08
GEN
2013
Area Alimenti Funzionali

[Numero 8 - Articolo 2. Dicembre 2009] Sicurezza d’uso – il rapporto rischi/benefici degli alimenti funzionali


Titolo originale: Safety impact – the risk/benefits of functional foods.
Autori: Pascal G.
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Eur J Nutr 2009;48 (Suppl 1):S33–S39
Recensione a cura di: Ignazio Grattagliano
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Background
L’ approccio analitico ai rischi connessi con l’alimentazione è cresciuto enormemente negli ultimi anni. Fino a poche decine di anni fa, il rischio sulla salute legato alla tipologia degli alimenti ingeriti non destava preoccupazione. In seguito tali rischi, soprattutto per additivi ed eventuali contaminanti, sono stati considerati e valutati in base al tempo di esposizione (giorni, settimane, mesi). L’ideale per il consumatore è che il rischio sia quanto più vicino possibile allo zero. Oggigiorno finanche i produttori hanno interesse a che il rapporto rischi/benefici dell’alimento sia il più accettabile possibile, sperando in sistemi di misurazione sempre più affidabili. Questa preoccupazione non risparmia neanche gli alimenti funzionali, come già dichiarato qualche anno fa (1), tenendo presente che la sicurezza dell’alimento non riguarda soltanto le proprietà nutrienti e gli effetti fisiologici, ma anche la riduzione del rischio di insorgenza di malattie che l’alimento stesso può indurre.

 

 

L’articolo
Nel 1957, in seguito ad una conferenza congiunta FAO/WHO, la ricerca delle concentrazioni di additivi probabilmente innocue per l’uomo rappresentò un punto importante di discussione. Si decise che il termine di “quantità giornaliera accettabile” esprimesse al meglio un alto grado di innocuità, dato che la non tossicità in assoluto non può essere dimostrata da nessuno (2). Un concetto simile ma più preciso fu annunciato nel 1987 da WHO definendo la quantità giornaliera accettabile in base al peso corporeo (standard= 60 kg) ed al tempo di esposizione di tutta la vita (3). Il concetto fu poi esteso in campo tossicologico ai contaminanti, la cui quantità tollerabile veniva espressa in esposizione giornaliera, settimanale o mensile in base all’emivita della sostanza. In parallelo, in USA compariva anche la definizione di innocuo come “sostanza presentante rischi socialmente accettabili in base all’estensione del consumo”. Questa definizione portava a considerare il concetto di uso ristretto anziché di consumo illimitato. Successivamente, focalizzando l’attenzione sul rischio di genotossicità e cancerogenicità, procedure matematiche sono state applicate per estrapolare dati dall’animale da esperimento all’uomo considerando una durata di vita media di 70 anni. In questo modo veniva coniato il termine di margine di esposizione e di dose benchmark (stima della dose più bassa corrispondente a quella che con certezza al 95% causa tumore nel topo in non oltre il 10% dei casi). Applicando questi concetti nel campo degli alimenti funzionali, occorre distinguere i micro-nutrienti non essenziali, a cui dovrebbe essere applicata la metodologia su riportata per additivi e contaminanti, dai micro-nutrienti essenziali per cui è stato suggerito un nuovo approccio per comparare gli effetti benefici da quelli avversi (4). Questo modello valutativo avvisa il produttore in presenza di rischio di tossicità rispetto alla carenza o mancanza di efficacia. Nel caso dei macro-nutrienti o dell’alimento intero è più difficile valutare il rischio con l’approccio tradizionale ed è differente anche da quello usato per additivi e contaminanti. Per l’alimento intero, il termine salubrità è più indicato rispetto a quello di sicurezza, ed include una serie di aspetti che vanno dalla tossicologia alla nutrizione, dalla microbiologia agli effetti ambientali. L’attuale valutazione della sicurezza di un alimento intero si basa sui protocolli utilizzati per prodotti farmaceutici a basso peso molecolare, chimici industriali, pesticidi, additivi alimentari e contaminanti. Tuttavia, questi protocolli presentano dei limiti. Il primo tra tutti è che sostanze ben definite e singole possono essere date all’animale in quantità molto più alte di quelle a cui è esposto l’uomo. Questo permette, quindi, di studiarne la tossicità da alte dosi. Gli alimenti, invece, se usati in grandi quantità inducono sazietà, possono produrre squilibri nutrizionali e debbono essere impiegati nell’animale in quantità inferiori rispetto all’esposizione umana. Pertanto lo studio nell’animale risulta poco attendibile e sono state proposte nuove strategie valutative. Per esempio, la valutazione della sicurezza si può basare sulla comparazione con altri alimenti che presentano una lunga storia di sicurezza d’uso, concetto denominato dell’equivalenza sostanziale (5). Un limite di questo approccio si presenta quando dati chimici e fisici dell’alimento non sono del tutto conosciuti. Più recentemente, lo studio dei rapporti rischi/benefici per gli alimenti funzionali si sono basati anche su scale di valutazione che considerino l’incidenza, disabilità, qualità della vita, giorni di lavoro persi, costo. Infine, per quanto concerne vegetali in toto ed estratti, la valutazione è ancora più controversa. Il rischio tossicologico potrebbe essere maggiore per i prodotti che non hanno limiti nell’esposizione.

 

 

Implicazioni per la pratica clinica
Questo interessante articolo esamina le metodiche usate nel corso degli anni per la valutazione del grado di sicurezza dei nutrienti e degli alimenti funzionali. La ricaduta pratica principale è quella di ricordare al medico l’assenza di criteri assoluti che stabiliscano l’innocuità di una qualsiasi sostanza si voglia considerare ed allo stesso tempo di portare a conoscenza dell’opinione medica e pubblica il percorso che è stato seguito negli anni per effettuare questo difficile tipo di valutazioni. Importanti considerazioni emergono dalla lettura dell’articolo. Per esempio i concetti di equivalenza sostanziale e di storia di sicurezza d’uso (vedi sopra) che possono essere di sicuro applicati ad alimenti funzionali assunti in paesi in cui esiste un sistema di sorveglianza in grado di evidenziare effetti pericolosi, ma che altrettanto non può essere fatto per gli alimenti provenienti da paesi in cui questo controllo non esiste. Pertanto, occorrerà tenere presente alcune possibilità se l’alimento funzionale differisce dagli altri alimenti per il contenuto di un additivo. In pratica:

 

 

  • se il contenuto è minimo, sarà da ritenersi sostanzialmente equivalente

  • se è presente in quantità maggiori, sarà necessario essere sicuri della sicurezza sulla base di prove tossicologiche
  • se l’additivo non esiste nel cibo correntemente ingerito, la sua sicurezza dovrà essere valutata come tutti gli altri additivi: dovrà essere considerato come un alimento nuovo
  • se l’alimento funzionale non è sostanzialmente equivalente per una differente composizione, dovrà essere considerato come un alimento nuovo a tutti gli effetti.

 

Conclusioni del revisore
In letteratura esistono pochi articoli che in maniera così chiara propongono al lettore quello che realmente accade da un punto di vista di sicurezza prima della immissione in commercio di un alimento funzionale. Da un’analisi particolareggiata del documento si evince come i dati a disposizione per classificare quantitativamente il rapporto rischio/beneficio in campo alimentare potrebbero non essere sufficienti poichè molte valutazioni restano complesse. Per esempio, le metodiche di valutazione per i micro-nutrienti devono essere diverse da quelle utilizzabili per l’alimento intero. Quest’ultimo presenta maggiori difficoltà di valutazione poichè dovrebbe essere confrontato con altri alimenti già da tempo presenti in commercio. Un’altra possibilità, anche se non scientificamente ortodossa, è quella di effettuare un monitoraggio post-marketing che potrebbe supportare una difficile e non accurata valutazione del prodotto eseguita in pre-marketing. Nel corso di queste valutazioni, in generale, non viene preso in considerazione nè il fattore influente rappresentato dalla patologia nè quello potenzialmente confondente rappresentato dall’associazione con sostanze farmacologiche contemporaneamente somministrate. Pertanto, in campo alimentare, la ricerca di una scala di valutazione del rischio/beneficio unica ed affidabile rimane ancora un’utopia.

 

 

Bibliografia

 

 

  1. Roberfroid MB. Global view on functional foods: European perspectives. Br J Nutr 2002;88 (Suppl 2):S133–S138.

  2. Truhaut R. The concept of the acceptable daily intake: an historical review. Food Addit Contam 1991;8(2):151–162.

  3. WHO. Principles for the safety assessment of food additives and contaminants in food. Environmental Health Criteria 1987, n70. Geneva.

  4. Renwick AG et al. Risk–benefit analysis of micronutrients. Food Chem Toxicol 2004;42:1922–2004

  5. JECFA. Joint FAO/WHO Expert consultation of foods derived from biotechnology, Topic 1: the concept of substantial equivalence, its historical development and current use. 2000 Biotech 2000/03, Geneva.

 

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 17-giu-10
Articolo originariamente inserito il: 18-dic-09
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