Area Cardiovascolare [Numero 45 - Articolo 3. Maggio 2010] Effetti della terapia ipolipemizzante associata nel diabete tipo II | ![]() |
I pazienti con diabete tipo II hanno un’aumentata incidenza di malattie cardiovascolari aterosclerotiche, attribuibile in parte ai fattori di rischio associati, come l’ipertensione e la dislipidemia. Quest’ultima è caratterizzata da valori elevati di trigliceridi, e da bassi valori di HDL e particelle LDL piccole e dense. Lo studio ACCORD è stato disegnato per provare l’effetto del trattamento intensivo della glicemia, più quello dell’ipertensione o della dislipidemia sugli eventi cardiovascolari, in 10.251 pazienti con diabete tipo II ad alto rischio. Le statine sono efficaci nei pazienti diabetici, ma i tassi di eventi cardiovascolari restano elevati in questi soggetti, anche dopo terapia con statine. La terapia con fibrati in pazienti con diabete tipo II ha ridotto gli eventi coronarici in alcuni studi clinici (VA-HIT), e non in altri (FIELD), ma un riesame di quest’ultimo suggerisce un beneficio nei soggetti che presentavano sia trigliceridi elevati, che HDL basse. Studi precedenti sui fibrati, svolti su soggetti diabetici, o meno, non valutavano il ruolo di questi farmaci nei pazienti in terapia anche con statine. L’ipotesi dello studio ACCORD-lipidi è quindi che nei diabetici tipo II ad alto rischio, la terapia in associazione con un fibrato (per aumentare il colesterolo HDL e ridurre i trigliceridi) e una statina (per ridurre il colesterolo LDL) può ridurre il tasso degli eventi cardiovascolari, rispetto alla terapia con sola statina. Lo studio ACCORD (Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes) è un trial randomizzato condotto in 77 cliniche, organizzate in 7 reti, negli USA e Canada, che ha arruolato 10.251 pazienti diabetici tipo II ad alto rischio, assegnati a caso a ricevere terapia intensiva (emoglobina glicata <6) o standard (emoglobina glicata 7-7,9) per il controllo del diabete. Inoltre, metà circa (5.518) dei partecipanti sono stati assegnati a caso, con un disegno 2×2, a terapia con simvastatina più placebo o simvastatina più fenofibrato (ACCORD-LIPIDI); l’altra metà, con gli altri 4.733 pazienti, è stata pure assegnata a caso, sempre con disegno 2×2, a ricevere terapia antipertensiva standard o intensiva (ACCORD-PRESSIONE). Criteri di ingresso: tutti i pazienti dello studio ACCORD avevano diabete tipo II e valori di emoglobina glicata 7,5 o più; se avevano evidente malattia cardiovascolare, l’età era limitata da 40 a 79 anni; se avevano evidenze di malattia cardiovascolare sub-clinica, o almeno due fattori di rischio addizionali, l’età era ridotta da 55 a 79 anni. I pazienti erano candidati allo studio ACCORD-LIPIDI se presentavano: valori di LDL compresi tra 60 e 180, HDL inferiore a 55 nelle donne e nei neri, e 50 per tutti gli altri, trigliceridi inferiori a 750 se non in terapia ipolipemizzante, o 400 se in terapia. La terapia con simvastatina iniziava in chiaro alla prima visita, mentre la somministrazione di fenofibrato o placebo un mese dopo. La dose iniziale di simvastatina era quella indicata dalle linee guida in corso, aggiustandola eventualmente con la pubblicazione di aggiornamenti. La dose iniziale di fenofibrato era di 160mg, aggiustata poi a partire dal 2004 in base ai valori stimati di filtrazione glomerulare, per l’aumento di creatinina verificatosi in alcuni soggetti. I valori dei lipidi erano valutati, a digiuno, dopo 4, 8 e 12 mesi, poi annualmente, così come esami precauzionali come gli enzimi epatici e CPK. Questi erano ripetuti in caso di comparsa di sintomi o segni suggestivi di effetti tossici, sospendendo temporaneamente la terapia in caso di alterazioni epatiche, o definitivamente se i valori di CPK aumentavano. Gli obbiettivi primari predefiniti comprendevano la comparsa per la prima volta di un evento cardiovascolare maggiore: infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, morte per cause cardiovascolari. Gli obbiettivi secondari comprendevano la combinazione degli eventi primari con la rivascolarizzazione, o il ricovero per scompenso congestizio; la combinazione di un evento coronarico fatale, infarto miocardico non fatale o angina instabile; infarto miocardico non fatale; ictus fatale o non fatale; morte per tutte le cause; morte per cause cardiovascolari; ricovero o morte per scompenso cardiaco. Il fenofibrato e il corrispondente placebo erano donati dai Laboratori Abbott, e la simvastatina dalla Merck, senza nessun ruolo nel disegno dello studio, nell’analisi dei dati e nella preparazione dello scritto.
Risultati
Caratteristiche dei pazienti
L’età media era di 62 anni, con il 31% dei pazienti di sesso femminile. Il 37% avevano già avuto un evento cardiovascolare, e circa il 60% erano già in terapia con statine prima del reclutamento nello studio. La durata media del periodo di osservazione era di 4,7 anni per gli obbiettivi primari, e 5 anni per la mortalità globale. Al momento dell’ultima visita dello studio, il 77,3% dei pazienti in terapia con fenofibrato, e l’81,3% di quelli assegnati al placebo stavano assumendo regolarmente la terapia. Al termine dello studio, circa l’80% dei pazienti in entrambi i gruppi stavano ancora assumendo simvastatina, e ulteriori 6% un farmaco alternativo (approvato dal protocollo dello studio) per la riduzione del colesterolo LDL. La dose media giornaliera di simvastatina nel periodo di osservazione era 22,3mg nel gruppo fenofibrato, e 22,4 nel gruppo placebo.
Sicurezza dei farmaci
10 pazienti nel gruppo fenofibrato (0,4%) e 9 nel gruppo placebo (0,3%) nel corso dello studio presentavano aumento di CPK superiore a 10 volte il limite superiore dei valori normali, mentre 52 (1,9%) e 40 (1,5%) avevano aumento di ALT superiore a 3 volte. Come osservato in altri studi sul fenofibrato, nel gruppo trattato con il farmaco attivo i valori medi di creatinina aumentavano da 0,93 a 1,1 nel primo anno, rimanendo poi stabili. Nel gruppo assegnato al placebo, i valori medi aumentavano da 0,93 a 1,04 nel corso dello studio. La somministrazione di fenofibrato era interrotta in 66 (2,4%) e 30 (1,1%) pazienti, per diminuzione del volume di filtrazione glomerulare stimato; al momento dell’ultima visita 440 (15,9%) e 194 (7%) pazienti stavano ricevendo una dose ridotta di fenofibrato per lo stesso motivo. Non c’era differenza significativa nell’incidenza sia di emodialisi, che di nefropatia terminale tra i pazienti trattati con fenofibrato (75) o placebo (77); sia la microalbuminuria, che la macroalbuminuria avevano minore incidenza nei soggetti trattati con il farmaco attivo.
Valori dei lipidi
Al termine dello studio, i valori di LDL erano diminuiti, in media, da 100 a 81,1 mg/dl nei soggetti trattati con fenofibrato, e da 101,1 a 80 in quelli trattati con placebo; i valori medi di HDL aumentavano, rispettivamente, da 38 a 41,2 e da 38,2 a 40,5; quelli di trigliceridi diminuivano da 164 a 122, e da 160 a 144.
Eventi clinici
Il tasso annuale di eventi primari era di 2,2% nel gruppo assegnato a fenofibrato, e 2,4% nei soggetti assegnati a placebo; quello di morte per tutte le cause risultava rispettivamente 1,5% e 1,6%. Solo i sottogruppi divisi per sesso mostravano una differenza significativa: 11,2% di eventi primari nei maschi trattati con fenofibrato e 13,3% in quelli assegnati a placebo, mentre nelle femmine i tassi rispettivi erano 9,1% e 6,6%. Un’altra differenza, non significativa, riguardava i soggetti con i valori superiori di trigliceridi (=204 mg/dl) e inferiori di HDL (=34), che mostravano un tasso di eventi primari del 12,4% se trattati con fenofibrato, e del 17,3% se assegnati a placebo, mentre tutti gli altri pazienti, in entrambi i gruppi, avevano un tasso del 10,1%.
Implicazioni per la Medicina Generale
Nei pazienti con diabete di tipo II, con alto rischio cardiovascolare, l’aggiunta di fenofibrato alla terapia con simvastatina (40mg/die o meno), non riduce il tasso di eventi cardiovascolari fatali, di infarto miocardico non fatale, o di ictus non fatale. In accordo con altri studi, e con le attuali linee guida, potrebbe invece beneficiarne un sottogruppo di soggetti dislipidemici, con valori di trigliceridi elevati (in media, 284mg/dl invece di 144 negli altri pazienti), e ridotti di colesterolo HDL (in media, 29,5 invece di 39,9). In questi soggetti, nei primi quattro mesi di terapia con fenofibrato, i valori di HDL sono aumentati del 12,9%, rispetto al 7,3% osservato in tutti gli altri pazienti trattati, e i trigliceridi sono diminuiti del 35%, rispetto al 24,1%. I risultati dello studio indicano inoltre un effetto genere-specifico, con risultati positivi nei maschi, e tendenzialmente dannosi nelle donne. Altri studi non confermano questa differenza. La terapia è generalmente ben tollerata, con iniziale, modesto incremento di creatinina (sovrapponibile a quello dei pazienti assegnati a placebo); i principali eventi avversi possono essere evitati con il controllo periodico delle transaminasi e delle CPK. La terapia con fenofibrato ha ridotto sia la micro che la macroalbuminuria.
Limiti dello studio
Gli autori discutono i possibili motivi della mancata conferma della loro ipotesi di lavoro:
- Il fatto che solo un sottogruppo può beneficiare dell’intervento, può diluire i risultati complessivi. Dovendo estrapolare i dati da un gruppo più ampio, con obbiettivi complessi (controllo intensivo o meno della glicemia), i criteri di inclusione possono essere stati più ampi rispetto a uno studio dedicato ai soli lipidi.
- Lo studio può avere documentato meno eventi di quanti attesi, comunque il tasso annuale del 2,4% nel gruppo placebo è stato utilizzato per calcolare la potenza dei risultati.
- Ci potrebbe essere stata scarsa aderenza alla terapia, ma alla fine questa è risultata circa dell’80% sia per il fenofibrato che per la simvastatina, diversamente da altri studi similari.
- Il fenofibrato può essere meno efficace del gemfibrozil, che ha mostrato effetti benefici in altri studi, come l’Helsinky Heart Study e il VA-HIT, ma in questi non c’era confronto con la terapia con statine già in corso.
Commento del revisore
All’ingresso, tutti i pazienti presentavano valori meno che ottimali di BMI (in media 32), emoglobina glicata (8,3), e valori glicemici a digiuno (175), mentre erano ben controllati per quanto riguarda i valori pressori (in media 134/74), l’abitudine al fumo (14%), la funzionalità renale (creatinina in media 0,9 0,2), e i valori lipidici, in media 175mg/dl per il colesterolo, 38 HDL, 100 LDL e 162mg/dl di trigliceridi. Con valori di LDL 1DS compresi tra 70 e 130, si osserva una buona aderenza alle linee guida, che raccomandano valori di LDL <100 nei soggetti diabetici, per la documentata riduzione del rischio cardiovascolare, e <70 nei soggetti ad altissimo rischio. Forse anche questo efficace controllo lipidico dei pazienti all’ingresso, può spiegare il mancato vantaggio della terapia intensiva, con aggiunta di fenofibrato. Per quanto riguarda i dati della Medicina Generale in Italia, i dati di Health Search per gli anni 2008-2009, estratti dalle cartelle cliniche dei medici che usano la cartella informatizzata Millewin, sono meno brillanti, con circa il 35% dei pazienti diabetici tipo II con valori di colesterolo LDL <100, come raccomandato. Questo, a fronte di uno standard ideale del 70%, e accettabile del 50%. Quindi, anche considerando eventuali limiti metodologici del database Health Search (solo il 40% dei medici ricercatori riportano i valori di LDL in questi pazienti), allo stato attuale risulta una insufficiente applicazione delle linee guida, che danno ai pazienti dei vantaggi documentati e sicuri, anche in termini di qualità della vita. Con il software GPG offerto agli utilizzatori di Millewin, i medici possono valutare le proprie prestazioni, evidenziando gli argomenti di possibile miglioramento. Questo lavoro conferma la validità della terapia con i fibrati, oggi trascurati rispetto alle statine, con i migliori risultati nei soggetti con valori sia di trigliceridi elevati, che di HDL basse: un’opportunità anche per personalizzare la terapia in pazienti particolari. Lo studio BIF ha efficacemente documentato questi benefici: http://www.progettoasco.it/default2.asp?active_page_id=635 . Infine, con la pubblicazione di questo lavoro, e di quello parallelo sul controllo dei valori pressori (con risultati simili), si apprezza l’importanza della pubblicazione anche degli studi con dati incerti, o mancata conferma dell’ipotesi, come questo, sia per motivi metodologici (ad esempio, per limitare le distorsioni da pubblicazione - publication bias), che per fornire dati corrispondenti alla realtà clinica.