Area Cardiovascolare [Numero 63. Dicembre 2012] Effetti di un sistema intensivo di cure strutturate sul controllo di targets pressori: un trial multicentrico controllato randomizzato | ![]() |
Obiettivo dello studio
valutare leffetto sul controllo della pressione di un sistema intensivo di cure strutturate. Lo studio è stato condotto in tutte le General Practices dellAustralia tranne che nelle regioni del Nord. 416 (19%) su 2185 pazienti la cui ipertensione necessitava di un trattamento farmacologico, secondo le linee guida nazionali, raggiunsero il target desiderato dopo 28 gg di monoterapia; i restanti 1562 non a target (Pressione sistolica 150, pressione diastolica 88) furono suddivisi in maniera randomizzata (rapporto 2:1) in un gruppo di intervento (1038) ed in un gruppo sottoposto a cure usuali. Lintervento consisteva nella valutazione del profilo clinico e del livello di rischio tramite un software in tutti i pazienti e in un stretto follow up con aggiustamenti progressivi delle dosi di farmaco solo per il gruppo randomizzato. L8.8% in più di pazienti nel gruppo dintervento raggiunse i target di pressione ed il 9.5% in più raggiunse i target di PA = 140/90; la riduzione media di pressione fu di 13,2 per la sistolica e di 7.7 per la diastolica vs una riduzione di 10,1 e di 5,5 nel gruppo di controllo (P<0.001). Si può concludere che nelle cure primarie un sistema intensivo di cure strutturate comporta un controllo maggiore dei valori di pressione con una maggiore riduzione sia dei valori pressori che del rischio di eventi cardiovascolari
Introduzione
Sebbene lipertensione sia una condizione facilmente diagnosticabile e modificabile essa rimane il fattore di rischio più responsabile di morte; studi epidemiologici suggeriscono una relazione sicura tra aumentati valori di pressione ed aumentato rischio di eventi cardiovascolari (1) Il target ideale secondo le linee guida (LG) del National Institute for Health and Clinical Excellence in the United Kingdom è = 140/90 in pazienti con meno di 80 anni con riduzioni maggiori per pazienti ad alto rischio come i diabetici o i cardiopatici, anche se recenti evidenze negano i benefici ottenibili da tali valori. Indipendentemente dai target raggiunti i benefici ottenibili dalla riduzione dei valori di pressione nella pratica clinica quotidiana non sono così eclatanti. Un elemento chiave per superare questo gap sembra essere la disponibilità di programmi strutturati che attraverso una titolazione verso le dosi massime del farmaco o la prescrizione di farmaci aggiuntivi consenta di superare linerzia terapeutica permettendo di raggiungere i target prefissati. Nello studio è stato ipotizzato che in una coorte di pazienti seguiti nelle cure primarie ladozione di regimi di cure intensivi e strutturati produca una maggiore riduzione dei valori pressori rispetto alle cure tradizionali. I partecipanti provenivano da 260 medici generali operanti in 119 general practices distribuite in tutta lAustralia tranne che nelle regioni del nord. Furono reclutati tutti i pazienti di età >18 anni con diagnosi di ipertensione che necessitava di un trattamento farmacologico escludendo quelli con PA>180, con un regime di 3 o più farmaci, con malattie renali o con controindicazioni allassunzione di calcio antagonisti o diuretici o antagonisti dei recettori dellangiotensina. E uno studio in aperto randomizzato con 2 bracci in cui i partecipanti, allinizio venivano sottoposti ad una valutazione iniziale del rischio cardiovascolare assoluto, tramite un software elaborato da Baker IDI. Successivamente stabiliti i target per i diversi fattori di rischio, era prescritta una terapia con Valsartan 80 mg e dopo un controllo a 14 giorni dei valori di pressione se questa risultava = 180 mmHg i pazienti venivano randomizzati. Il gruppo sottoposto alle cure usuali era trattato e seguito secondo i normali modelli di cura dei medici generali con visite obbligatorie alla 6 e alla 26 settimana; il gruppo di intervento invece veniva sottoposto a visita alla 6-10-14-18 settimana per misurare la pressione e per aggiustare la terapia. Endpoint principale dello studio era la percentuale di pazienti che raggiungeva i target pressori indicati dalle linee guida =125/75 se era presente una proteinuria = 130/80 se era presente un danno dorgano e = 140/90 se entrambe le condizioni erano assenti. Endpoint secondario era il cambiamento dei valori medi di pressione e del rischio cardiovascolare sulla base del Framinghan risk score
Risultati
Dei 2185 partecipanti il 60,8% aveva unipertensione preesistente ed era stato trattato in media per 5 anni con diversi tipi di farmaci; i loro target erano = 125/75 nel 15% dei casi = 130/80 nel 45.4% ed = 140/90 nei rimanenti pazienti; durante la fase iniziale il 19% dei partecipanti raggiunse i target indicati per il suo gruppo. 360 pazienti del gruppo dintervento ricevettero una monoterapia mentre 670 una terapia di combinazione, per 219 pazienti furono prefissati target differenti rispetto a quelli indicati dalle linee guida in rispetto della libertà di scelta del medico. I pazienti del gruppo di controllo ebbero complessivamente 815 visite mentre quelli del gruppo d intervento 3477.
Nella tabella sono indicati i valori medi di pressione sistolica e diastolica al basale e nelle settimane successive dello studio in entrambi i gruppi.
Alla fine dello studio una percentuale minore di pazienti del gruppo dintervento era in monoterapia (14,8% vs 43,3%) mentre era maggiore la percentuale che assumeva una terapia di combinazione (58,7% vs 41,4%) o una tripla terapia (14,9% vs 4,1%). In 360 pazienti il protocollo non fu osservato, principalmente (90%) per mancato incremento delle dosi da parte del medico. Sulla base dellintention to treat nel gruppo dintervento il 36,2% dei partecipanti raggiunse i target di pressione prefissati contro un 27,4% del gruppo delle cure tradizionali con incremento del8,8% (RR 1.28 (95% confidence interval 1.10 to 1.49, P=0.0013); in generale il 63,5% del gruppo di intervento raggiunse il target classico =140/90 mm Hg. Unimportante riduzione della pressione fu osservata in entrambi i gruppi, maggiore nel gruppo dintervento 69,3% vs 59,4%; Durante il periodo di follow up si ebbe una riduzione media di 12,3 mmHg per la sistolica e di 7,7 mmHg per la diastolica nel gruppo dintervento vs una riduzione di 10,1 e 5,5 nel gruppo in cura tradizionale (P<0.001). Nei 1141 pazienti in cui fu calcolato il rischio cardiovascolare si documentò una sua maggiore riduzione nel gruppo dintervento (dal 14,7 al 10,9%) rispetto a quello delle cure usuali (dal 15 al12,4%). Durante il periodo di arruolamento si ebbero 1044 reazioni avverse il 40,6% delle quali attribuite dai medici curanti ai farmaci somministrati durante lo studio, mentre durante il follow up delle 543 reazioni avverse riferite alle cure in atto 422, interessarono il gruppo di intervento 121 laltro; gli effetti collaterali più frequenti furono capogiri, edemi periferici, astenia e sonnolenza. Edemi periferici e capogiri furono segnalati più frequentemente nel gruppo dintervento e in quei pazienti che effettuavano una terapia combinata. Gli eventi avversi gravi furono 57 nel gruppo dintervento e 35 nel gruppo delle cure tradizionali che richiesero il ricovero rispettivamente in 8 ed in 6 casi.
Discussione
Una strategia comprendente una valutazione del profilo di rischio cardiovascolare secondo le linee guida, un trattamento farmacologico a gradini, un incremento progressivo delle dosi dei farmaci ha prodotto un incremento del 8,8% di obiettivi pressori raggiunti. Circa 2/3 dei pazienti aveva unipertensione persistente malgrado il trattamento farmacologico e i rimanenti non rispondevano al valsartan in monoterapia. La popolazione dello studio aveva in media un rischio > del 15% rappresentando quindi un gruppo a rischio elevato per la medicina generale. La consistente riduzione dei valori pressori e del rischio cardiovascolare conseguente, può essere giustificata dallutilizzo di un sistema informatico che permetteva sia la valutazione del rischio allingresso dello studio, sia il follow up, sia la gestione della terapia in maniera automatica e che è rappresentata da un maggior numero di pazienti in terapia di combinazione.
Forza e limiti dello studio: Lo studio ha il pregio di affrontare il complesso problema dellottimizzazione dei valori pressori nellambito delle cure primarie usando farmaci comunemente prescritti in Australia, di conseguenza ha un disegno in aperto con un timing di controlli tarato sulle esigenze cliniche; per tutti questi motivi la trasferibilità dei risultati ad altre situazioni richiede cautela. Malgrado questi limiti e la modesta riduzione dei valori pressori ottenuti, la loro generalizzazione alle migliaia di australiani ipertesi che annualmente non raggiungono i targets prefissati ha un impatto estremamente importante. La scelta del valsartan come trattamento iniziale è giustificata sia dalla possibilità di standardizzare con precisione il trattamento e la sua titolazione sia dalla necessità di valutare la sua efficacia in monoterapia nel lungo e nel breve termine. La scelta di un modello di randomizzazione individuale è stata dettata dallesigenza di evitare squilibri tra i due gruppi e dalla necessità che i partecipanti dei due gruppi fossero curati dallo stesso medico, questo ha però comportato un atteggiamento più aggressivo nel gruppo di controllo, che comunque non ha inficiato lentità della riduzione di pressione. Da considerare che circa il 4% dei partecipanti non aveva un valore di pressione di fine studio per cui fu eliminato dallo studio. Malgrado recenti evidenze abbiamo messo in discussione lutilità di target pressori aggressivi (2) sono ancora numerose le prove ottenute sia da studi di coorte (3) che da metanalisi (1) che abbassare la pressione riduca la percentuale di stroke e di eventi cardiovascolari. Sostengono atteggiamenti aggressivi precoci e lutilità di una terapia di combinazione i dati dello studio Valsartan Antihypertensive Long-term Use Evaluation trial (4 -5) e quelli del Avoiding Cardiovascular Events in Combination Therapy in Patients Living with Hypertension (6). Sebbene siano disponibili molti studi di grandi dimensioni che hanno valutato i vantaggi di terapie di combinazione, vi sono poche evidenze di studi multicentrici in cui siano stati confrontati i risultati di un approccio strutturato ed intensivo rispetto ad uno tradizionale nel raggiungere i target pressori indicati dalle Linee guida nellambito delle cure primarie. Questi risultati confermano quelli di una recente review della Cochrane (7) nella quale si raccomanda un approccio intensivo e a tappe nei pazienti ipertesi specialmente in quelli che non raggiungono i target e quelli di uno studio canadese in cui lapplicazione di un semplice algoritmo terapeutico nelle cure primarie produceva una riduzione del 12% nel gruppo di intervento.
Implicazioni cliniche
Alcuni aspetti emersi da questo studio sono particolarmente importanti. In particolare una monoterapia iniziale (Valsartan 80 mg) in un contesto strutturato produce, indipendentemente dal trattamento precedente un raggiungimento degli obiettivi in una consistente fascia di popolazione. E possibile che per le dimensioni dello studio e per le sue implicazioni in altri paesi sviluppati esso possa influenzare le future linee guida in particolare in tema di possibilità di raggiungere target pressori più bassi, se questi siano realmente raggiungibili, e sul ruolo dellinerzia terapeutica nel raggiungere i risultati. Sia la riluttanza dei medici ad usare più alte dosi della terapia di combinazione o una tripla terapia sia fattori dipendenti dai pazienti hanno impedito a molti pazienti di raggiungere il target classico di PA= 140/90. Sebbene la riduzione di pressione possa sembrare modesta essa comporta che un maggior numero di pazienti rientri nei target, ed inoltre che il rischio assoluto di eventi cardiovascolari si riduca di un significativo 1% mentre il rischio relativo di coronaropatia si riduce del 6% e quello di stroke del 11%. Latteso aumento di eventi avversi nel gruppo dintervento con un maggior numero di pazienti che interrompe il trattamento o deve modificarlo deve essere attentamente valutato. Contribuisce ad un miglioramento della pressione non solo un aumento della prescrizione dei farmaci ma anche un aumento del tempo speso per paziente, aspetto confortato da analoghi risultati ottenuti in revisioni cliniche (7) e dallapproccio incentrato su pazienti suggerito dallattuali linea guida.
Aspetti futuri
Malgrado limportante riduzione dei valori pressori, la percentuale di pazienti che raggiunge i target è ancora modesta e quindi il valore di pressione inferiore 140 90 appare più raggiungibile pur con la disponibilità di terapie più aggressive. Questi aspetti possono suggerire dei target di pressione più realistici per le cure primarie. In conclusione è stato dimostrato che un approccio strutturato guidato dalluso di un programma informatico può migliorare i valori di pressione nei pazienti nelle cure primarie.
Commento del revisore: limportanza di questo studio per la medicina generale deriva dal fatto che dimostra come un intervento intensivo e strutturato possa portare a target un maggior numero di pazienti. Lutilizzo di sistemi informatici che nell esperienza della SImg è ormai avanzato attraverso luso del gestionale Millewin ha prodotto un notevole miglioramento del numero dei pazienti a target, anche se la loro percentuale non risulta tuttora soddisfacente occorrono pertanto ulteriori strumenti che spingano il medico a raggiungere i target di pressione nella restante popolazione ipertesa. Uno di questi potrebbe essere il sistema GPG Patient che attraverso unanalisi dei valori di pressione e di altri fattori di rischio del paziente ci ricorda live il tipo di intervento da effettuare
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