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GEN
2013
Area Dolore – Cure Palliative

[Numero 6 - Articolo 2. Settembre 2006] L’Ossicodone nel dolore oncologico. Metanalisi di sperimentazioni cliniche randomizzate e controllate


Titolo originale: Oxycodone for Cancer-Related Pain Meta - analysis of Randomized Controlled Trials
Autori: Colette M. Reid, Richard M. Martin, Jonathan A. C. Sterne, Andrew N. Davies, Geoffrey W. Hanks, DSc Department of palliative medicine, University of Bristol, UK
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Arch. Intern. Med. Vol/166, Apr 24, 2006
Recensione a cura di: Sara Storace
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Introduzione
All’incirca la metà di tutti i pazienti con cancro in fase avanzata vivono l’esperienza di dolore moderato-severo. Gli oppioidi rappresentano il miglior livello di trattamento e la morfina è l’oppioide di scelta. Se la morfina è usata con appropriatezza circa l’80% dei pazienti trae adeguato sollievo dalla cura. Tuttavia circa il 20% necessita di cambiare tipo di oppioide, per lo più a causa degli effetti avversi associati all’uso di morfina. L’ossicodone, derivato semisintetico della morfina, è entrato nell’uso clinico nel 1917 ma gli schemi di utilizzo differiscono nei diversi Paesi. Storicamente è stato usato comunemente negli Stati Uniti per il dolore lieve-moderato, a basse dosi e combinato a paracetamolo o aspirina.

 

 

Tuttavia l’uso di queste preparazioni risultava limitato in quanto non era possibile salire con il dosaggio a causa della potenziale tossicità del paracetamolo o dell’aspirina. L’ossicodone era anche usato in Finlandia (soprattutto per somministrazione parenterale). Studi condotti a partire dal 1990 hanno dimostrato che l’ossicodone a dosaggi adeguati, preceduti da una fase di titration, ha una efficacia sovrapponibile a quella della morfina. E’ stato ipotizzato che l’ossicodone possa avere minori effetti collaterali rispetto alla morfina, ma i dati disponibili nel dolore oncologico sono limitati. Nel 1996 l’European Association for palliative care nelle sue linee guida raccomandava l’ossicodone come alternativa alla morfina.

 

 

Dal 1996 l’ossicodone è stato rilanciato in differenti formulazioni e concentrazioni e in preparazioni a rilascio modificato, incrementandone così il potenziale uso nel dolore cronico da cancro. Il successo di questo rilancio è indicato dal Dipartimento inglese di statistica sanitaria che segnala un aumento della percentuale annuale di prescrizione dell’ossicodone, dal 2002 al 2003, del 43% comparata con l’8% di tutti gli oppioidi analgesici. Il consumo annuo dell’Ossicodone è cresciuto di 42 volte nel Regno Unito e tre volte negli Stati Uniti dal 1999 al 2003.

 

Metodi
In questa metanalisi sono stati inclusi studi clinici randomizzati e controllati che confrontavano l’ossicodone col placebo o con un farmaco analgesico attivo nei pazienti con dolore oncologico. Sono state considerate tutte le formulazioni e le vie di somministrazione dell’ossicodone e sono stati esclusi gli studi che utilizzavano ossicodone in combinazione (es. ossicodone –acetaminofene). La metodologia di ricerca e selezione dei lavori disponibili in letteratura fornì 104 risultati di cui 6 trials con i criteri di inclusione. Di questi uno era uno studio basato su singola somministrazione per valutare il potere analgesico e la durata dell’effetto dell’ossicodone intramuscolare verso la morfina e la codeina fosfato intramuscolare.
Dei rimanenti 5 studi tre trials incrociavano i dati di ossicodone orale con morfina orale, 1 incrociava i dati di ossicodone e idromorfone e un gruppo parallelo confrontava l’ossicodone orale con morfina orale.
E’ stata realizzata una metanalisi da quattro studi nei quali è stata confrontata l’efficacia dell’ossicodone orale con quella di morfina orale e di idromorfone Tutti i trials inclusi nella metanalisi prevedevano l’utilizzo di compresse di placebo per rendere cieco sia il paziente che il clinico. In tutti i trials inclusi i pazienti che si ritiravano dallo studio per una ragione qualunque erano esclusi dall’analisi finale qui riportata. Nessuna pubblicazione indicava se il giudice degli outcomes era cieco rispetto al trattamento.
Ogni trial riportava che pazienti in entrambi i gruppi di trattamento avevano le loro dosi di oppioidi titolate in maniera simile fino a che furono ottenute dosi stabili. I trials erano di breve durata, tra 10 e 20 giorni.

 

Risultati
Complessivamente la metanalisi ha valutato risultati relativi a 160 pazienti. Dalle analisi ottenute non sono emerse differenze nel punteggio della misurazione del dolore e della qualità di vita tra i pazienti trattati con ossicodone e i gruppi di controllo. Sebbene lo studio di Heiskanen e Kalso suggerisca che l’accettabilità della morfina nel corso della notte é migliore di quella dell’ossicodone, a causa dell’utilizzo di differenti misurazioni e dell’insufficiente dettaglio dei risultati questi dati non poterono essere inseriti nella metanalisi. In termini di incidenza di effetti avversi non si sono registrate sostanziali differenze. Nella metanalisi sono stati inclusi solo 160 pazienti, questa ed altre osservazioni fanno sì che il risultato debba essere interpretato con cautela. I risultati dello studio non consentono di essere totalmente certi sull’intrinseca validità dei trials analizzati. Solo il trial di Heiskanen e Kalso, ad esempio, mostrava un tentativo di nascondere l’assegnazione del farmaco essendo il farmacista ospedaliero a detenere i codici. Questo non garantiva necessariamente che la procedura di assegnazione fosse libera da bias. Inoltre in tutti gli studi inclusi nella metanalisi, i pazienti che interrompevano per qualsiasi ragione la terapia assegnata non venivano inclusi nell’analisi finale, forse determinando un bias che potrebbe inficiare la validità del singolo studio. Tuttavia poiché in tutti gli studi le percentuali di discontinuità dovute ad eventi avversi erano simili per l’ossicodone e per il gruppo di controllo sembra improbabile che un potenziale bias possa inficiare il risultato della metanalisi. La percentuale di pazienti che hanno avuto effetti avversi e discontinuità nel trattamento dovuta ad effetti avversi era considerevole e in linea con la percentuale di discontinuità degli altri studi sugli oppioidi in pazienti con cancro e non. La prevalenza di effetti avversi è risultata maggiore negli studi che interrogavano direttamente i pazienti rispetto a quelli che si limitavano a registrare gli effetti avversi riferiti spontaneamente. Poiché la presenza di effetti avversi è una delle ragioni per cui i pazienti non vogliono continuare la terapia o aumentare la dose dei farmaci antidolorifici, questo risultato enfatizza la necessità di interrogare attivamente. Inoltre la breve durata di questi studi impedisce anche di avere utili dati sugli effetti avversi a lungo termine ( es.:dipendenza). Benché non ci aspettassimo che la dipendenza fosse un problema significativo, in quanto questo evento avverso appare raro nei malati di cancro, questo può aiutare a dissipare la paura della dipendenza che sovente impedisce il buon controllo del dolore.

 

Commento degli autori
Il piccolo numero di studi individuati e la loro breve durata riflettono probabilmente le difficoltà a condurre trials clinici in questo gruppo di pazienti. Alte percentuali di logoramento dovute a peggioramento della malattia di base o a malattie intercorrenti fanno sì che i ricercatori tendano a minimizzare le perdite di follow up conducendo trials di breve durata. Benché questo approccio possa fornire molti dati a breve termine, esso comporta risultati carenti a lungo termine (anche in termini di effetti avversi). I dati a breve termine sul confronto di efficacia e di effetti avversi tuttavia producono importanti informazioni per la gestione clinica del dolore e un incentivo a prescrivere dosi adeguatamente titolate e ad ottenere un soddisfacente sollievo dal dolore. Gli studi hanno reclutato pazienti ambulatoriali di oncologia o cure palliative con tipi misti di dolore e differenti tipi di cancro.
Dove riportato i pazienti erano trattati ambulatoriamente benché fossero contattati quotidianamente. Non è chiaro se questi risultati hanno valore anche per i pazienti affetti da dolore cronico non oncologico (che rappresentano un gruppo più vasto di pazienti per i quali è preso in considerazione l’uso degli oppioidi). Questa recensione ha confermato l’efficacia degli oppioidi in una varietà di condizioni dolorose croniche e ha dimostrato che gli effetti avversi sono altrettanto comuni che nella popolazione affetta da cancro. Per le nostre conoscenze non vi sono studi che confrontano l’ossicodone con altri oppiodi per il dolore moderato-severo in pazienti con dolore non oncologico, ma non vi sono ragioni cliniche o farmacologiche per credere che un oppioide possa essere più efficace di un altro in un tipo di uso piuttosto che in un altro (dolore da cancro piuttosto che dolore cronico non oncologico.).
La morfina nelle sue preparazioni classiche o nelle formulazioni modificate è stato l’oppioide di prima linea in Inghilterra per la gestione del dolore oncologico moderato- severo. In questa recensione non sono state rilevate differenze importanti tra l’ossicodone e la morfina. In Inghilterra l’ossicodone è 4 volte più costoso della morfina e l’esperienza generale nel suo uso è minore. Perciò non c’è ragione per modificare le raccomandazioni ad usare la morfina come farmaco di prima linea nel dolore da cancro. Vi è necessità tuttavia di maggiori trials di lunga durata progettati per ottenere confronti sull’efficacia e sugli eventi avversi degli oppioidi nel dolore moderato-severo oncologico e non.

 

Rilevanza per la Medicina Generale
I dati di questo studio sembrano confermare la sostanziale equivalenza, in termini di efficacia e di tollerabilità, dell’ossicodone rispetto al farmaco di prima scelta che rimane la morfina orale. L’ossicodone si candida pertanto come valida alternativa in medicina generale in quei pazienti che richiedono il passaggio ad un oppioide diverso dalla morfina a causa dell’insorgenza di effetti collaterali. Rimane aperto l’interrogativo: esistono indicazioni all’utilizzo dell’ossicodone come farmaco di prima scelta (anche il considerazione del costo elevato rispetto alla morfina) in medicina generale? Non trovano sinora conferma le segnalazioni aneddotiche provenienti dalla pratica secondo le quali l’ossicodone risulterebbe meglio tollerato della morfina nei pazienti anziani con ridotta filtrazione glomerulare, così come altre che segnalerebbero una maggiore efficacia sulla componente neuropatica del dolore oncologico. Ulteriori conferme dagli studi sono necessarie per confermare il reale rapporto equianalgesico tra morfina e ossicodone, che la letteratura individua tra 1.5-2, ma che l’esperienza sembrerebbe individuare anche in valori maggiori di 2.

 

Commento del revisore
La metanalisi è una tecnica clinico-statistica quantitativa che permette di combinare i dati di più studi condotti su di uno stesso argomento, generando un unico dato conclusivo per rispondere a uno specifico quesito clinico, che in questo caso era se esistono significative differenze di risultato trattando il dolore moderato severo da cancro con morfina piuttosto che con ossicodone.
Questa tecnica di studio risulta utile quando esiste incertezza nella valutazione di efficacia di un trattamento, o qualora i risultati dei singoli studi non siano univoci, oppure se i singoli studi sono effettuati su pochi pazienti e - considerati singolarmente - sono scarsamente affidabili. In questo caso si trattava proprio di pochi studi svolti per breve tempo su poche persone e anche se la ricerca è stata svolta con un rigore che apprezziamo ed ha richiesto l’analisi di un considerevole numero di studi (104) e un grande lavoro per valutare e confrontare studi partiti con criteri differenti e che valutavano parametri variabili, non solo per le scale di misurazione ma anche variabili in base a percezioni soggettive come la valutazione del dolore e del sollievo, ci associamo alle perplessità degli Autori stessi che ritengono il numero di casi analizzato ancora insufficiente.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 20-ago-07
Articolo originariamente inserito il: 10-set-06
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