Area Psichiatrica Insonnia e patologie psichiatriche [Numero 6. Giugno 2015] | ![]() |
Introduzione
Negli ultimi anni è stata dimostrata una correlazione reciproca tra insonnia e disturbi psichiatrici. Le malattie psichiatriche, in particolare l’ansia e i disturbi dell’umore, sono da tempo riconosciute come cause frequenti di insonnia. L’esperienza clinica mostra che quasi tutti i pazienti con ansia o disturbi dell’umore presentano disturbi del sonno o cronicamente o durante le riesacerbazioni del disturbo psichiatrico. Inoltre, è accertato che l’insonnia di per sé aumenta il rischio di ricadute della patologia psichiatrica preesistente, ma anche di sviluppare ansia, disturbi dell’umore e abuso di sostanze di nuova insorgenza. Questa stretta associazione tra insonnia e patologie psichiatriche può determinare un circolo vizioso di aggravamento dei sintomi e calo della qualità della vita, che complica ulteriormente la riuscita del trattamento. D’altra parte, questa correlazione può essere vista come un’opportunità per attuare terapie mirate in grado di dare significativi benefici ai pazienti.
I dati di un ampio studio epidemiologico hanno dimostrato che una percentuale relativamente alta di individui affetti da insonnia rilevante rientra nei criteri diagnostici per ansia, disturbi dell’umore o disturbo da abuso di sostanze. In particolare, il 23% risultava affetto da depressione maggiore o distimia, il 24% da ansia, il 7% da abuso di alcol e il 4% da abuso di farmaci. Questi dati sono stati confermati da studi epidemiologici successivi, eseguiti su tutte le età. Pertanto una storia di insonnia persistente aumenta il rischio di sviluppare depressione nel corso della vita. Non è però chiaro se l’insonnia rappresenti un prodromo, sia espressione di una comune suscettibilità geneticamente determinata, o sia la causa di un processo che sfocia nel disturbo depressivo. Comunque questa associazione rimarca la necessità di attuare una diagnosi precoce e di un trattamento adeguato per l’insonnia, oltre ad una ricerca di eventuali comorbidità psichiatriche.
Oltre che in pazienti con depressione maggiore e distimia, l’insonnia si verifica comunemente nei pazienti con disturbo bipolare nei quali perdite di sonno da qualunque causa, incluso il jet lag o motivi lavorativi, possono contribuire all’esordio o all’aggravamento di episodi maniacali. Pertanto il rapido riconoscimento e correzione dell’insonnia può contribuire a limitare le riesacerbazioni in questi pazienti.
Tra i disturbi ansiosi, l’insonnia e’ particolarmente problematica in pazienti con attacchi di panico, disturbo post-traumatico da stress, disturbo d’ansia generalizzato e fobia sociale. Pazienti con attacchi di panico a volte presentano episodi che insorgono in sonno, ciò può provocare una considerevole ansia anticipatoria che ostacola l’addormentamento. Pazienti con disturbo post-traumatico da stress spesso hanno una cattiva qualità del sonno e sogni vividi. Il disturbo d’ansia generalizzato spesso ostacola l’addormentamento determinando risvegli ripetuti.
Trattamento dell’insonnia in pazienti con comorbidità psichiatrica
Il trattamento dell’insonnia in pazienti con comorbidità psichiatrica richiede un approccio su due fronti. Da una parte, interventi terapeutici specifici dovrebbero riguardare la condizione psichiatrica sottostante e possono essere di tipo psicoterapeutico, comportamentale o farmacologico. Controllare la patologia di fondo può contribuire in maniera rilevante a migliorare l’insonnia. I farmaci disponibili comprendono ansiolitici, antidepressivi e stabilizzanti dell’umore. Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina e la venlafaxina sono spesso efficaci in questi pazienti, sebbene essi raramente agiscano in tempi brevi. Inoltre, alcuni pazienti possono addirittura sviluppare insonnia come effetto collaterale di questi farmaci. Altri antidepressivi maggiormente sedativi, come amitriptilina, trazodone o mirtazapina possono essere utili, ma possono d’altro canto possono causare sedazione residua la mattina successiva. Oltre alla terapia della patologia psichiatrica, un trattamento specifico per l’insonnia è altresì applicabile in ogni paziente e comprende igiene del sonno, terapia cognitivo-comportamentale e farmaci ipnoinducenti. Questi presidi possono essere applicati contemporaneamente al trattamento della patologia psichiatrica. Farmaci ipnotici in atto disponibili comprendono le benzodiazepine e agenti non benzodiazepinici (zeleplon, zolpidem, zopliclone), composti maggiormente selettivi su una particolare configurazione di subunità del recettore GABA-A che garantiscono specificità di azione e maggiore tollerabilità. Nella pratica clinica gli ipnoinducenti sono spesso associati agli antidepressivi in pazienti con disturbi ansiosi e dell’umore.
Insonnia da altre cause
Sebbene sia importante identificare e trattare l’insonnia derivante da malattia psichiatrica, è ugualmente importante valutare i pazienti psichiatrici per altre possibili cause di insonnia. Queste possono includere effetto stimolante da psicofarmaci o altri farmaci o vari disturbi del ritmo circadiano.
Pazienti con apnee notturne possono riferire insonnia quale unico sintomo. La sindrome delle gambe senza riposo può essere esacerbata da alcuni antidepressivi e causa difficoltà all’addormentamento e risvegli ripetuti. Pazienti agorafobici passano troppo tempo in casa, dormono a orari irregolari e sono deprivati della fotoesposizione che rinforza il ciclo sonno-veglia. La compilazione di un diario clinico del sonno può essere utile per documentare e riferire il disturbo del sonno al proprio medico; inoltre esso può anche essere d’aiuto nel monitorare l’efficacia del trattamento. L’invio ad uno specialista del sonno può essere opportuno in pazienti con eccesiva sonnolenza diurna, nel sospetto si sindrome delle apnee notturne o narcolessia, o quando l’insonnia e’ persistente e refrattaria ai trattamenti.
Commenti del revisore: importanza per la Medicina Generale
L’insonnia è il disturbo del sonno più diffuso e, secondo le varie casistiche, ne è affetto tra un terzo e un quarto della popolazione mondiale. Inoltre circa il 10% della popolazione generale soffre di una forma di insonnia tale da richiedere un intervento terapeutico. Nonostante questo, l’insonnia rimane scarsamente riconosciuta dai medici e quindi sotto-diagnosticata e/o non trattata correttamente. Si stima che circa il 60% degli insonni non abbia mai parlato dei disturbi del sonno con il proprio medico. Il mancato riconoscimento e il mancato trattamento dell’insonnia determinano importanti ripercussioni mediche e sociali, riducendo significativamente le performance occupazionali del paziente e in generale riducendone la qualità della vita. Il MMG è il primo e principale interlocutore del paziente che soffre d’insonnia ed è quindi la figura professionale che prima di ogni altra può e deve diagnosticarla e pianificarne il trattamento.
La nuova classificazione delle malattie psichiatriche (DSM-5), ha introdotto alcune rilevanti modifiche nell’inquadramento dell’insonnia:
- E’ stata innanzitutto eliminata la dicotomia tra insonnia primaria e insonnia secondaria; questa modifica è funzionale alla necessità di garantire ai disturbi del sonno un’attenzione clinica indipendente a prescindere dalle altre condizioni psichiatriche o somatiche che possono o meno coesistere e rispetto alle quali i disturbi del sonno non sono in un rapporto di dipendenza causale.
- La nuova classificazione riconosce la natura bidirezionale e reciprocamente interattiva tra disturbi del sonno e condizioni psichiatriche o somatiche concomitanti.
- I criteri temporali sono stati definiti in maniera più rigida (il disturbo deve presentarsi almeno 3 volte la settimana e deve persistere per almeno 3 mesi);
- L’insonnia “acuta” (disturbo che soddisfa i criteri di frequenza ed intensità ma di durata inferiore ai 3 mesi ) non viene compresa nel disturbo da insonnia e viene codificata come “disturbo da insonnia con altra specificazione”.
- Nel definire il “disturbo da insonnia” viene data rilevanza all’ insoddisfazione riguardo la quantità o la qualità del sonno associata a uno o più dei seguenti sintomi:
- difficoltà a iniziare il sonno
- difficoltà a mantenere il sonno (risvegli frequenti o problemi a riaddormentarsi dopo essersi svegliati)
- risveglio precoce al mattino con incapacità di riaddormentarsi.
Si sottolinea inoltre che l’alterazione del sonno è causa di disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico, comportamentale. Viene invece eliminato il criterio di “sonno non riposante” come indicatore/sintomo di insonnia.
Al di là delle novità espresse dal DSM-5, secondo gli specialisti di Medicina del Sonno il trattamento dell’insonnia deve essere iniziato precocemente per evitare le complicanze, quali la cronicizzazione del disturbo e la comparsa / il peggioramento di altre patologie.
La conoscenza dell’impatto epidemiologico attuale dell’insonnia e del suo relativo trattamento farmacologico nel contesto delle cure primarie è di rilevante utilità per il MMG. La prevalenza di questo disturbo nella popolazione generale italiana evidenzia dati non omogenei, variando dal 10% al 50%, con dato medio del 30%, mentre la prevalenza di insonnia clinicamente significativa e cronica, si colloca intorno al 10-13%. Questa variabilità è legata a molteplici fattori, tra cui i diversi criteri diagnostici utilizzati, le modalità di rilevamento, la gravità e la durata dell’insonnia. Nell’ambito della MG, i primi lavori di ricerca sulla prevalenza dell’insonnia sono quelli degli studi osservazionali Morfeo 1 e Morfeo 2, effettuati tra il 2000 e il 2003 con l’obiettivo di definire la reale portata del problema nel setting della MG e che hanno indicato una prevalenza media dell’insonnia del 52%. Bisogna però precisare che in questi studi i MMG somministravano ai soggetti un questionario specifico per individuare l’eventuale presenza del problema. In altre parole, il disturbo veniva attivamente ricercato.
Dati più recenti di Health Search (HS), hanno mostrato una prevalenza dell’insonnia nell’ambito delle cure primarie pari al 6,2%, in aumento rispetto al 3,3 % del precedente dato riferito al 2010 ma anche rispetto al 4,3 del 2006; (Fig 1). E’ rilevante che ben l’11,6% dei pazienti over 65 risulti affetto da insonnia. Inoltre l’insonnia sembra mostrare un gradiente decrescente dal nord al sud-Italia, essendo più frequente nelle regioni settentrionali (9,2% al nordest e 7,4% al nord-ovest), e attestandosi al 6% al centro Italia e solo al 3,7 al sud.
La discrepanza dei dati di prevalenza dell’insonnia degli studi Morfeo e dei dati HS
conferma quello che gli esperti di Medicina del Sonno sostengono da tempo e cioè che l’insonnia è una patologia spesso non riferita dal paziente ma anche non ricercata dal medico. Proprio questa sottovalutazione riveste un ruolo determinante nell’evoluzione verso il peggioramento e la cronicizzazione del disturbo, con ripercussioni sulla qualità di vita e sulla salute dei pazienti. In ogni caso il dato più appropriato per un confronto corretto è quello con la prevalenza dell’insonnia clinicamente significativa/cronica (10-13%), che evidenzia una distanza inferiore dai dati HS.
L’aumento della prevalenza dell’insonnia riscontrata nel 2013, più che essere espressione di un reale aumento del disturbo, sembra piuttosto indicare un aumentato riconoscimento di questa patologia da parte del MMG. Ciò può essere considerato come la ricaduta positiva di una serie di percorsi formativi messi in atto dalla SIMG su questo argomento che hanno probabilmente avuto l’effetto di affinare le capacita diagnostiche, ma anche e soprattutto di sensibilizzare i MMG alla ricerca attiva di questa patologia. Pertanto questa è la dimostrazione che interventi mirati nell’ambito di uno specifico programma di formazione svolgono un ruolo cruciale, con possibilità concrete di migliorare il riconoscimento di una determinata patologia.
A fronte di una maggior accuratezza diagnostica questi dati confermano però una perdurante inappropriatezza dal punto di vista terapeutico. Infatti, i farmaci più usati risultano essere gli ansiolitici, che peraltro non trovano indicazione nel trattamento dell’insonnia, mentre gli ipnotici, che rappresentano la scelta terapeutica più appropriata, sono usati in percentuali inferiori. Un ulteriore dato di inappropriatezza è l’uso di ansiolitici e ipnotici in associazione nello stesso paziente. L’aspetto più significativo è che oltre il 70% dei pazienti insonni che non pratica alcun trattamento farmacologico (Fig 2).
In conclusione, i dati di HS sottolineano l’importanza per il MMG di inserire regolarmente nell’ambito dell’indagine anamnestica una domanda ai propri assistiti circa l’esistenza di disturbi del sonno. In particolare la presenza di insonnia dovrebbe essere sempre indagata e trattata soprattutto in pazienti con altre malattie internistiche o psichiatriche, compresi i disturbi dell’umore, poiché è appurato che l’insonnia associata ne influenza notevolmente la prognosi. L’individuazione precoce dell’insonnia consente anche di evitare la cronicizzazione del disturbo e di migliorare in modo significativo la qualità di vita e la salute in generale dei nostri pazienti.