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MAR
2012
Area Dolore – Cure Palliative

[Numero 61 – Articolo 2. Febbraio-Marzo 2012] La validità discriminativa della classificazione fisiopatologica del dolore muscoloscheletrico tra “nocicettivo”, “neuropatico periferico” e “da sensibilizzazione centrale”


Titolo originale: The Discriminative Validity of “Nociceptive”, “Peripheral Neuropathic”, and “Central Sensitization” as Mechanisms-based Classifications of Musculoskeletal Pain
Autori: K. M. Smart, C. Blake, A. Staines, C. Doody
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Clin J Pain, Volume 27:655–663, Numero 8, Ottobre 2011
Recensione a cura di: Alberto Andrani
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Introduzione
La classificazione fisiopatologica del dolore muscoloscheletrico si basa sull’assunto che i meccanismi neurofisiologici sottostanti, siano responsabili della genesi del dolore e del suo mantenimento.
Questa classificazione del dolore è stata proposta nella pratica clinica perché possa essere d’aiuto a spiegare le variazioni e la severità di presentazione del dolore muscoloscheletrico osservate in alcuni casi (per es. il dolore lombare con irradiazione o no alle gambe) in cui il dolore è riferito in assenza di una chiara o proporzionata patologia o in cui il dolore persiste dopo la risoluzione del danno o della patologia o in cui la severità del dolore si differenzia grandemente dal dolore atteso per quella patologia o paradossalmente, in cui il dolore non è presente nonostante un evidente danno o patologia. Inoltre è stato prospettato che l’approccio basato sui meccanismi neurofisiologici, avrebbe potuto migliorare il trattamento del dolore e ottimizzare il raggiungimento dei risultati, selezionando gli interventi clinici finalizzati ad agire sui meccanismi medesimi. In assenza di un procedimento diagnostico “gold standard”, è stato ipotizzato che questa classificazione del dolore possa essere clinicamente adottata, sulla base di un pattern di sintomi e segni che riflettono il meccanismo neurofisiologico sottostante. Per questo si è tentato di sviluppare un sistema di classificazione del dolore muscolo scheletrico in tre categorie. Per lo sviluppo di questa classificazione è stata utilizzata la survey di Delphi per individuare una lista validata di criteri clinici, associata al dolore nocicettivo, neuropatico periferico e da sensibilizzazione centrale.
Per giustificare l’uso di questa classificazione nella pratica clinica, è richiesta l’evidenza empirica della sua validità discriminativa. La validità discriminativa di una classificazione può essere sostenuta, se si può dimostrare che la presenza o l’assenza di specifici criteri clinici, può essere usata per distinguere gli appartenenti alle varie categorie che formano la classificazione. Lo scopo di questo studio è valutare la validità discriminativa di una classificazione fisiopatologica tra “dolore nocicettivo”, “dolore neuropatico periferico” e “dolore da sensibilizzazione centrale (*)” in pazienti con mal di schiena (irradiato o no alle gambe), testando e identificando un gruppo di indicatori clinici associato a ciascun tipo di dolore.


(*) N del T. = Sia la sensibilizzazione centrale che periferica sono mantenute dal rilascio del glutammato e dall’attivazione dei recettori NMDA. Essi sono coinvolti nella normale nocicezione ma nel dolore neuropatico diventano iper-responsivi.

Materiali e metodi
Lo studio è stato eseguito in sei località: in quattro ospedali pubblici e due cliniche private da 15 ricercatori; tredici esercitavano negli ospedali pubblici e due nelle cliniche private, tutti esperti nella fisioterapia muscoloscheletrica. I pazienti eleggibili nello studio erano adulti (>18 anni) che avevano riferito dolore lombare, irradiato o no alle gambe. I criteri di esclusione erano i seguenti: presenza di diabete, di danni al sistema nervoso centrale, di gravidanza o di dolore lombare di origine non muscolo-scheletrica. I pazienti erano reclutati da una lista di pazienti in attesa, selezionata da ciascun servizio di fisioterapia/reparto clinico per il dolore lombare. Fig.1 Le caratteristiche demografiche dei pazienti erano raccolte mediante un modulo standardizzato. Ciascun paziente era valutato mediante un colloquio clinico ed un esame fisico validato dalla pratica clinica. Durante il colloquio il paziente era incoraggiato a svelare i dettagli della storia del suo mal di schiena, della sintomatologia attuale e dei suoi comportamenti. I pazienti, inoltre erano selezionati per eventuali bandiere “Red” e “Yellow” associate a patologie spinali gravi o a problemi psicosociali, rispettivamente. L’esame clinico comprendeva la valutazione della postura, dei movimenti e un esame neurologico. Per completare la checklist dei criteri clinici (CCC), erano valutati altri sintomi (dolore spontaneo, parossistico, parestesie) e segni (allodinia, iperalgesia, iperpatia, palpazione dei nervi). dopo l’esame di ciascun paziente, ai clinici era richiesto di completare una CCC costituita da due parti: “parte 1” in cui era richiesto ai ricercatori di classificare ciascun paziente in base alla presentazione del dolore. I pazienti erano classificati in una delle tre categorie di dolore (dolore nocicettivo NP, dolore neuropatico periferico PNP, dolore da sensibilizzazione centrale CSP), o in una di quattro possibili categorie di dolore misto, derivate dalla combinazione delle tre categorie originarie (PN/PNP, PN/CSP, PNP/CSP, PN/PNP/CSP) sulla base dl proprio giudizio clinico e con riferimento al probabile meccanismo neurofisiologico sottostante al dolore di ciascun paziente; “parte 2” in cui era richiesto ai ricercatori di esaminare una lista di 38 voci, costituita da 26 sintomi e 12 segni e validata da un consensus di esperti, che rappresentava i “criteri clinici” per individuare il NP, PNP, CSP. Le possibilità di risposta per ciascun criterio erano: “Presente”, “Assente” e “Non lo so”. Tab.1

Tab.1 Singole voci: 26 sintomi e 12 segni incluse nella lista dei criteri clinici

 

Risultati
Dei 551 pazienti invitati a partecipare allo studio, 51 non erano eleggibili per la presenza di criteri di esclusione e 36 erano esclusi perché il dolore era misto o indeterminato. Il campione finale era costituito da 464 pazienti. Fig.1
dolore nocicettivo
Il NP era predetto da 7 criteri che comprendevano la presenza di 3 sintomi n°5,8,11 (Tab.1), l’assenza di altri tre sintomi n°7,15,19 (Tab.1) e la presenza di un segno n°27(Tab.1). Fig.2
Il criterio predittivo più attendibile era il n°8, “dolore localizzato all’area del danno/della disfunzione” (Odds ratio=69,79, Intervallo di Confidenza 95%). dolore neuropatico periferico
Il PNP era predetto da tre criteri n°3,9,29 (Tab.1) e il criterio più attendibile era il n°9 (Tab.1), “dolore riferito in un dermatomero o con una distribuzione cutanea” (OR=24,29, CI 95%). Fig.2
dolore da sensibilizzazione centrale
Il CSP era predetto dalla presenza di tre sintomi n°4,13,25 (Tab.1) e un segno n°33 (Tab.1) e il criterio più attendibile era il n°13,(Tab.1) “dolore sproporzionato, non prevedibile, provocato da fattori diversi/non specifici, aggravanti/allevianti” (OR=30,69, CI 95%). Fig.2

Discussione
Usando un approccio statistico per sviluppare questa classificazione, i sintomi e i segni dis-criminatori per identificare i vari tipi di dolore, NP, PNP e CSP, sono stati tratti dalla survey ori-ginale di Delphy, fornendo così l’evidenza di una certa validità discriminatoria preliminare.
Un comune approccio alla classificazione del do-lore in base al meccanismo fisiopatologico, è stato quello di differenziare il dolore in “nocicettivo” e “neuropatico” e conseguente-mente sono stati sviluppati alcuni strumenti per facilitare clinicamente questa distinzione. Caratteristica fondamentale di ogni sistema di classificazione è che le categorie siano esa-urienti e in grado di poter catalogare tutti i pazienti in ognuna di queste. Un modello basato sulla dicotomia, dolore nocicettivo/dolore neuro-patico, non permette, ovviamente, di classi-ficare quei pazienti che presentano un dolore da sensibilizzazione centrale, come il dolore da lesione del nervo periferico o che insorge o persiste in assenza di un trauma o processo patologico evidente o comunque sproporzionato, come quello “fibromialgico” o come alcune forme di lombalgia cronica. Una classificazione fisiopatologica basata su tre categorie offre, quindi, la possibilità di comprendere una più ampia popolazione e di poter essere utilizzata più facilmente in clinica. Esistono, poi, altri meccanismi fisiopatologici di dolore come il “autonomico”, il “neuroendocrino” o il “neuroimmunitario” e alcuni ricercatori hanno descritto la potenziale influenza di questi meccanismi sulla trasmissione e sulla modulazione del dolore, ma essi non possono essere raggruppati in un insieme di sintomi e segni caratteristici ed è stato ipotizzato che essi intervengono, piuttosto, simultaneamente e sinergicamente come risposta agli stimoli, insieme all’attività del sistema nervoso centrale e periferico.
Un’altra considerazione riguarda l’omogeneità delle tre categorie di dolore cui un paziente con un dato dolore è assegnato e che riflette il meccanismo dominante della genesi del dolore. Le categorie di dolore NP, PNP e CSP essenzialmente descrivono e compartimentalizzano i numerosi e complessi processi fisiopatologici che sottendono a ciascun tipo di dolore e che la classificazione riunisce sotto un unico termine. Una prospettiva pragmatica suggerisce che la validità e l’utilità di ogni classificazione dipendono, in definitiva, dall’efficacia con cui essa soddisfa gli scopi per cui è stata ideata. Se questa classificazione può dimostrare di aiutare i clinici a capire la presentazione del dolore, di facilitare un’appropriata valutazione, di prevedere un risultato (sia come risposta alla naturale evoluzione che al trattamento) di facilitare la scelta di un appropriato trattamento o scoraggiarne la scelta di uno non appropriato, ottimizzando così i risultati clinici e l’utilizzo delle risorse sanitarie, allora il sistema di classificazione soddisfa i compiti per cui è stato ideato.
Concordemente con le scoperte di Scholz che ha sviluppato uno strumento clinico per distinguere il dolore neuropatico da quello non neuropatico, le conclusioni di questo studio suggeriscono che sono richiesti pochi sintomi e segni per distinguere i due tipi di dolore. Le conclusioni di questo studio potrebbero, però, essere criticate alla luce di alcuni limiti metodologici. Questo è uno studio “cross-sectional” tra pazienti selezionati con il metodo del “extreme-groups”. Una validazione analoga, basata sull’accordo tra due specialisti del dolore, è stata usata durante lo sviluppo e la validazione preliminare di diversi strumenti clinici di screening, ideati per identificare i pazienti con dolore neuropatico, come il “pain-DETECT” e “douler Neuropathique 4” (vedi art. 3 n° 11 del 2007, pubblicato su ASCO). Altri strumenti di screening come l’ “ID-pain”, il “Neuropathic Pain Questionnaire” e il “Leeds Assessment of Neuropathic symptoms e Signs” sono stati sviluppati, invece, in base al giudizio di un singolo esperto, pertanto l’approccio utilizzato in questo studio può essere considerato accettabile.
Il protocollo utilizzato in questo studio richiedeva a ciascun clinico sia di classificare il paziente in base al dolore presentato che di completare la lista di criteri clinici (CCC). Questa procedura potrebbe rendere i risultati soggetti a un “errore di recensione clinica” in base al quale il preconcetto di un ricercatore su un criterio clinico, associato a ciascuna categoria di dolore, poteva distorcere la sua risposta durante la compilazione della CCC. Le risorse per questo studio non permettevano l’utilizzo di due ricercatori per la valutazione di ogni singolo paziente.
Il gruppo di criteri clinici identificati in questo studio era derivato da una popolazione di pazienti con lombalgia. La valutazione della stessa lista di criteri in un’altra popolazione di pazienti con disordini muscoloscheletrici diversi potrebbe produrre un differente gruppo di sintomi. Pertanto il gruppo di sintomi identificati, non può essere esteso ad altre malattie muscoloscheletriche.
Questo studio fornisce, secondo gli autori, l’evidenza di una certa validità discriminativa preliminare della classificazione del dolore muscoloscheletrico basata sui meccanismi fisiopatologici, anche se si raccomanda la necessità di altri studi al proposito.

 

Rilevanza per la medicina generale
La disponibilità di farmaci analgesici attuale, di recente notevolmente incrementata, rende possibile una gestione soddisfacente del dolore anche nell’ambito della medicina generale. Presupposto indispensabile per una terapia efficace è un appropriato utilizzo dei farmaci che a sua volta presuppone una buona capacità discriminativa dei vari tipi di dolore e dei meccanismi fisiopatologici sottostanti. L’affinamento delle capacità diagnostiche del dolore è, quindi, un’esigenza inderogabile in medicina generale (la SIMG è da anni impegnata nello sviluppo di percorsi formativi sulla diagnosi e gestione del dolore con diverse iniziative e progetti: IPSE, COMPASS, ecc.).

 

Commento del revisore
Questo studio fornisce un strumento di discriminazione diagnostica per il dolore lombare e la lombosciatalgia basato esclusivamente sulla storia clinica e sull’esame obiettivo, che permette di differenziare il dolore nocicettivo dal dolore neuropatico periferico e dal dolore da sensibilizzazione centrale. Lo studio, nonostante alcuni limiti metodologici riconosciuti dagli stessi autori, dimostra di avere raggiunto una buona evidenza e permette efficacemente al medico di medicina generale, in tutti quei casi di dolore lombare complesso, la cui presentazione del dolore non è chiaramente riferibile a un quadro clinico classico, di effettuare una diagnosi differenziale preliminare e iniziare un conseguente approccio terapeutico che, in caso di fallimento, impone la consulenza specialistica.

Informazioni sull'autore
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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 13-mar-12
Articolo originariamente inserito il: 15-gen-12
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