ipotesi è stata indagata da numerosi studi prospettici randomizzati controllati, ma al momento i benefici terapeutici di questa strategia restano incerti, anche perché in generale i singoli studi sono dotati di scarsa potenza statistica per valutare gli effetti sugli eventi cardiovascolari maggiori e sulla mortalità, i motivi per cui la terapia guidata da BNP può influenzare questi obbiettivi, e una certa variabilità dei risultati. Lo scopo di questo lavoro è quindi di valutare i potenziali benefici clinici della terapia dello scompenso cardiaco cronico guidata dai valori di BNP, con una metanalisi di studi randomizzati e controllati, che confrontano la terapia guidata da BNP con il trattamento clinico consueto. Sono quindi stati esaminati gli studi prospettici su pazienti non ricoverati con storia di scompenso cardiaco, con più di 20 pazienti, valutando la mortalità per tutte le cause, i ricoveri per tutte le cause, la sopravvivenza senza ricovero, la mortalità nei pazienti con meno o più di 75 anni, il numero di giorni di sopravvivenza non ricoverati, la percentuale supplementare di pazienti con prescrizione di dosi aggiustate di diuretici, aldactone, betabloccanti, ACE-inibitori o sartani, e se le dosi ottimali di ACE-inibitori e betabloccanti erano state raggiunte durante lo studio. Non è stato possibile valutare i ricoveri per scompenso, per differenze tra gli studi.
Risultati
I criteri specificati per la metanalisi sono stati soddisfatti da 8 studi, con un totale di 1.726 pazienti. Gli studi comprendevano un numero di pazienti compreso tra 41 e 499, con un periodo di osservazione variabile tra 3 e 24 mesi (in media 17), erano eseguiti su soggetti di classe NYHA III o superiore, con frazione di eiezione inferiore al 50%, di età compresa tra 18 e 85 anni, per la maggior parte di sesso maschile. Due studi utilizzavano il dosaggio di BNP (con obbiettivo di valori inferiori a 100 pg/ml), quattro lavori di NT-pro-BNP (obbiettivo: valori inferiori a 1.300 o 1.700 pg/ml, oppure <400 nei soggetti di età inferiore a 75 anni, e <800 in quelli più anziani). Due studi presentavano dati suddivisi per età, inferiore o superiore a 75 anni. Il rischio di mortalità per tutte le cause era significativamente inferiore nei gruppi trattati in base ai valori di BNP, con RR 0,76. Anche se quasi la metà di questo effetto deriva da un singolo lavoro, questo risultato era omogeneo tra i diversi studi, senza distorsioni da pubblicazione. Nei due studi con i dati suddivisi per età, nei soggetti di età inferiore a 75 anni, la mortalità per tutte le cause era significativamente inferiore, con RR 0,52, rispetto ai pazienti assegnati alla terapia consueta, mentre nei soggetti più anziani non era significativamente diversa tra i due gruppi. Non si sono documentate differenze significative nei ricoveri per tutte le cause, e nel periodo di sopravvivenza senza ricovero. I pazienti assegnati alla terapia guidata da BNP avevano più aggiustamenti terapeutici rispetto agli altri: 75% rispetto a 58% per quelli trattati con diuretici, 13,4-8,2 %con aldactone, 49,6-30,9% con ACE-inibitori o sartani, e 51,1-41,6% con betabloccanti. I pazienti che ricevevano le dosi ottimali di ACE-inibitori e betabloccanti erano circa il doppio nel gruppo guidato dai valori di BNP rispetto a quelli assegnati al consueto trattamento clinico (21-22% contro 11,7-12,5%, rispettivamente). La metanalisi non ha potuto valutare le variazioni di classe funzionale e di frazione di eiezione: due studi hanno dimostrato miglioramento di classe funzionale in entrambi i gruppi. Un significativo miglioramento della qualità di vita, soprattutto nei primi 12 mesi, in entrambi i gruppi è stato rilevato in uno studio, mentre un altro lavoro ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo della qualità di vita nel gruppo trattato in base ai valori di BNP; infine due studi hanno documentato un miglioramento significativo della frazione di eiezione ventricolare in entrambi i gruppi.
Implicazioni per la Medicina Generale
La terapia dello scompenso cardiaco cronico, basata sulla riduzione dei valori di BNP nei pazienti non ricoverati, può ridurre la mortalità per tutte le cause, soprattutto in quelli di età inferiore a 75 anni, così come può prolungare il periodo di sopravvivenza, senza ricovero. Altri benefici consistono nel miglioramento della qualità di vita. Questa strategia terapeutica implica l’aumento di prescrizione di farmaci efficaci per la terapia dello scompenso: ACE-inibitori, betabloccanti e spironolattone. Solo il 10% dei pazienti attualmente ricevono una terapia ottimale, questa percentuale può raddoppiare con al terapia BNP-guidata. Negli studi esaminati, i valori obbiettivo di BNP sono piuttosto variabili, ad esempio <100, o inferiori almeno del 10% della prima misurazione. Altre revisioni cliniche, come quella di Braunwald riferita nell’ultimo paragrafo di questa presentazione, confermano che i risultati migliori si hanno con l’obbiettivo di valori di BNP inferiori a 100 pg/ml. Per quanto riguarda l’obbiettivo dei valori di NT-pro-BNP, anche questi variano da inferiori a 1.300 o 1.700 pg/ml, oppure <400 nei soggetti di età inferiore a 75 anni, e <800 in quelli più anziani
Limiti dello studio
La principale limitazione di questo lavoro è che non è stato possibile meta-analizzare alcuni obbiettivi clinici particolarmente importanti, come l’influenza sui ricoveri per scompenso cardiaco, dove teoricamente la terapia BNP-guidata dovrebbe avere un impatto positivo.
Commento del revisore
L’interesse clinico dei valori di BNP è sempre più attuale, con evoluzione nel tempo da indicatore aggiuntivo di rischio cardiovascolare, a importante strumento di diagnosi dello scompenso cardiaco, e infine di guida alla terapia. Al momento si può concludere che la terapia aggressiva dello scompenso cardiaco cronico, come suggerita dalle attuali linee guida, è efficace, ma poco seguita, prescritta solo al 10% circa dei pazienti esaminati in questi lavori. Questa percentuale può raddoppiare, con evidenti benefici per i pazienti, se tra gli obbiettivi viene posta anche la marcata e stabile diminuzione dei valori di BNP o NT-pro-BNP. I benefici consistono nella diminuzione della mortalità per tutte le cause, e nel miglioramento della qualità di vita. Studi futuri dovranno comprendere un maggior numero di pazienti, con attenta corrispondenza di sesso, età e altre importanti variabili cliniche, con valutazione prospettica dei principali obbiettivi clinici, tra cui l’impatto sui ricoveri.
Lo scompenso cardiaco è un delle cause principali di morte e di ricoveri, anche ripetuti, in tutto il mondo. Nonostante i progressi della terapia, che comprende l’uso di farmaci, dispositivi impiantabili e trapianto, la morbilità e la mortalità restano elevate. Un contributo a questo insuccesso potrebbe derivare dall’uso inadeguato dei farmaci per lo scompenso, tra cui gli ACE-inibitori, i sartani, i betabloccanti e lo spironolattone, tutti dimostratisi efficaci e raccomandati dalle linee guida internazionali. Il peptide natriuretico tipo B (BNP) è un neurormone, secreto principalmente dai ventricoli cardiaci, in risposta al carico di volume intracardiaco, controregolando gli effetti dell’angiotensina II, della norepinefrina e dell’endotelina, con effetti vasodilatatori e diuretici. Il precursore del BNP è il pro-BNP, accumulato nei miociti in granuli secretori, che viene scisso da una proteasi in BNP (con emivita di 15-20 minuti) e pro-BNP N-terminale (NT-pro-BNP), che ha emivita superiore, di 60-120 minuti. Le concentrazioni plasmatiche di entrambi i derivati sono utili nella diagnosi dello scompenso acuto, inoltre possono essere impiegati come indicatori prognostici predittivi della mortalità degli eventi clinici nei pazienti con scompenso cronico: i livelli inferiori sono predittivi di ridotta probabilità di eventi cardiovascolari maggiori in futuro. Le concentrazioni plasmatiche di BNP possono essere ridotte notevolmente, nello scompenso acuto, con dosaggi aggressivi di ACE-inibitori, sartani e antialdosteronici, e dopo terapia a lungo termine con betabloccanti (a volte dopo temporaneo innalzamento nel breve termine). La titolazione degli ACE-inibitori e dei betabloccanti dopo terapia intensiva, con ulteriore riduzione dei livelli di BNP, può riflettere un rimodellamento ventricolare inverso, quindi la riduzione dei valori di BNP, con farmaci per la terapia dello scompenso di provata efficacia, può rappresentare un obbiettivo terapeutico: la terapia guidata da BNP. Questa ipotesi è stata indagata da numerosi studi prospettici randomizzati controllati, ma al momento i benefici terapeutici di questa strategia restano incerti, anche perché in generale i singoli studi sono dotati di scarsa potenza statistica per valutare gli effetti sugli eventi cardiovascolari maggiori e sulla mortalità, i motivi per cui la terapia guidata da BNP può influenzare questi obbiettivi, e una certa variabilità dei risultati. Lo scopo di questo lavoro è quindi di valutare i potenziali benefici clinici della terapia dello scompenso cardiaco cronico guidata dai valori di BNP, con una metanalisi di studi randomizzati e controllati, che confrontano la terapia guidata da BNP con il trattamento clinico consueto. Sono quindi stati esaminati gli studi prospettici su pazienti non ricoverati con storia di scompenso cardiaco, con più di 20 pazienti, valutando la mortalità per tutte le cause, i ricoveri per tutte le cause, la sopravvivenza senza ricovero, la mortalità nei pazienti con meno o più di 75 anni, il numero di giorni di sopravvivenza non ricoverati, la percentuale supplementare di pazienti con prescrizione di dosi aggiustate di diuretici, aldactone, betabloccanti, ACE-inibitori o sartani, e se le dosi ottimali di ACE-inibitori e betabloccanti erano state raggiunte durante lo studio. Non è stato possibile valutare i ricoveri per scompenso, per differenze tra gli studi.
I criteri specificati per la metanalisi sono stati soddisfatti da 8 studi, con un totale di 1.726 pazienti. Gli studi comprendevano un numero di pazienti compreso tra 41 e 499, con un periodo di osservazione variabile tra 3 e 24 mesi (in media 17), erano eseguiti su soggetti di classe NYHA III o superiore, con frazione di eiezione inferiore al 50%, di età compresa tra 18 e 85 anni, per la maggior parte di sesso maschile. Due studi utilizzavano il dosaggio di BNP (con obbiettivo di valori inferiori a 100 pg/ml), quattro lavori di NT-pro-BNP (obbiettivo: valori inferiori a 1.300 o 1.700 pg/ml, oppure <400 nei soggetti di età inferiore a 75 anni, e <800 in quelli più anziani). Due studi presentavano dati suddivisi per età, inferiore o superiore a 75 anni. Il rischio di mortalità per tutte le cause era significativamente inferiore nei gruppi trattati in base ai valori di BNP, con RR 0,76. Anche se quasi la metà di questo effetto deriva da un singolo lavoro, questo risultato era omogeneo tra i diversi studi, senza distorsioni da pubblicazione. Nei due studi con i dati suddivisi per età, nei soggetti di età inferiore a 75 anni, la mortalità per tutte le cause era significativamente inferiore, con RR 0,52, rispetto ai pazienti assegnati alla terapia consueta, mentre nei soggetti più anziani non era significativamente diversa tra i due gruppi. Non si sono documentate differenze significative nei ricoveri per tutte le cause, e nel periodo di sopravvivenza senza ricovero. I pazienti assegnati alla terapia guidata da BNP avevano più aggiustamenti terapeutici rispetto agli altri: 75% rispetto a 58% per quelli trattati con diuretici, 13,4-8,2 %con aldactone, 49,6-30,9% con ACE-inibitori o sartani, e 51,1-41,6% con betabloccanti. I pazienti che ricevevano le dosi ottimali di ACE-inibitori e betabloccanti erano circa il doppio nel gruppo guidato dai valori di BNP rispetto a quelli assegnati al consueto trattamento clinico (21-22% contro 11,7-12,5%, rispettivamente). La metanalisi non ha potuto valutare le variazioni di classe funzionale e di frazione di eiezione: due studi hanno dimostrato miglioramento di classe funzionale in entrambi i gruppi. Un significativo miglioramento della qualità di vita, soprattutto nei primi 12 mesi, in entrambi i gruppi è stato rilevato in uno studio, mentre un altro lavoro ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo della qualità di vita nel gruppo trattato in base ai valori di BNP; infine due studi hanno documentato un miglioramento significativo della frazione di eiezione ventricolare in entrambi i gruppi.
La terapia dello scompenso cardiaco cronico, basata sulla riduzione dei valori di BNP nei pazienti non ricoverati, può ridurre la mortalità per tutte le cause, soprattutto in quelli di età inferiore a 75 anni, così come può prolungare il periodo di sopravvivenza, senza ricovero. Altri benefici consistono nel miglioramento della qualità di vita. Questa strategia terapeutica implica l’aumento di prescrizione di farmaci efficaci per la terapia dello scompenso: ACE-inibitori, betabloccanti e spironolattone. Solo il 10% dei pazienti attualmente ricevono una terapia ottimale, questa percentuale può raddoppiare con al terapia BNP-guidata. Negli studi esaminati, i valori obbiettivo di BNP sono piuttosto variabili, ad esempio <100, o inferiori almeno del 10% della prima misurazione. Altre revisioni cliniche, come quella di Braunwald riferita nell’ultimo paragrafo di questa presentazione, confermano che i risultati migliori si hanno con l’obbiettivo di valori di BNP inferiori a 100 pg/ml. Per quanto riguarda l’obbiettivo dei valori di NT-pro-BNP, anche questi variano da inferiori a 1.300 o 1.700 pg/ml, oppure <400 nei soggetti di età inferiore a 75 anni, e <800 in quelli più anziani
La principale limitazione di questo lavoro è che non è stato possibile meta-analizzare alcuni obbiettivi clinici particolarmente importanti, come l’influenza sui ricoveri per scompenso cardiaco, dove teoricamente la terapia BNP-guidata dovrebbe avere un impatto positivo.
L’interesse clinico dei valori di BNP è sempre più attuale, con evoluzione nel tempo da indicatore aggiuntivo di rischio cardiovascolare, a importante strumento di diagnosi dello scompenso cardiaco, e infine di guida alla terapia. Al momento si può concludere che la terapia aggressiva dello scompenso cardiaco cronico, come suggerita dalle attuali linee guida, è efficace, ma poco seguita, prescritta solo al 10% circa dei pazienti esaminati in questi lavori. Questa percentuale può raddoppiare, con evidenti benefici per i pazienti, se tra gli obbiettivi viene posta anche la marcata e stabile diminuzione dei valori di BNP o NT-pro-BNP. I benefici consistono nella diminuzione della mortalità per tutte le cause, e nel miglioramento della qualità di vita. Studi futuri dovranno comprendere un maggior numero di pazienti, con attenta corrispondenza di sesso, età e altre importanti variabili cliniche, con valutazione prospettica dei principali obbiettivi clinici, tra cui l’impatto sui ricoveri.