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GEN
2013
Psoriasi

[PSORIASI] La gestione del paziente psoriasico nel contesto del progetto Psocare


La psoriasi è una patologia diffusa che in media interessa il 3% della popolazione generale con età di esordio nelle forme giovanili intorno ai 20 anni e ai 50 nelle forme dell’adulto; in Italia si stimano quindi almeno 1.700.000 casi 1. Come è noto, l’espressione clinica più comune della malattia consiste in placche eritematose ricoperte da una spessa squama localizzate sulla cute dei gomiti, delle ginocchia, della zona lombare e del cuoio capelluto. Le lesioni hanno un andamento cronico recidivante, imprevedibile nell’eventuale progressione. Dagli studi epidemiologici risulta che circa un terzo dei pazienti è affetto da forme definite moderate/severe della malattia, con interessamento della superficie cutanea superiore al 10% e coinvolgimento di vaste aree del tronco, del volto, delle mani e dei piedi. Si stima, inoltre, che una percentuale che va dal 5 al 42% dei casi si associ alla psoriasi artropatica (PsA), che necessita di un trattamento efficace al fine di prevenire esiti invalidanti 2. Da anni la psoriasi è considerata una patologia cutanea determinata da un’alterazione del sistema immunitario. L’impatto sistemico della malattia è confermato dalla presenza di una serie di comorbidità correlate a meccanismi di flogosi immunomediata e ad alterazioni di tipo metabolico 3. È noto che le patologie infiammatorie croniche dell’intestino, in particolare il morbo di Crohn, quelle oculari come iriti, uveiti ed episcleriti si presentano negli psoriasici con una frequenza maggiore rispetto alla popolazione generale 3. Più recentemente, alcuni studi hanno evidenziato un aumento del rischio di insorgenza di disturbi cardiovascolari negli psoriasici, soprattutto per coloro che sono affetti da forme più severe della malattia e che presentano anche un coinvolgimento articolare. Si è osservato inoltre che la psoriasi e i disturbi cardiovascolari sembrano condividere fattori di rischio comuni, quali il fumo, l’obesità, il diabete, e che la sindrome metabolica sia più frequente negli psoriasici rispetto agli individui affetti da altre patologie cutanee 4. La presenza di queste comorbidità influenza negativamente l’approccio terapeutico, in quanto le stesse costituiscono in molti casi una controindicazione ai trattamenti sistemici e spesso ne pregiudicano l’efficacia ottimale. Inoltre, è fondamentale considerare l’impatto psicologico della psoriasi sul paziente, poiché può comprometterne significativamente la qualità di vita, inducendo un’ampia gamma di disturbi dell’umore fino alla depressione, che può in alcuni casi portare all’ideazione del suicidio. Non sorprende quindi il dato che il 60% dei soggetti affetti da psoriasi presentino anche una diagnosi di depressione 5.
Gli studi non si sono limitati alle valutazioni epidemiologiche, ma hanno anche permesso di acquisire nuove conoscenze sui principali meccanismi patogenetici della malattia, evidenziando il ruolo fondamentale del sistema immunitario, in particolar modo l’attivazione dei linfociti T, nello sviluppo delle manifestazioni cliniche. Sono stati individuati alcuni passaggi chiave controllati da numerose citochine tra le quali il Tumor Necrosis Factor-alpha (TNF-α), l’Interferon-gamma (IFN-
γ) e le interleuchine (IL) 12, 17, 22 e 23, attraverso i quali si amplificano i processi di flogosi e di iperplasia cheratinocitaria a livello cutaneo. Tali acquisizioni hanno costituito la base per la ricerca e lo sviluppo di nuove terapie che, grazie ai progressi nel campo della bioingegneria, hanno portato alla produzione di nuove categorie di farmaci sistemici definiti “biologici”. Tali farmaci, frutto di sofisticati processi di sintesi, sono caratterizzati dalla capacità di bloccare in modo selettivo alcune citochine chiave nella cascata immunologica che porta alla formazione delle lesioni psoriasiche. Al momento sono disponibili 3 farmaci in grado di agire sul TNF-α (adalimumab, infliximab ed etanercept), con ottimi risultati terapeutici sia sul piano cutaneo sia su quello articolare, e un farmaco anti IL 12 e 23 (ustekinumab) approvato soltanto per le manifestazioni cutanee della psoriasi. A causa dei costi elevati, queste nuove terapie sono prescrivibili solo nei casi più gravi e che non possono essere trattati efficacemente con le terapie tradizionali sistemiche (ciclosporina A, metotressato, acitretina fototerapia) 6. Tuttavia, dal punto di vista economico e sociale, è difficile stimare una spesa reale legata alla patologia. Secondo un recente studio di farmacoeconomia, considerando i costi diretti e indiretti della malattia, si stima che per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) la spesa media annua per unpaziente affetto da psoriasi è di 8371,61 euro, che salgono a 11.434,40 per i casi più gravi 7. A parte i farmaci biologici, come giàdetto indicati in un gruppo ben definito di casi, l’approccio terapeutico risulta piuttosto disomogeneo tra i vari specialisti; inoltre, non sono disponibili dati sufficienti per valutare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine delle terapie sistemiche tradizionali, utilizzate suampia scala. Da questi dati si ha la conferma della vastità e della complessità del problema psoriasi. Proprio per cercare di chiarire a livello nazionale gli aspetti medico organizzativi legati alla malattia, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha promosso nel 2005 ilprogramma Psocare (www.psocare.it). Il protocollo, nato con la collaborazione delle principali società scientifiche dermatologiche (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse [SIDeMaST] e Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani [ADOI]) e con le associazioni dei pazienti (Associazione per la DIfesa degli PSOrisiaci [ADIPSO]), mira a valutare a lungo termine i benefici, i rischi e le modalità prescrittive dei trattamenti sistemici disponibili per i casi di psoriasi da moderata a severa.
Si riferisce, pertanto, sia alla valutazione delle terapie tradizionali quali metotressato, ciclosporina a, acitretina e fototerapia, sia dei nuovi farmaci biologici disponibili come infliximab, adalimumab, etanercept e ustekinumab. Visto il profilo di comorbidità o di condizioni particolari (anziani, bambini, donne in gravidanza) presenti nel soggetto psoriasico, si propone anche di identificare i gruppi di pazienti a rischio che necessitano di strategie terapeutiche più articolate. La raccolta di casistica e di dati, tuttora in corso, è avvenuta grazie alla costituzione di oltre 150 centri di riferimento Psocare, presenti nelle principali Unità Operative di Dermatologia del territorio nazionale. Tutto ciò ha reso possibile la registrazione di oltre 16.000 casi di psoriasi da moderata a severa, monitorati con visite di controllo periodiche (4-6 all’anno) presso gli ambulatori dei centri stessi. La diffusione capillare di strutture di riferimento ha permesso ai malati di psoriasi di avere una maggiore facilità di accesso a effettuare visite da parte di specialisti dermatologi con particolare esperienza nel trattamento di questa patologia e conseguentemente a beneficiare delle terapie più innovative. Come già indicato, l’accesso allo studio Psocare è riservato ai casi di psoriasi da moderata a severa che necessitano di trattamenti sistemici. Nella pratica clinica, la gravità della malattia viene definita in base a diverse scale di valutazione. Tra queste, la più diffusa è il Psoriasis Area Severity Index (PASI), che prende in considerazione le principali caratteristiche delle lesioni psoriasiche, ovvero l’eritema, la desquamazione, l’ispessimento e la percentuale di superficie corporea interessata. A ognuno di questi parametri viene attribuito un valore in una scala di gravità progressiva, e grazie a una formula matematica esprime un punteggio compreso da 0 (assenza di lesioni) a 72 (eritrodermia). Viene definita lieve una psoriasi con un indice PASI < 10, moderata con PASI compreso tra 10 e 20 e severa o grave con un PASI > 20.

Esistono poi sedi particolari quali le mani, il volto e i genitali che, nonostante la limitata estensione, per il notevole disagio vissuto dal paziente, vengono comunque considerate nelle forme più gravi. Un altro metodo pratico per valutare la gravità della psoriasi è il Body Surface Area (BSA), che semplicemente considera la percentuale di cute interessata dalla malattia rispetto alla superficie corporea totale. Con un BSA > 10 può essere preso in considerazione un approccio terapeutico sistemico. Anche i casi con artrite ma con indici PASI o BSA < 10 vengono considerati più gravi in quanto necessitano di un controllo delle manifestazioni articolari che, come è noto, tendono ad avere un’evoluzione invalidante se non efficacemente trattate. Oltre a questi parametri clinici, esistono scale di valutazione di gravità della malattia che prendono in considerazione l’impatto di questa patologia sulla qualità della vita dei pazienti. Il Dermatology Life Quality Index (DLQI) e lo Skindex 29 prevedono una serie di domande mirate a valutare come la presenza della malattia incida negativamente sulle normali attività quotidiane, compresi gli aspetti sociali, affettivi e lavorativi 8. È evidente che si tratta di metodi di valutazione con dei limiti, in quanto dipendono dall’esperienza dell’operatore ed esprimono comunque interpretazioni soggettive. Risultano, tuttavia, rapidi e, quindi, pratici soprattutto nell’uso quotidiano. In particolare, l’indice PASI è ufficialmente adottato nei principali trial clinici quale parametro di valutazione del risultato di un trattamento. Una terapia viene considerata efficace quando si ottiene il cosiddetto PASI 75, ovvero il miglioramento del 75% delle lesioni rispetto alle condizioni di valutazione basali. Generalmente, nella pratica clinica quotidiana, le forme lievi di psoriasi (PASI < 10), in assenza di comorbidità particolari, sono ben controllate dalle terapie topiche disponibili (analoghi della vitamina D, retinoidi, corticosteroidi, cheratolitici) e pertanto gestibili dal medico di famiglia con l’eventuale collaborazione dallo specialista. Nei casi dove è associata artrite o nelle forme moderate/ severe (PASI > 10), spesso è necessario un approccio terapeutico sistemico.

Proprio questa categoria di pazienti deve essere indirizzata presso i centri Psocare per essere opportunamente studiata e quindi curata. Le terapie sistemiche tradizionali generalmente presentano nelle somministrazioni a lungo termine elevati rischi di tossicità d’organo, prevalentemente renale ed epatico tali da richiederne l’interruzione. Trattandosi di una patologia cronica, per mantenere in remissione i sintomi, si sono adottati schemi di trattamento intermittente e rotazionale. Il primo prevede la sospensione della cura una volta raggiunta la remissione clinica e la ripresa della stessa al momento della recidiva; il secondo, la sostituzione di una terapia sistemica con un’altra al fine di prevenire le recidive. Come già più volte sottolineato, trattandosi di una patologia cronica, entrambe le soluzioni terapeutiche non soddisfano adeguatamente le esigenze dei pazienti; inoltre, la presenza di comorbidità spesso controindica o limita l’impiego di alcuni farmaci. I dati disponibili mostrano, ad esempio, che la recidiva della malattia avviene mediamente dopo 2 mesi per la ciclosporina A e per l’acitretina, e dopo 5 mesi per il metotressato e la fototerapia 6 8. Con l’introduzione delle terapie biologiche è stato rivoluzionato il concetto di terapia della psoriasi; data la scarsa o assente tossicità d’organo, questi farmaci hanno introdotto il concetto di una terapia continuativa per una patologia che di fatto è cronica e pertanto necessita di cure costanti e a lungo termine. I più rigorosi trial clinici hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza di queste nuove terapie, con remissione della patologia fino all’80% dei casi trattati e soprattutto con un contemporaneo controllo della componente articolare 6 9 10. È stato dimostrato, infatti, che gli anti-TNF-α sono in grado di arrestare l’evoluzione del danno articolare nei casi di psoriasi artropatica, con la conseguente riduzione dei possibili esiti invalidanti. Presentano poi altri notevoli vantaggi legati soprattutto alle modalità di somministrazione.
Come è evidente, il progetto Psocare risulta molto articolato e necessita di un coordinamento da parte di più figure sanitarie. Lo specialista dermatologo del centro Psocare, nel proporre una terapia, sia essa tradizionale o biologica, deve istruire il paziente a riconoscerne precocemente gli eventuali effetti collaterali e i problemi a essi correlati, al fine di intervenire tempestivamente nel modo più adeguato. Eventuali altre figure specialistiche (reumatologo, cardiologo, internista) possono essere coinvolte nella cura e prevenzione delle più comuni comorbidità della malattia. In questo contesto, un ruolo fondamentale spetta comunque al medico di medicina generale, che dovrebbe coordinare l’accesso alle varie prestazioni specialistiche e strumentali necessarie per un corretto inquadramento diagnostico del paziente, monitorare gli eventuali eventi avversi delle terapie prescritte e contribuire a individuare i pazienti da inviare all’attenzione dei centri di riferimento 8. Solo grazie alla collaborazione interdisciplinare sarà possibile ottenere dal progetto Psocare gli obiettivi prefissati e quindi contribuire alla diffusione di nuovi modelli di approccio allo studio delle più diffuse patologie croniche.

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