23
GEN
2013
Trattamento Post-ima con Statine

[TRATTAMENTO POST-IMA CON STATINE] Le statine nel post infarto: il ruolo del MMG


Come già illustrato nel precedente articolo del dott. Colivicchi, (Trattamento del paziente post IMA) vi sono due “filosofie” di utilizzo delle statine nel paziente infartuato: quella della fase acuta e quella della fase cronica (che dura, solitamente, tutta la vita). Il Medico di Medicina Generale (MMG) riveste un ruolo fondamentale in quest’ultima, con l’obiettivo di raggiungere e mantenere i livelli lipidici raccomandati in prevenzione secondaria. Schematicamente, è possibile distinguere due momenti diversi anche se strettamente legati tra loro:

  1. il passaggio dall’ospedale al MMG;

  2. la gestione della “cronicità”.

Il passaggio dall’ospedale al territorio
Si tratta di un momento fondamentale perché il paziente possa affrontare e gestire al meglio gli interventi preventivi che caratterizzeranno la sua vita dopo l’infarto miocardico. È altresì un passaggio cruciale per realizzare al meglio “l’alleanza terapeutica” tra malato, specialista e MMG, elemento essenziale per ottenere quella continuità e qualità delle cure da tutti auspicata. Le modalità con cui il paziente viene “riaffidato” (termine discutibile, ma frequentemente utilizzato nella pratica) al medico curante possono essere le più diverse, a seconda della gravità clinica del malato, della disponibilità o meno di strutture riabilitative, dell’organizzazione locale ecc. In ogni caso, però, al momento della dimissione devono essere stati considerati i seguenti aspetti:

  • educazione del paziente e familiari alla prevenzione e, soprattutto, la garanzia di una partecipazione attiva e convinta;

  • valutazione del livello di rischio del singolo paziente (elemento fondamentale per stabilire l’intensità degli interventi preventivi e le modalità di follow-up) e relativa comunicazione al MMG in termini chiari e condivisi;
  • comprensione da parte del paziente e dei familiari dell’esistenza di una strategia preventiva perfettamente condivisa da cardiologo e MMG;
  • rassicurazione del paziente e dei familiari sul fatto che esistono modalità di collaborazione chiare e ben definite tra cardiologo e MMG;
  • spiegazione che la strategia preventiva prevede la modulazione dei singoli interventi a seconda delle necessità personali del singolo e che queste possono variare nel tempo;
  • informazione che le eventuali modifiche negli interventi preventivi “standard” verranno usualmente proposte e gestite dal MMG (ovviamente dopo averle discusse e condivise con il paziente).

Se quanto sopra sintetizzato non si realizza, non solo il MMG, ma anche il paziente, i suoi familiari e gli specialisti si troveranno in difficoltà sia nel collaborare tra loro sia, soprattutto, nell’ottenere il livello di prevenzione “migliore possibile” per il singolo malato.
Non è certo questa la sede per esaminare in dettaglio gli interventi che garantiscono una migliore collaborazione tra paziente, specialista e MMG, ma può essere forse opportuno ricordare come vi sia un sostanziale consenso sull’utilità di:

  1. una lettera di dimissione che risponda a standard qualitativi adeguati;

  2. momenti di formazione/discussione comune per specialisti e MMG;
  3. definizione di percorsi gestionali concordati a livello locale;
  4. disponibilità di materiale informativo/educazionale comune/concordato.

È forse opportuno notare anche che il processo di passaggio da ospedale/specialista a territorio/MMG va, nella realtà, oltre il momento della dimissione, ma si prolunga frequentemente nei primi tempi post evento acuto (a volte anche per uno-due anni), quando i controlli programmati dall’ospedale sono più frequenti. In questo periodo è più facile che si realizzi una confusione di ruoli, dato che il paziente e i familiari e, spesso, anche il MMG e lo specialista, possono ritenere che il follow-up ospedaliero esaurisca tutte le necessità del malato. Si tratta di un periodo delicatissimo per la continuità/aderenza terapeutica (vedi paragrafi successivi) e quindi, nel delineare le strategie di collaborazione ospedale-territorio, si dovrà porre la massima attenzione proprio al follow-up nei primi mesi/anni dopo il ricovero.

La gestione della cronicità
Come ben chiarito nell’articolo precedente del dott. Colivicchi, la necessità di focalizzare l’attenzione sull’utilizzo delle statine deriva dal fatto che il loro uso non è ottimale, il che comporta ogni anno la comparsa di migliaia di eventi coronarici potenzialmente evitabili. Le principali cause dell’insufficiente controllo farmacologico del fattore di rischio “colesterolo” sono sintetizzate nella Tabella I.
Esaminiamo brevemente questi problemi.

Insufficiente conoscenza dei livelli lipidici
In base ai dati forniti dal database Health Search-Thales, solo il 35% dei pazienti con infarto miocardico (IM) ha registrato il valore del colesterolo totale durante l’ultimo anno (la percentuale cresce ovviamente considerando intervalli temporali più ampi), e solo il 24% presenta la registrazione del colesterolo LDL (lipoproteine a bassa densità). Naturalmente è possibile che l’esame sia stato eseguito in un numero maggiore di pazienti, ma non sia stato registrato, anche se è improbabile che questo aspetto, per i medici aderenti a Health Search-Thales, possa spiegare l’entità della sottoregistrazione. In ogni caso, non disporre del dato nella cartella clinica costituisce un importante ostacolo alla gestione del paziente. È utile sottolineare la discrepanza tra registrazioni di colesterolo totale e colesterolo LDL, che, teoricamente, dovrebbero invece coincidere. È evidente come la mancanza del dato colesterolo LDL impedisca di valutare l’adeguatezza della terapia in rapporto alle indicazioni delle linee guida che utilizzano principalmente questo parametro come riferimento.

Come migliorare la propria pratica clinica

Il primo passo è costituito dalla conoscenza della propria pratica nei confronti dei pazienti infartuati. In questo senso, il software di studio può consentire di verificare rapidamente le registrazioni del colesterolo totale e del colesterolo LDL (molti software ne consentono il calcolo automatico dopo la registrazione di colesterolo totale, HDL [lipoproteine ad alta densità] e trigliceridi); questa verifica è favorita dal numero limitato di soggetti affetti da questa patologia. La possibilità di estrazione ed elaborazione automatica dei dati permette inoltre di visualizzare immediatamente i parametri fondamentali per la gestione dei pazienti, e anche di confrontare la propria situazione con gli standard della buona pratica clinica o con l’attività di altri colleghi. In questo senso la SIMG ha elaborato sia parametri e standard qualitativi (Tab. II) sia, soprattutto, modalità di reportistica automatica che consentono al singolo medico di disporre di un “cruscotto” di controllo della propria attività e di avere un confronto sia con gli standard della buonapratica clinica, sia con il gruppo dei “migliori” ricercatori Health Search-Thales. Un esempio parziale e puramente indicativo è riportato nella Figura 1.

Bisogna poi ricordare che molte regioni dispongono Rivista della Società Italiana di Medicina Ge-nerale 27 di sistemi regionali (SISS [Sistema Informativo Socio Sani-tario], Rete Sole, ecc.) che, teo-ricamente, potrebbero consentire la registrazione automatica nella cartella clinica dei MMG degli esa-mi eseguiti nei laboratori conven-zionati. Un impegno in tal senso da parte delle regioni risolverebbe in modo “perfetto e definitivo” il problema della registrazione dei dati di laboratorio, anche se, ovviamente, non quello della non richiesta degli stessi da parte dei medici. In questo senso si sono rivelati molto efficaci nella gestio-ne dei pazienti i contratti che hanno introdotto il concetto di “pagamento per risultato”, inten-dendo, per risultato il migliora-mento di indicatori di processo (es. n. di registrazioni di un para-mentro in cartella clinica) e di esito intermedio (es. n. di pazienti con pressione arteriosa controllata). In Gran Bretagna questo tipo di contatto ha prodotto un importantissimo incremento nella registrazione dei parametri lipidici 1 2.

Mancata prescrizione di statine in soggetti meritevoli di terapia e/o utilizzo di molecole o dosaggi non adeguati
I dati di Health Search-Thales mostrano che solo il 60% degli infartuati riceve prescrizioni di statine e che, tra i soggetti con registrazione di colesterolo totale e colesterolo LDL, il 42% presenta valori superiori a quelli raccomandati dalle linee guida. Questi dati indicano chiaramente un sottoutilizzo delle statine sia in termini di prescrizione sia in termini di scelta di molecole e dosaggi sufficienti a raggiungere i target terapeutici. Il fenomeno della mancata modifica della terapia in presenza di chiare indicazioni a farlo è denominato “inerzia terapeutica”, un problema comune a specialisti e MMG. Uno studio spagnolo, che ha incluso soggetti in terapia presso centri ospedalieri e MMG, ha evidenziato che, sebbene il 73% dei pazienti non raggiungesse il target terapeutico, solo il 38% presentava un aumento di dosaggio nel corso di oltre tre anni di osservazione clinica 3.

Come migliorare la propria pratica clinica
Migliorare è possibile. Lo studio GREACE (GREek Atorvastatin and Coronary heart disease Evaluation) 4, condotto nel corso di tre anni su soggetti con malattia coronarica, ha mostrato come da una situazione base con solo il 14% dei pazienti in terapia con statine (3% a target) si possa giungere al 100% dei pazienti trattati (95% a target). Il dato più rilevante di questo studio non è però quello appena citato, per quanto clamoroso, ma la sua conseguenza: il dimezzamento della mortalità rispetto al gruppo di controllo che non aveva beneficiato del miglioramento.
Come per il punto precedente, la base del miglioramento è rappresentata dalla conoscenza della situazione. In particolare, poi, si è dimostrato come l’informazione sulle modalità di terapia sia strettamente legata all’intensificazione del trattamento stesso e alla conseguente riduzione del rischio cardiovascolare 5. Anche in questo caso l’uso del computer è di grande aiuto e la possibilità di avere estrazioni dati e report automatici consente verifiche della propria attività senza alcuno sforzo e in tempi rapidissimi. Questa pratica dovrebbe diventare prassi comune per tutti i MMG, così come le valutazioni contrattuali dovrebbero prendere in considerazione anche questi aspetti dell’attività professionale. Si può anche ricordare come l’uso di avvisi automatici in caso di mancata prescrizione di farmaci raccomandati possa aumentare in modo significativo la prescrizione degli stessi. È opportuno ribadire che il processo di inizio/intensificazione della terapia in presenza di livelli lipidici superiori ai target delle linee guida non deve essere mai un processo acritico, ma implicare sempre una valutazione del reale vantaggio per il singolo malato, sia in relazione alla specifica riduzione dei livelli lipidici, sia in relazione alle globali prospettive di salute del paziente. Come ben evidenziato da un recente editoriale pubblicato su BMJ 6, “a fronte di un beneficio marginale e della scelta informata del paziente, l’inerzia terapeutica può essere una buona pratica clinica”.

Insufficiente continuità/aderenza terapeutica

Si tratta di un aspetto fondamentale per ottenere nella pratica i risultati preventivi dimostratisi possibili nei trial clinici. Non si tratta di un assunto teorico, ma di una realtà con gravi conseguenze pratiche: i pazienti con migliore aderenza alla terapia con statine hanno meno eventi cardiovascolari e muoiono di meno, a parità degli altri elementi di rischio, rispetto a coloro che mos-trano bassa aderenza 7, 8. Purtroppo nei soggetti con eventi cardio-vascolari l’aderenza è molto lontana dall’ottimale: dopo pres-crizione post evento acuto nel 100% dei soggetti, l’aderenza è del 60,3% a un anno, del 53,7% a due anni e del 48,8% a cinque anni. Se il paziente rimane aderente nel primo/secondo anno rimarrà solitamente aderente anche negli anni successivi 9. Si può notare come questo dato sia in linea con quanto riportato in merito alla continuità nell’uso delle statine già segnalato da Abraha et al. 10 nella popolazione umbra (Fig. 2): la gran parte delle interruzioni della terapia avviene nei primi 6-12 mesi. Questo dato ha evidenti ripercussioni sulle modalità di gestione del paziente post infarto.

Come migliorare la propria pratica clinica
Migliorare la continuità/aderenza terapeutica non è certamente semplice.
Le revisioni sistematiche della letteratura sugli interventi per tali miglioramenti nell’uso dei farmaci antidislipidemici – su pubblicazioni fino al 2003/04 11 12 – non hanno evidenziato interventisicuramente efficaci, se non per quanto riguarda l’uso di confezionamento dei farmaci che aiutino il paziente a ricordarne la corretta assunzione. Studi successivi hanno riconfermato l’utilità di un opportuno confezionamento dei farmaci nei pazienti anziani in politerapia – situazione tipica del post infarto – e, specificatamente, dell’uso di contenitori con terapia settimanale, suddivisa per giorni e per momento di assunzione. Questo provvedimento consentiva di raggiungere livelli di aderenza del 96%; il vantaggio cessava ritornando al confezionamento standard dei farmaci 13.
Se le evidenze scientifiche sull’efficacia degli interventi di miglioramento sono scarse e, per molti versi, non conclusive, bisogna però ricordare la complessità delle metanalisi in questo settore, data l’eterogeneità degli studi e le difficoltà nello standardizzare sia i metodi sia la valutazione dei risultati. Bisogna altresì ricordare che sono state segnalate correlazioni tra elementi clinici/ organizzativi e ridotta continuità/aderenza terapeutica (Tab. III) che possono fornire spunti pratici nell’affrontare il problema.
Ricordiamo inoltre che, come sopra evidenziato, il periodo di maggiore importanza per la continuità/aderenza è rappresentato dal primo anno; sarà quindi necessario focalizzare gli sforzi proprio nei primi mesi dopo l’evento acuto. Oltre a ciò, è utile sottolineare che i software di studio sono in grado di fornire l’elenco delle prescrizioni, consentendo un’imme-diata, anche se non accuratissima, valutazione dell’uso del farmaco da parte del paziente. Alla luce di quanto detto è possibile proporre alcuni interventi per migliorare la continuità/aderenza (Tab. IV). Anche se migliorare la continuità/aderenza terapeutica non è semplice, sappiamo che è possibile nella pratica quotidiana, dato che i colleghi danesi hanno ottenuto un’ottima aderenza in oltre l’85% dei loro pazienti persistenti in terapia con statine 15.

Non solo farmaci
Anche se il trattamento farmacologico è sicuramente il provvedimento preventivo più efficace in senso assoluto, è opportuno ricordare che gli interventi sugli stili di vita consentono un ulteriore significativo vantaggio anche in soggetti adeguatamente trattati dal punto di vista farmacologico 16, e debbono quindi far parte integrante della strategia preventiva.

Conclusioni
Le statine vengono mal utilizzate nei pazienti con infarto miocardico per quanto riguarda la prescrizione, la scelta delle molecole e del loro dosaggio e, soprattutto, la continuità e l’aderenza terapeutica. Tutto ciò comporta la comparsa di migliaia di eventi cardiovas- colari potenzialmente evitabili. È possibile migliorare la propria pratica professionale

  1. avendo consapevolezza del problema,

  2. sfruttando le potenzialità del software di studio (reportistica e avvisi automatici),
  3. affrontando il problema della continuità/aderenza terapeutica nei primissimi mesi dopo l’evento acuto.

Bibliografia

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