Area Gastroenterologica [Numero 7. Luglio-Settembre 2012] Inibitori di pompa protonica e rischio di frattura di femore in relazione a fattori dietetici e stili di vita | ![]() |
Background
Gli inibitori della pompa protonica (PPI) sono tra i farmaci più prescritti al mondo. Sebbene il loro uso per brevi periodi di tempo è generalmente ben tollerato, dubbi esistono sui potenziali effetti collaterali in corso di uso protratto. Tra i possibili effetti secondari a lungo termine, le fratture osteoporotiche (in special modo quella dellanca) sono particolarmente temibili in quanto associate a grave decadimento delle condizioni generali 1. In questo caso i PPI potrebbero inibire lassorbimento del calcio 2 ed interferire con la funzione osteoclastica 3, determinando riduzione della densità ossea da iperparatiroidismo 4. Diversi studi hanno indagato la possibile associazione tra PPI e rischio di frattura di femore. Purtroppo molti di questi hanno avuto limitazioni statistiche importanti (studi retrospettivi, scarsa conoscenza dei fattori dietetici e degli stili di vita, bassa numerosità del campione di studio,
). Nel 2010 la FDA pubblicò un warning circa il rischio osteoporotico legato alluso protratto dei PPI, sebbene dichiarasse allo stesso tempo la necessità di raccogliere un numero maggiore di dati in merito al problema. Questo studio ha valutato in maniera prospettica il rischio di frattura di femore in una larga coorte di donne in menopausa che assumevano in cronico PPI.
Studio
La popolazione di studio è una numerosa coorte di infermiere americane che nel 1976, alletà di 30-55 anni, risposero ad un questionario sulle condizioni di salute e da allora furono seguite ogni 2 anni con questionari. Laderenza allo studio è stata di oltre il 90%. Il questionario includeva domande anche sulle abitudini alimentari e di attività fisica. Tra le domande specifiche cera anche quella sulla eventuale frattura di femore causata da caduta con trauma di lieve-media entità; venivano escluse dalla registrazione le fratture dovute a traumi importanti (p.es. caduta da sci o dalle scale corrispondenti a circa 15% dei reports).
I questionari somministrati tra gli anni 90 ed il 2006 includevano domande sulleventuale uso regolare e continuativo di H2-inibitori (cimetidina, ranitidina,
); dal 2000 vennero inclusi anche i PPI (lansoprazolo, esomeprazolo,
) ma senza specifica su dosaggi e nome commerciale. In oltre 22000 soggetti fu indagata specificamente la sintomatologia connessa a reflusso esofageo, incluso le manifestazioni extraesofagee (aderenza= 86%). Oltre 16000 intervistate inviarono informazioni dettagliate e furono quindi incluse nellanalisi finale di questo studio.
Ogni 2 anni le donne rispondevano a domande sul loro stato generale di salute e sulla eventuale menopausa ma anche su abitudini di vita (attività fisica, peso corporeo, tempo trascorso a leggere, alimentazione, assunzione di vitamine, consumo di alcol, fumo, uso di ormonoterapia sostitutiva, steroidi, supplemento di calcio, bifosfonati, indagini per osteoporosi
).
La popolazione finale di studio includeva le donne che avevano assunto PPI per almeno 2 anni consecutivi a partire dal 2000 e che non avevano avuto né neoplasie maligne né pregresse fratture di femore.
I risultati ottenuti furono successivamente confrontati con quelli di una metanalisi eseguita sui dati derivanti da precedenti studi presi in considerazione dalla FDA 5. Altri 4 studi furono aggiunti a seguito di ricerca su Medline. Tra questi ve ne furono anche 3 condotti sui dati rilevati dal database della Medicina Generale inglese.
Risultati dello studio
Tra circa 80000 donne in fase post-menopausale, 893 riportarono una frattura recente di femore. Nel 2000, il 6.7% dei soggetti totali assumeva regolarmente un PPI, nel 2008 lassunzione riguardava il 18.9%. Rispetto ai controlli non assumenti PPI, i consumatori del farmaco avevano un BMI maggiore, erano meno attivi fisicamente, consumavano meno alcolici, avevano una più evidente storia di osteoporosi con maggiore assunzione di ormoni sostitutivi, steroidi e bifosfonati.
Il rischio assoluto di frattura di femore tra coloro che assumevano PPI fu di 2.02 eventi/1000 persone/anno rispetto a 1.51/1000 persone/anno dei non trattati (corrispondente ad un 35% di rischio in più se calcolato come rischio relativo corretto per letà o per BMI, considerati anche la presenza di altri cofattori di rischio quali il fumo, attività sedentaria, la storia di osteoporosi, lassunzione di altri farmaci quali steroidi, bifosfonati, diuretici tiazidici). Il rischio relativo (RR) di frattura di femore aumentava ancora se si considerava la durata di assunzione del PPI oltre 2 anni. Il rischio di frattura aumentava significativamente con la durata duso dei PPI (hazard ratio: 1.36 per 2 anni di assunzione, 1.42 per quattro anni, 1.55 per 6-8 anni). Il rischio calava tornando ai livelli dei non utilizzatori di PPI nelle donne che avevano assunto il farmaco per almeno 2 anni e non lo assumevano più da oltre 2 anni rispetto al tempo di valutazione (hazard ratio: 1.10).
Solo il fumo, tra i cofattori di rischio su riportati, aumentava il rischio (1.51) tra le donne assumenti PPI. Neanche la motivazione (patologia) per la quale i PPI erano assunti influiva sul rischio di frattura, così come, con analisi statistiche separate, non risultarono associate le patologie responsabili dellassunzione di PPI con il rischio di frattura di femore in soggetti non assumenti PPI. Per valutare se lassociazione tra uso di PPI e frattura di femore fosse principalmente legata alla soppressione dellacidità gastrica, la stessa relazione fu cercata tra gli utilizzatori abituali di H2-inibitori. Rispetto agli utilizzatori di PPI, un più basso rischio di frattura fu osservato tra coloro i quali assumevano H2-inibitori.
Risultati della metanalisi
Gli 11 studi considerati, sebbene moderatamente eterogenei, riunivano una popolazione di oltre 1.500.000 individui. Lodds ratio complessivo di frattura di femore associata alluso di PPI risultò essere 1.28. Simili risultati furono riscontrati anche aggiungendo separatamente i dati degli studi condotti in Medicina Generale.
Risultato della meta-analisi dei nostri risultati ottenuti con 10 studi pubblicati sul rischio di frattura dell’anca, con l’uso cronico di un inibitore di pompa protonica (PPI). Per lo studio di Yu et al,13 le stime di rischio sono state fornite solo per uomini e donne separatamente
mplicazioni per la pratica clinica
Il progressivo incremento delle diagnosi di malattia da reflusso gastro-esofageo così come laumentata necessità di gastroprotezione in soggetti a rischio di lesioni gastriche da farmaci ha portato i PPI ad essere tra i farmaci maggiormente prescritti negli ultimi anni. Questo largo consumo rende leventuale problema degli effetti collaterali un potenziale limite alluso cronico.
I risultati di questo studio prospettico condotto su una vasta coorte di donne insieme ai dati della metanalisi mostrano una associazione significativa tra luso regolare e continuativo di PPI ed il rischio di frattura di femore. Il rischio sembra aumentare con la durata di assunzione di PPI e soprattutto nelle donne fumatrici. Gli altri cofattori di rischio (abitudini alimentari, attività fisica, farmaci,
) non apparvero influenzare i risultati. Il rischio di frattura ritornava paragonabile a quello della popolazione di controllo (non assumenti PPI) dopo 2 anni dalla sospensione del trattamento.
I risultati di questo studio sono inquietanti dal punto di vista della pratica quotidiana del Medico di Medicina Generale, il quale dovrebbe, in base a questi dati, iniziare a pensare sia di monitorare la densità minerale ossea in pazienti assumenti in cronico PPI che di ritenere questi farmaci non del tutto scevri da potenziali effetti collaterali, apparentemente silenti ma importanti per la salute dei pazienti.
Conclusioni del revisore
I risultati presentati in questo lavoro sono in linea con quelli di altri studi dimostranti come luso cronico di PPI sia associato ad aumentato rischio di frattura di femore e che questo aumenta con gli anni di assunzione di PPI. Rispetto agli altri studi, aldilà della numerosità del campione, i dati di questo lavoro erano corretti per altri fattori potenzialmente pro-osteoporotici. Limportanza di questo studio risiede inoltre anche nella dettagliata analisi e nella esclusione degli altri fattori confondenti, elementi non ben valutati negli studi precedenti. Il rientro dei pazienti nella categoria di rischio di frattura più basso e paragonabile ai controlli dopo 2 anni dalla sospensione del trattamento con PPI aggiunge potenza ai dati relativi allassociazione PPI rischio di frattura di femore. Infine laggiunta dei dati di metanalisi condotta sugli studi precedenti rafforza limportanza dei dati raccolti in questo studio prospettico. E comunque da ricordare che altri studi hanno evidenziato una associazione tra PPI e rischio di frattura in generale, mentre altri lavori non hanno trovato alcun tipo di associazione significativa 6,7. Da un punto di vista patogenetico, lassociazione PPI-rischio di frattura potrebbe dipendere dallinibizione della secrezione acida gastrica che porterebbe ad un ridotto assorbimento di calcio, sebbene alcuni studi non abbiano dimostrato né un effetto dei PPI sulla densità minerale ossea né sullassorbimento intestinale del calcio 6,8. Laddizionale effetto del fumo, noto inibitore dellassorbimento di calcio 9, è un parametro da non trascurare. E ovvio che in studi futuri i meccanismi di interazione fumo-PPI dovranno essere più accuratamente valutati. Un limite di questo studio risiede nella mancanza di informazioni fornite a riguardo del tipo di PPI assunto e del dosaggio usato. Questo potrebbe avere importanza ai fini di interazioni farmacologiche e metaboliche che le diverse molecole di per se posseggono (vedi recente evidenza di interazione PPI-Clopidogrel). Laltra carenza dello studio riguarda la mancanza di documentazione in merito alla valutazione di cambiamenti di densità minerale ossea e relativa associazione con luso di PPI.
Referenze
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