Area Cardiovascolare [Numero 7 - Articolo 2. Ottobre 2006] L’impatto delle malattie valvolari cardiache: uno studio sulla popolazione | ![]() |
Lo studio
Al giorno d’oggi, nei paesi industrializzati, con la sostanziale diminuzione della malattia reumatica le malattie valvolari cardiache sono di natura soprattutto degenerativa, e non vengono considerate tra i principali problemi di salute pubblica. Questa opinione è sostenuta anche dal ridotto numero di sostituzione valvolari, in confronto alla chirurgia coronarica, e alla ridotta mortalità attribuita alla malattie valvolari negli USA. Gli autori ipotizzano che l’impatto di queste patologie sia in realtà sottostimato, per vari fattori, ad esempio l’incompleta descrizione da parte della classificazione internazionale delle malattie, e l’impossibilità, senza l’ecocardiografia, di valutare il loro contributo in termini di morbidità e alla mortalità. Uno studio europeo suggerisce che esiste invece un sostanziale impatto di questa malattia, almeno in Europa, con un collegamento tra le malattie valvolari, l’età avanzata, e l’aumentata aspettativa di vita. Gli autori di questo lavoro, con lo scopo di valutare la prevalenza, la distribuzione e le conseguenze delle malattie valvolari del cuore sinistro, hanno selezionato i dati raccolti da ampi studi epidemiologici, condotti su popolazioni ben caratterizzate e con criteri ecocardiografici specifici, raccolti dal National Health, Lung and Blood Institute (NLBI).
I risultati
Gli autori hanno raccolto i dati da studi diversi: studi di comunità e studi di popolazione. In questi ultimi si studiano campioni sistematici di tutto la popolazione, mentre gli studi di comunità analizzano le malattie man mano che sono diagnosticate nella popolazione. I dati riguardanti la popolazione derivano da tre studi che hanno esaminato 11.911 persone con caratteristiche diverse per età, sesso e razza (ad esempio i bianchi rappresentano il 59%), e tendono a sovrastimare la popolazione anziana. La comunità studiata invece riguarda una contea che afferisce a un singolo centro di ecocardiografia, nella quale bianchi sono più del 90%.
Negli studi basati sulla popolazione, le malattie valvolari cardiache erano presenti nel 5,2% dei partecipanti. La patologia più frequente è risultata il rigurgito mitralico, quella meno comune la stenosi mitralica. La prevalenza della patologia aumenta in maniera molto evidente con l’aumentare dell’età. Non si sono rilevate differenze, aggiustate per l’età, tra i sessi per quanto riguarda il rigurgito mitralico, la stenosi mitralica, il rigurgito aortico.Si è invece osservata una tendenza per una maggiore prevalenza di stenosi aortica negli uomini rispetto alle donne. Nello studio di comunità, le malattie valvolari cardiache sono state identificate nell’1,8% dei soggetti studiati. Anche qui è stato osservato un aumento significativo nella prevalenza con l’aumentare dell’età sia negli uomini che nelle donne; il rigurgito mitralico era la patologia diagnosticata più frequentemente e la stenosi mitralica quella più rara. Si è invece osservata una maggiore prevalenza di malattie valvolari negli uomini.
In entrambi gli studi, i soggetti affetti da malattie valvolari cardiache mostravano rimodellamento delle camere cardiache, caratteristico di sovraccarico di volume o pressione, rispetto ai soggetti sani. Nel rigurgito mitralico si rileva un aumento dei diametri ventricolari senza ipertrofia; nel rigurgito aortico aumento dei diametri con ipertrofia; nella stenosi aortica ipertrofia ventricolare sinistra senza ingrandimento; nella stenosi mitralica aumento consistente di dimensioni dell’atrio sinistro senza alterazioni del ventricolo sinistro. Nella popolazione, la sopravvivenza dei soggetti esaminati con malattie valvolari era del 79% a cinque anni e del 68% a otto anni, rispetto al 93% e all’86% delle persone non affette (differenza statisticamente altamente significativa). Il rischio relativo di morte era di 1,36. Nella comunità, si è osservata sopravvivenza a cinque anni del 56%, a otto anni del 41%, rispetto 73% e al 61% dei soggetti non affetti da patologie valvolari; con un rischio relativo di 1,75. Anche queste differenze sono statisticamente altamente significative.
Gli studi di popolazione tendono a sovrastimare la popolazione anziana, quindi i dati hanno dovuto essere corretti con il censimento USA dell’anno 2000. Questo studio descrive la distribuzione delle malattie valvolari clinicamente significative, ma non ne tiene in considerazione l’eziologia, che può essere molto diversa: reumatica o degenerativa, ad esempio. Le ecocardiografie originali non sono state riviste, e negli studi di popolazione sono state considerate valide anche se non erano quantitative, come auspicato, ma qualitative o semi-quantitative. Gli autori hanno accettato questi dati in quanto coerenti con le lesioni valvolari. (Gli autori non dichiarano i limiti dello studio in un paragrafo apposito).
Implicazioni per la pratica clinica
La prevalenza delle malattie valvolari cardiache è elevata e aumenta considerevolmente con l’età (dopo i 75 anni è presente in un soggetto su otto). L’impatto sulla popolazione di queste patologie è quindi elevato, e in aumento, ma sono sottodiagnosticate nella comunità, soprattutto nelle donne. Le patologie valvolari descritte quantitativamente con l’ecocardiografia sono associate a sovraccarico di pressione o volume delle camere cardiache, rappresentando quindi fattori di rischio indipendenti per un eccesso di mortalità. La precoce identificazione di una importante patologia valvolare può consentire di intervenire precocemente, con minori rischi chirurgici e migliore sopravvivenza e qualità di vita per il paziente.
Conclusioni del revisore
I dati dello studio, che provengono da ricerche molto accurate, riguardano esclusivamente la popolazione USA. I risultati presentati consistono in due distinte serie: quelli derivati da studi sulla popolazione, quindi con una stima della patologia diagnosticata o meno in un campione rappresentativo della popolazione, e quelli di comunità, cioè solo sugli individui che giungono all’attenzione clinica. Questa finezza metodologica, apprezzabile nel suo rigore teorico, causa però una certa difficoltà nella comprensione dell’articolo e nellinterpretazioni delle due serie distinte di risultati proposti. Gli autori calcolano il rischio relativo per i pazienti affetti da malattie valvolari nel loro insieme, ma non per le singole patologie; questo dato potrebbe essere utile nella nostra pratica quotidiana. L’aspetto clinico non ha comunque un ruolo secondario in questo studio, anzi gli autori sottolineano l’importanza di eseguire correttamente un’ecocardiografia sulla scorta di un’indicazione clinica, altrimenti le valvulopatie possono essere sottostimate. Altre metodiche di indagine, come il cateterismo, non sono raccomandate per i rischi e i costi superiori rispetto allecocardiografia.