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La Gestione della Sindrome Influenzale
Sintesi a cura del Dott. Bruno Guillaro e del Dott. Francesco Mundo
Introduzione
Questa linea guida è un aggiornamento del documento pubblicato nel novembre 2003 dal Programma Nazionale Linee Guida. Come il documento originario valuta gli interventi disponibili per la gestione della sindrome influenzale, basandosi sulle prove di efficacia con un approccio evidence-based. Il ‘nucleo’ di questo approccio è rappresentato dalle prove stesse (evidence) che è necessario raccogliere attraverso una ricerca sistematica della letteratura relativa all’argomento che si intende trattare e da una loro valutazione con metodologia trasparente e riproducibile. In questi ultimi quattro anni sono stati pubblicati nuovi studi relativi alla diagnostica, al trattamento farmacologico e ai criteri di ospedalizzazione, aree critiche per il clinico che gestisce il paziente con sindrome influenzale. Dai nuovi studi sono state tratte le prove che, appropriatamente interpretate da parte di un gruppo di esperti (panel multidisciplinare), sono servite come base per la formulazione di raccomandazioni di comportamento clinico. Alcune delle raccomandazioni del documento originario sono state confermate in quanto i dati dei nuovi studi pubblicati non hanno aggiunto elementi di novità, ma hanno rafforzato quelle precedenti. Altre sono state modificate sulla base di nuove evidenze.
Nelle pagine successive si trova lo schema di riferimento per la classificazione dei livelli di evidenza e la sintesi delle raccomandazioni, con il rispettivo livello di evidenza.
Per chi desidera qualche sintetico approfondimento si è poi riportato un commento più esteso per ciascun quesito.








La gestione della sindrome influenzale
Indicazioni all’uso di routine dei test diagnostici rapidi per la gestione della sindrome influenzale in medicina di base.
La diagnosi di certezza dell’influenza è in genere affidata alla coltura virale che fornisce un esito solo dopo 3 giorni ed è considerata il gold standard. Sono disponibili numerosi test diagnostici i cui risultati sono disponibili in un tempo inferiore a 30 minuti. Gli studi analizzati hanno indagato la validitè dei diversi strumenti disponibili sul mercato, confrontando il loro esito con quello della coltura virale e dei test di biologia molecolare.
Le conclusioni
Emerge complessivamente una performance dei test rapidi insoddisfacente. Questi mostrano scarsa sensibilità, con leggeri miglioramenti nei soggetti di età infantile e in funzione del tipo di campione utilizzato. Si à rilevata anche una forte dipendenza dei valori predittivi positivi dalla prevalenza di malattia. Inoltre l’insufficiente sensibilità si traduce in una riduzione della predittività negativa che non consentirebbe, nella pratica clinica, di garantire una corretta diagnosi a tutti i soggetti realmente affetti da influenza (un risultato negativo non consentirebbe di escludere con certezza la presenza di influenza). Se a ciò si aggiunge l’incertezza relativa alle azioni terapeutiche da intraprendere a seguito di un determinato risultato del test, emerge la necessità di una grande prudenza nell’uso di tali test. Gran parte dei lavori analizzati si basavano su pazienti ospedalizzati, ponendo problemi nella generalizzazione (directness) dei risultati a soggetti afferenti presso gli ambulatori dei Medici di Medicina Generale o comunque a soggetti non ospedalizzati.
Non è raccomandato l’uso di routine dei test rapidi attualmente disponibili per la diagnosi di influenza: la capacità predittiva positiva è bassa e un test negativo, in casi sospetti, non à sufficiente a escludere la diagnosi. Il risultato del test non ha, inoltre, ricadute nella pratica clinica. Bibliografia
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Indicazioni all’uso di amantadina e rimantadina nella sindrome influenzale per fascia di età e condizione di rischio.
In questi ultimi anni, la possibilità di una pandemia influenzale ha generato una particolare attenzione verso i farmaci antivirali, il cui impiego dovrebbe essere finalizzato al contenimento della circolazione virale. Tra questi vi sono l’amantadina e la rimantadina, il cui meccanismo d’azione è quello di interferire con il ciclo di replicazione del solo virus influenzale di tipo A bloccando i canali ionici M2, indispensabili all’entrata del virus nella cellula ospite.
Le conclusioni
L’aggiornamento delle prove relative all’efficacia del trattamento sintomatico della sindrome influenzale con amantadina non ha prodotto novità rilevanti. Il panel di esperti ha quindi confermato la raccomandazione della precedente edizione di questa linea guida, cioè di non raccomandare l’uso di routine di questi farmaci per il trattamento della sindrome influenzale a fronte della irrilevanza dell’esito, degli eventi avversi e dei fenomeni di resistenza associati al loro uso.
Raccomandazione
Non è raccomandato, in condizioni di routine, l’uso di amantadina e rimantadina.
Bibliografia
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Le neuroaminidasi sono enzimi presenti nell’involucro del virus influenzale. Il ruolo degli inibitori delle neuroaminidasi, zanamivir e oseltamivir, è quello di interferire con l’attività di taglio di questi enzimi, impedendo il distacco delle nuove particelle di virus dalla cellula ospite, l’invasione di nuove cellule e di conseguenza il propagarsi dell’infezione.
Le conclusioni
Nel complesso l’aggiornamento delle prove relative all’efficacia del trattamento sintomatico della sindrome influenzale con antivirali non ha prodotto novità rilevanti. Il panel non ne raccomanda l’uso di routine, in quanto, a fronte di una certa significatività statistica e clinica delle prove, l’esito è di scarsa rilevanza (la diminuzione di circa un giorno di febbre negli adulti e di mezza giornata di febbre nei bambini). Anche il grado di implementabilità dei risultati al contesto reale è cioè l’ambulatorio del medico di famiglia e il domicilio del paziente in discussione, considerato che l’efficacia degli antivirali è fondamentalmente legata a due variabili che sono la diagnosi di influenza confermata in laboratorio e la precocità di somministrazione degli inibitori delle neuraminidasi al paziente (entro le 48 ore dalla comparsa dei sintomi e idealmente nelle prime 12 ore). Da parte del medico di medicina generale una prescrizione mirata degli antivirali potrebbe avvenire tramite la diagnosi con test rapidi. Tali test sono però sconsigliati a causa della scarsa validità. Un nuovo dato riguarda l’efficacia dell’oseltamivir nella profilassi post-esposizione. In questo caso il panel ha formulato una nuova raccomandazione che considera la possibilità di profilassi post-esposizione in soggetti non vaccinati istituzionalizzati (per esempio soggetti che vivono in residenze sanitarie assistite). Raccomandazione
Gli inibitori delle neuroaminidasi per il trattamento sintomatico della sindrome influenzale non sono raccomandati per uso di routine. Il loro impiego va valutato caso per caso. L’oseltamivir è raccomandato solo per la profilassi post-esposizione in soggetti non vaccinati istituzionalizzati. Bibliografia
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Indicazioni all’uso di antibiotici nella sindrome influenzale per fascia di età e condizione di rischio
La sindrome influenzale è una delle condizioni patologiche più frequenti in ogni fascia di età ed è associata a un elevato numero di interventi medici, in risposta alle richieste dei pazienti. L’eziologia della sindrome influenzale è virale, nella maggioranza dei casi. I virus dell’influenza, i virus parainfluenzali, gli adenovirus, i metapneumovirus e il virus respiratorio sinciziale sono responsabili di febbre e sintomi respiratori. In una minoranza di casi possono essere coinvolti batteri come agenti primariamente responsabili dell’infezione oppure come responsabili di complicazioni infettive che occasionalmente possono avere un decorso più grave (in particolare polmoniti batteriche). Va sottolineato che l’eziologia non è ricercata di routine e che gli interventi medici sono largamente basati sulla valutazione delle condizioni cliniche del paziente. Il quadro clinico è in genere lieve e si risolve spontaneamente. L’uso di antibiotici nel corso della sindrome influenzale è una pratica molto diffusa, sebbene l’efficacia derivante dalla somministrazione di tali farmaci sia discutibile. Diversi studi hanno mostrato una tendenza eccessiva alla prescrizione di antibiotici, in particolare in età pediatrica. L’uso di antibiotici si è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di alcune complicanze batteriche; tale efficacia risulta statisticamente significativa per l’otite media e la tonsillite, ma non per la glomerulonefrite, la sinusite e la febbre reumatica laddove non si registra nessun caso negli studi successivi al 1975. Uno studio di coorte retrospettivo, ben disegnato e includente più di 3 milioni di eventi respiratori in pazienti di tutte le età, riporta riduzioni del rischio di complicanze in pazienti con infezioni delle alte vie respiratorie, a seguito della somministrazione di antibiotici (polmonite dopo infezione delle alte vie respiratorie, p < 0,001; mastoidite dopo otite, p=0,008; ascesso peri-tonsillare dopo mal di gola, p=0,02; polmonite dopo infezioni toraciche p < 0,001). A fronte di un netto beneficio derivante dall’impiego degli antibiotici, va evidenziato che il Number Needed to Treat, cioè il numero di soggetti da trattare con antibiotici per risparmiare 1 complicanza, riportato dagli stessi autori, risulta > 4000 (a eccezione dei casi di polmonite dopo infezioni toraciche) a causa della bassa prevalenza delle complicanze batteriche tra soggetti affetti da sindrome influenzale.
Le conclusioni
Emergono prove che sostanzialmente confermano le valutazioni sulle indicazioni all’uso degli antibiotici nella sindrome influenzale espresse nella precedente edizione della linea guida. Le raccomandazioni rimangono pertanto le stesse relativamente alla sindrome influenzale senza complicanze e relativamente al mal di gola.
Raccomandazioni
Non è raccomandato l’uso di antibiotici nella sindrome influenzale senza complicanze. Non è raccomandato l’uso di routine degli antibiotici nel mal di gola da sindrome influenzale, a meno che non vi siano complicazioni di origine batterica.
Bibliografia
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Indicazioni all’uso degli antinfiammatori e degli antipiretici per fascia di età e condizione di rischio
I farmaci antipiretici e antinfiammatori sono largamente utilizzati in corso di sindrome influenzale e più in generale nelle malattie acute febbrili. Vi è una comune indicazione a utilizzarli quando la febbre supera i 38,5 °C, per quanto è noto che questi farmaci non sono in grado di influenzare il decorso della malattia, mentre meno noto è il beneficio clinico del controllo sistematico della febbre. L’uso di farmaci antipiretici e antinfiammatori non deve essere finalizzato al controllo continuo e sistematico della febbre, ma all’esigenza di offrire sollievo al malessere espresso del paziente e alla sua difficoltà nel gestirlo.
Raccomandazione
Visto il notevole ricorso all’auto prescrizione, i cittadini devono essere informati sulla natura sintomatica di queste terapie e sull’opportunità di fare ricorso ai farmaci solo quando si ritiene necessario ridurre il malessere e la sintomatologia dolorosa.
I bambini
L’acido acetilsalicilico è controindicato nei bambini per l’evidenza di associazione con la sindrome di Reye. I due farmaci più largamente usati e studiati nelle sperimentazioni cliniche pediatriche, e scelti come riferimento per la loro minore gastrolesività, sono l’ibuprofene e il paracetamolo. Una revisione sistematica di 17 RCT, una revisione narrativa e RCT più recenti mostrano la sostanziale equivalenza di questi farmaci nel trattamento della patologia algica e febbrile. Le strategie di utilizzo dei due farmaci, in combinazione o alternati, non hanno mostrato benefici clinicamente rilevanti e soprattutto le piccole dimensioni degli RCT non consentono una corretta valutazione degli effetti legati ai differenti dosaggi utilizzati nelle diverse strategie. L’utilizzo di somministrazioni regolari di antipiretici per il controllo della febbre non riduce l’incidenza di convulsioni febbrili. Inoltre la somministrazione di dosaggi elevati di paracetamolo (in genere superiori a 90 mg/Kg/die) aumenta il rischio di epatopatia. Un importante fattore di rischio è rappresentato dall’uso nel bambino piccolo di formulazioni indicate per ragazzi più grandi o adulti.
Raccomandazioni
Il paracetamolo e l’ibuprofene sono utilizzabili per il trattamento al bisogno della febbre e della sintomatologia dolorosa del bambino. Nei bambini al di sotto dei 12 anni è controindicato l’uso di acido acetilsalicilico per la possibile associazione con la sindrome di Reye. Ai genitori deve essere sconsigliato di usare formulazioni per adulti di paracetamolo che non consentano di adattare il dosaggio all’età e al peso del bambino.
Gli adulti
I dati relativi all’efficacia di antinfiammatori e antipiretici negli adulti provengono da due RCT che mostrano un’equivalenza di effetto di ibuprofene e diclofenac, come pure di acido acetilsalicilico e paracetamolo, rispettivamente a confronto. Tuttavia, per gli adulti, l’aspetto sicurezza merita un discorso a parte. Rispetto alla gastrolesività, tale rischio è variamente associato al tipo di farmaco utilizzato, alla dose, all’uso concomitante di altri farmaci e alla precedente storia di ulcera. Anche a basse dosi, i farmaci più frequentemente prescritti a cui è associato il più alto rischio di gastrolesività sono: ketorolac, piroxicam, indomethacina, ketoprofene, naprossene e acido acetilsalicilico. D’altra parte, una recente metanalisi sull’efficacia e la sicurezza dei coxib confrontati con Fans tradizionali di riferimento (ibuprofene, diclofenac e naprossene) ha evidenziato che il diclofenac e l’ibuprofene aumentano il rischio di eventi avversi cardiovascolari, al pari dei Coxib, se assunti a dosi elevate e per periodi prolungati (superiori a un mese). Il naprossene, invece, non risulta associato a questo tipo di rischio20. L’American Hearth Association sulla base di questi risultati ha recentemente formulato la raccomandazione di evitare l’uso di questi antinfiammatori nei pazienti con aumentato rischio cardiovascolare assoluto (recente intervento di by pass, infarto, angina instabile, presenza di fattori di alto rischio di ischemia). Per quanto i risultati di questi trial non siano immediatamente trasferibili all’uso nel trattamento di condizioni patologiche acute, il rischio cardiovascolare di base deve essere considerato nella scelta della terapia.
Raccomandazioni
Il paracetamolo, l’ibuprofene e il diclofenac sono utilizzabili per il trattamento al bisogno della febbre e della sintomatologia dolorosa degli adulti. Nei soggetti ad aumentato rischio cardiovascolare, per il trattamento della febbre e del malessere nella sindrome influenzale è raccomandato l’uso del paracetamolo. Per i soggetti già in terapia con aspirina a basso dosaggio è un’alternativa l’incremento della dose di acido acetilsalicilico fino a raggiungere la dose minima necessaria per ottenere l’effetto antipiretico e analgesico desiderato. Allo stesso modo, per soggetti ad aumentato rischio cardiovascolare che non siano già in trattamento con basse dosi di acido acetilsalicilico, può essere considerato l’uso di naprossene. Il medico nella prescrizione di un farmaco con indicazione antipiretica-analgesica deve effettuare un’attenta valutazione anamnestica dei rischi di base gastroduodenali o cardiovascolari dei pazienti.
Fasce di popolazione a rischio
Per le donne in gravidanza una revisione narrativa considera il paracetamolo come farmaco di elezione. Inoltre, è stata evidenziata un’associazione tra difetti del tubo neurale e utilizzo di antipiretici nel periodo preconcezionale.
Raccomandazione
Il paracetamolo è utilizzabile per il controllo della febbre e della sintomatologia dolorosa in gravidanza
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